di Carmelo Corona
Azienda Agricola Antonino Barraco
Uve: grillo 100%
Prezzo in cantina: 11 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio, vetro
Colore: 4/5 Naso: 29/30 Palato: 29/30 Non Omologazione: 35/35
Nino Barraco mi raggiunge da Marsala per mostrarmi una vigna ad alberello che ricade proprio nel mio comune, Castelvetrano, a circa 1 km dalla frazione marittima di Triscina di Selinunte. E’ la veterana della sua azienda (impianto del 1975), dell’estensione di circa 2 ettari, coltivata a grillo, vitigno dal grande potenziale, che tanti produttori oggi stanno mettendo in luce. Nino si dimostra fin da subito un vignaiolo umile e simpatico. Nove vendemmie sulle spalle. Segni particolari: la complessità. Per lui è tutto.
Osservo questi ceppi di quasi 40 anni, grigi, spogli, frastagliati, su quel fondo sabbioso: ho l’impressione di trovarmi di fronte ad un esercito di impavidi guerrieri, immobili e silenziosi, con la loro impeccabile, cenerina corazza. “Tutte le scelte aziendali che faccio sono sempre in funzione della complessità”, dice. E la sua ricerca, in questa direzione, comincia proprio in vigna.
“Piuttosto che utilizzare, ad esempio, un cordone speronato in cui hai un’epoca di maturazione uguale per tutti i grappoli, preferisco continuare ad usare il Guyot, perché in questo modo hai diversi gradi di maturazione dell’uva sulla stessa pianta. Mi piace, quando sono in vigna, e devo decidere quando vendemmiare, assaggiare sia l’acino con una bella acidità che quello di uva quasi passita”.
E’ sincero e appassionato, Nino, e mentre parla mi mostra il favino coltivato in alcuni interfilari e destinato al successivo sovescio.
Raggiunta la sua cantina a Marsala mi illustra un po’ il modo in cui opera normalmente.
“Preferisco affidarmi alle fermentazioni spontanee”, afferma deciso. “Si, certo, agli inizi ho avuto le mie difficoltà. Ma oggi ho raggiunto un punto di equilibrio. E faccio il vino che mi piace fare. Che non è e non sarà mai il vino che fanno gli altri”. I suoi vini, prima di nascere, fanno tutti lo stesso percorso. Le uve vendemmiate manualmente, vengono lavorate in lotti non superiori ai 50 q.li per volta. Uve sanissime, macerazioni sulle bucce a temperatura controllata (mai al di sotto dei 20 gradi, altrimenti i lieviti indigeni non si attiverebbero), da un minimo di 4-5 gg ad un massimo di 13 gg secondo le varietà, l’annata, e l’evoluzione della fermentazione stessa. Il torchio verticale old-fashioned viene utilizzato per un ultima spremitura delle vinacce (max 1 bar di pressione) e, per quella ferrea logica della complessità, il vino ottenuto (diversamente da quanto avviene normalmente in altri contesti produttivi) viene aggiunto alla massa da cui proviene. “Io non lavoro mai per fare un vino perfetto, piuttosto per fare un vino di personalità”. Finalmente assaggiamo, direttamente dalle vasche, una serie di vini davvero coinvolgenti…
Base spumante di nero d’avola 2012: frutti rossi piccoli come lampone, ribes, fragola, con una acidità davvero proverbiale e una consistenza di tutto rispetto. Dimostra un grande potenziale. E’ piacevole già berlo così, con la sua freschezza dirompente. Confidenziale.
Grillo vigna Corleo 2012: mi colpisce subito per la sua salinità, per le sue note iodate. Sembra di avere sotto il naso un letto di alghe. In bocca un’acqua di ostrica davvero strepitosa. Pulizia. Mentre i vini di Nino esprimono tutti la sua interpretazione del vitigno, questo costituisce, in particolare, l’interpretazione elegante di un vigna che si trova a Petrosino, a 10 metri dal mare, un sito davvero unico, e questa sarà la sua prima vendemmia in bottiglia, a 5 anni dall’impianto. Aristocratico.
Catarratto 2012. Una interpretazione davvero singolare, un fruttato autentico, sottile (che sa di frutta bianca croccante, appena raccolta) ed una speziatura davvero insolita, con una punta di noce moscata… Bocca lunga e divertente. E’ un vino ampio, espressivo, con un finale dolce su uno sfondo speziato che ricorda il pepe nero. Intrigante.
Moscatello 2012 (moscato di Noto). Coltivato su terra rossa, è forse ancora più espansivo e confidenziale della sua base spumante… E lo vende come sfuso…
E finalmente il grillo 2012 della vigna che abbiamo visitato… Una partenza in sordina, poi una complessità da stordimento… mandorla, agrume dolce, dunque mineralità a gogò (idrocarburo, zolfo, salinità).. 6 gg di macerazione sulle bucce… Gli effetti del suolo sabbioso di tipo marino…. Continua ad aprirsi ed evidenzia un naso sempre più dolce… Complesso.
Nero d’Avola 2012. Un’annata elegante, presenta, come dice lui, una sorta di leggerezza “da vino del contadino”, una beva curiosa, decisa, sincera… senti la bacca di cacao, una nota di amarena… e di cappero… Si avverte, ovviamente, un tannino ancora un po’ esaltato…. Sensuale.
Pignatello 2012. Le uve provengono da una vigna che Nino ha in affitto nel territorio di Salemi. Attacco fruttato con mineralità spiccata, si dimostra subito fresco e corposo, con una beva immediata e piacevolissima. Interessanti le note di iodio sempre in evidenza. Seducente.
