di Ugo Marchionne
Premessa
La cucina di Andrea Dolciotti è vivida, colorata e ricca di personalità. Il menù del Pigneto 1870 cambia secondo stagionalità, recentemente sono tornato nel cuore di Via del Pigneto al fine di esplorare un lato della cucina dello chef che poco avevo esplorato e che fortemente contraddistingue il mio settore all’interno di quest’archivio: la cucina di mare.
Avevamo lasciato Andrea Dolciotti alle prese con uno sperimentalismo misurato e convinto che aveva lasciato con poche repliche sia me che la bravissima Virginia di Falco. Ho ritrovato lo chef in splendida forma sia fisica che psicologica a tenere le redini della sua squadra di “cuccioli” ben preparati a gestire i tempi di sala e cucina. Ho ritrovato un ristorante sempre pieno, ben frequentato da una clientela variegata. Ho ritrovato quella cucina così caratterialmente dominante e così femminile per certi aspetti. Così come ho ritrovato il mio posto. Riflesso in un calice di Champagne. Robert Barbichon Extra Brut. Biodinamico. Sapido e tropicale, erbaceo e fruttato, soddisfacente fino alla fine, coccolato dalle argille della Senna.
Il mare. Non quello di Anzio, nemmeno quello di Ostia, ma quello interpretato con dovizia e sperimentalismo da Andrea Dolciotti. Incipit impressionante. Capasanta scottata, lamelle a crudo di funghi porcini, tartufo nero e salsa ponzu. Il Giappone incontra il Terra & Mare all’Italiana. La dolcezza e la rotondità della Capasanta costituisce il contraltare alle note terrose e ferrose del tartufo e si completa con la nota lievemente acidula della salsa. Piatto tecnico ed estetico. Quattro semplici componenti vanno a costituire un piatto inconsapevolmente fashion. Sale dosato giustamente.
L’approccio verso la materia prima è di impronta giapponese, il pesce è trattato senza scarti. Andrea Dolciotti è fautore in Russia come a Roma di un’etica del riciclo che non ha pari. Le cotture sulla materia prima di mare o sono intense o sono brevi e ragionatamente aggressive. Non ci sono linee direttrici di ingredienti. Tutto può essere complementare, a patto che lo sia veramente. Ritornare a breve distanza per me è stata un’occasione. Un’occasione di confronto e di raffronto. Una cucina mai ipocrita, sempre personale, non assoggettata al servilismo dei cataloghi. Tutto è gestito in prima persona dallo chef, così come le variazioni delle pietanze. I classici rimangono classici ed ecco che i Plin diventano di Gambero Rosso, con la loro bisque. Gambero dentro e fuori. Un piatto delicato e carnoso al contempo. Le due declinazioni del Gambero Rosso di Mazara del Vallo sono assolutamente complanari. La bisque è l’elemento che lega tutto insieme.
Suadente la triglia con duxelle sferica di verdure. Il pesce è intatto così come deve essere. Piatto pacifico. Non è giocato sui contrasti, bensì sulle percezioni palatali. Rouget & Legumes a la Brunoise, piatto di indiscutibile estetica e tecnica francese che però ritrova nella cottura e nel rapporto con la pelle del pesce, il contatto con la nostra penisola.
Si devia dal mare con il “Cuore di Roma”. Carpaccio di Cuore, Carciofi, Senape in Grani & Salsa Ponzu. Piatto culturalmente di un altro livello. L’omaggio alla Capitale è evidentissimo. I carciofi così legati alla tradizione del ghetto ebraico, costituiscono il “cuore” della sfera di cuore. Da provare e riprovare. Di Andrea Dolciotti come aveva già esposto madame Virginia di Falco, colpisce soprattutto l’elevato senso culturale e la molteplicità mutevole della sua cifra gastronomica.
Una cucina P.O.P. nelle forme e nei prezzi. Altamente soddisfacente dal punto di vista gustativo. Una cifra gastronomica coinvolgente senza banalizzarsi in prevaricazione filosofica. Andrea Dolciotti è uno chef filologicamente aderente alla tradizione, che sia la nostra o quella di un altro paese. Uno chef che non disdegna tornare alle origini. Baccalà Godus Morua, Ceci & Cipolla Croccante. Piatto ben strutturato, solido, semplice ma di gran sapore. La sapidità della crema farinosa è ben calibrata, il Baccalà è sfogliatissimo e le cipolle croccanti sono un quid in più. Difficilmente criticabile il crudo di calamaro con mayo al wasabi. Ben eseguito, il crumble tiene gli elementi insieme a dovere. Due poli opposti. Entrambi esempi di una cucina di mare votata all’essenzialità, al rispetto per le materie prime e alla scelta di una direttrice che intercetta pochi ingredienti, filosofia derivante dalle influenze del sol levante. Andrea Dolciotti soprattutto sul Baccalà è riuscito a costruire un retro-morso affumicato molto interessante.
Ricordi d’Inghilterra nel Lemon Curd. La crema inglese al burro e limone di stampo britannico pulisce e sgrassa a dovere. Divertente la meringa all’italiana fiammeggiata. Recupero di quelle cotture primal che tanto ci piacciono di Andrea Dolciotti. Vorremmo sicuramente vedere da lui delle interpretazioni finalmente convincenti di piatti quasi sempre stonati quali la Carbonara di Mare o una Cacio e Pepe di Mare. Andrea è uno dei pochi ad avere le capacità per mettere in piedi filosoficamente una versione convincente.
E’ sempre un piacere riprendere il proprio posto alla tavola del Pigneto 1870, i ragazzi di sala girano splendidamente. L’orchestrazione della cucina di mare di Andrea Dolciotti rimane comunque legata alla tradizione capitolina. Il piatto con Broccoli e Arsella del precedente percorso ne sono un chiaro esempio. Materie prime povere, lavorate al minimo per esaltarne la freschezza.
Tecnica francese, sensibilità romana. Carattere dominante, mano leggera. Così si può sintetizzare in breve la cucina di Andrea Dolciotti. Costruita su una sola grande certezza: il rispetto per la materia prima.
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