di Alfonso Sarno
Muri antichi custodiscono i frutteti ed i vigneti di Procida, giardini definiti “imperiali” da Elsa Morante ne “L’isola di Arturo”, il libro con cui nel 1957 vinse il Premio Strega. Voluttuosi e fatati proteggono le case in un tripudio di colori e profumi: a dominare le piante dei limoni che in allegro disordine si mischiano con le ortensie, i gerani, le rose e le casalinghe verdure. Sudditi fedeli – questi – perché consapevoli della regalità del pomo d’oro donato agli uomini da Ercole che, in una delle sue dodici fatiche, lo rubò su richiesta di Euristeo re di Micene, dal giardino custodito dalle Esperidi, le ninfe figlie del Titano Atlante.
Perchè il limone di Procida è unico
Il frutto, un ibrido derivato dall’incrocio tra l’arancio amaro ed il cedro è una delle eccellenze di Procida conosciuta come “l’isola dei limoni” ed oggi sempre più apprezzato anche grazie all’impegno dell’Arca del Gusto voluta dalla Fondazione Slow Food per promuovere un’agricoltura basata sulla biodiversità alimentare, sul rispetto dell’ambiente e delle tradizioni locali. Una storia, la sua, che rimanda a quando i procidani spinti dall’urgenza di mettere un piatto in tavola non si risparmiavano dividendosi, secondo le stagioni, tra la marineria e l’agricoltura con particolare attenzione alla coltivazione dei limoni portata avanti con antica sapienza tramandata di generazione in generazione.
Un lavoro faticoso e certosino che li ripagò dei tanti sacrifici: il dorato agrume si impose sui mercati divenendo forza trainante dell’econonomia locale.
Già, piaceva ai buongustai per il colore giallo chiaro e l’intenso profumo che ricordavano il sole ed il mare della piccola nascosta isola, per il gradevole sapore e la notevole dimensione e, soprattutto, per essere caratterizzato – sotto la scorza a grana grossa – dal cosiddetto albedo ovvero uno strato molto spesso bianco e spugnoso che fece sì che venisse conosciuto con il nome di limone “pane” oltre che con quello di “marzaiolo” in relazione al periodo in cui raggiunge il massimo della maturazione.
Insomma, un frutto unico e speciale, inserito dal Ministero delle Politiche Agricole nell’elenco dei prodotti tradizionali italiani e dalla Regione Campania in quello dei sapori tipici regionali e che conquista sempre nuovi fans. Riconoscimenti che uniti al ritorno alla terra di molti giovani motivati e tecnicamente preparati fa sperare che la coltivazione riprenda vigorosa ed i terreni abbandonati all’incuria rivivano.
Leonardo Costagliola, assessore comunale al turismo ed alle attività produttive è fiducioso: “Come amministrazione siamo impegnati nel valorizzare anche altri prodotti autoctoni, tipici della nostra tradizione agricola come i pomodori reginella e lampadina, i carciofi ed i lupini. In questo progetto il limone “pane” che ha ottenuto il marchio Deco occupa, ovviamente, un ruolo di primo piano con significative realtà locali come il limoncello dell’Azienda Agricola Lubrano Lavadera e Fogliolì, il liquore alle foglie di limone di David e Cinzia Lubrano, rispettivamente ingegnere gestionale ed architetta che dopo esperienze lavorative a Firenze ed a Bologna hanno deciso di ritornare ed investire le loro risorse intellettuali ed economiche nell’isola natia”.
Ed a ragione il frutto faticosamente rubato da Ercole piace sempre più ed ha conquistato i giapponesi, sensibili al Made in Sud d’eccellenza come l’insalata di limoniin cui Leonardo è particolarmente bravo, di fianco trovate la ricetta.
Ecco perché il limone pane di Procida è unico
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