I contenuti di SO₂ in bottiglia dei suoi vini non vanno oltre i 30 mg/l. Solo il 35% della sua produzione finisce all’estero. Il resto è destinato soprattutto al Nord-Italia, in particolare ai ristoranti stellati. Il successo di Nino Barraco è un caso da manuale. Senza particolari investimenti in marketing e promozione, in modo anonimo, solo puntando “sulle idee messe in bottiglia”, il messaggio è arrivato. Come produttore, almeno in questa fase del suo percorso di vita, Nino Barraco preferisce concentrarsi unicamente sui vini in purezza. Assolutamente nessun uvaggio. Vini didattici, come ama definirli. “Fare un monovitigno piuttosto che un blend che mira alla perfezione è più difficile. Mi piacciono più le disarmonie piuttosto che le assonanze, le trovo più interessanti”….
E ora la strepitosa verticale delle ultime 3 annate imbottigliate del suo ineguagliabile grillo in purezza:
2011: Note iodate, marine e sentori aromatici di tipo secco in evidenza. Una nota di salvia sembra colpirmi fugacemente. Smalto. Bocca prevalentemente salina con uno sfondo fruttato che sa di fichi non ancora maturi. Piacevole finale balsamico…
2010: Incipit erbaceo, sempre di tipo secco, con note di alga, e di acqua di ostrica sullo sfondo. Sembra meno deciso rispetto al 2011, anche se più delicato, signorile. Almeno qui si avverte, e con piacere, una nota di frutta gialla avvizzita… Bocca sempre di grande freschezza ma meno vibrante del 2011. Finale dolcemente agrumato.
2009: Attacco in prima battuta fruttato, quasi spiritoso, con quella caratteristica acqua di ostrica sempre in prima linea. Bocca di una freschezza proverbiale, sembra un vino giovane, ma certamente più piena e decisa degli altri due. Finale esuberante con un fruttato sullo sfondo che fa pensare ad una composta di mela cotogna. A calice svuotato, dopo circa 15 minuti, ecco comparire delle gradevoli e nette note di fichi secchi.… è da non crederci… sembra imbottigliato ieri…. Una verve, una energia che lascia presagire il desiderio da parte del vino di non voler mollare la presa poi tanto presto…. Sorrido al ricordo di una piacevole passeggiata sulla spiaggia con le mie figliole, nella tarda mattinata di un dicembre inoltrato e luminoso…
Sembra quasi che i tre vini dialoghino tra loro, scambiandosi reciprocamente i loro caratteri organolettici… Il colore dei tre vini è quasi identico. Un insolito giallo dorato molto carico tendente verso l’ambrato, vivace e brillante. Sono vini di talento, che andrebbero degustati in una sessione fatta di giorni, più che di minuti. Mentre tieni il calice sotto il naso,
contano più quei messaggi che ti arrivano mentre ti distrai piuttosto che quelli che percepisci mentre ti concentri su di esso… Abbinamento? Sono esseri “animici”, brillanti di luce propria, dove il fattore “imprevedibilità” è sicuramente più marcato rispetto alla norma. Specialmente il 2009: un personaggio il cui racconto mi ha colpito a livello viscerale. Evoluto e…. volubile! Vuoi abbinare un tipo così? Magari secondo le classiche regolette note agli addetti? Naaaa!!! Scherzi a parte, da sempre convinto che il liquido odoroso ha la sua ragion d’essere proprio nel “pairing with food”, il 2009 avrò presto modo di provarlo su un filetto di sgombro marinato al timo e crema di ceci, e vediamo che esce fuori.
Un’invenzione del marketing per alcuni, una vera e propria filosofia di vita per altri. Io un’idea però me la sono fatta. I vini (cosiddetti) “naturali” differiscono dai (cosiddetti) “convenzionali” perché ottenuti con un apporto meno invasivo da parte dell’uomo. La Natura, insomma, viene assecondata il più possibile. E i vini frutto di questo nobile percorso, senz’altro diverso dagli altri, come li vogliamo chiamare? Una cosa è ovvia: non sono certo vini per tecno-enologi, per i quali il vino è soltanto una “cosa” da gestire, ma solo per vignaioli (nell’accezione veronelliana del termine) seri ed appassionati, che vedono nel liquido odoroso anche una forma d’arte, un inno alla bellezza, un mezzo di elevazione culturale e spirituale. Sono vini che potrei definire “olistici”; avverti una vibrazione, un pulsare, un divenire certamente insoliti. E sono davvero in grado di capovolgere la prospettiva di un degustatore. Avverti davvero la vita, nel calice. Il vino del contadino? Citando Giacomo Tachis: “I nostri contadini non possedevano scienza, e spesso hanno realizzato cose importanti”. E nel modo di fare vino di Nino Barraco, c’è più filosofia, che scienza.
Azienda agricola Antonino Barraco – Contrada Fontanelle, 252 – 91025 Marsala (TP). Tel. (+39) 389 7955357 – (+39) 329 2073935 – www.vinibarraco.it – info@vinibarraco.it – Fa il vino: Antonino Barraco – Estensione vigneti: 10 ettari, di proprietà – Estensione vigneto di grillo: circa 2 ettari – Anno impianto (grillo): 1975 – Terreno (grillo): sabbioso – Vitigni: grillo, catarratto, zibibbo, moscatello, nero d’Avola, pignatello – Primo millesimo imbottigliato: 2004 – Numero bottiglie prodotte (Grillo 2009): 3.000 – Totale bottiglie prodotte dall’azienda: 17.000 (vendemmia 2011).
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