di Marina Alaimo
Nella gionata di approccio ai Vignerons d’Europe organizzata a Taurasi da Slow Food, si è svolto un interessante laboratorio sul vitigno greco musc’. Tradotto in italiano significa greco moscio, così chiamato dai contadini dell’areale per l’acino un po’ asfittico, leggermente disidratato, condizione determinata dall’eccesso di materia verde che caratterizza questo vitigno, e dall’incapacità della pianta di trasferire sufficiente acqua all’uva.
Sandro Lonardo, produttore dell’azienda Contrade di Taurasi, ha il merito di aver intuito le grandi capacità espressive del greco musc’ e di essere riuscito quindi a condurre studi approfonditi sull’uva e sulla sua vinificazione. Veramente la grande intuizione è arrivata parallelamente alla collaborazione con l’enologo Maurizio De Simone, anch’egli presente all’incontro, il quale aveva notato con grande interesse che quest’uva durante la fermentazione si comporta in maniera piuttosto anomala, il suo mosto presenta caratteristiche più simili a quelle di un’uva nera che a quelle di un’uva bianca. Ovvero possiede grande concentrazioni di catechine e polifenoli che è in grado di sostenere pienamente senza produrre grandi ossidazioni, presenta poi una notevole concentrazione poiché l’uva non rilascia più del 50% in materia liquida durante la premitura e l’estratto secco non scende mai al di sotto del 21%.
Altro studio molto interessante condotto sul greco musc’ è stato quello effettuato dal microbiologo Giancarlo Moschetti, il quale ha selezionato in vigna i lieviti idonei, studiando approfonditamente l’interazione vitigno- lievito ottimale. I lieviti sono stati scelti soprattutto per la capacità di lasciar esprimere il patrimonio olfattivo proprio del greco musc’, ben riconoscibile, con rilevante nota floreale-erbacea nonché speziata e modesta nota fruttata.
Altro fattore indispensabile nella selezione dei lieviti indigeni sta nella loro idoneità ad evitare l’ossidazione di catechine e polifenoli presenti in quantità sostenute nel mosto. L’azienda di Sandro Lonardo non possiede ceppi di greco musc’, ma acquista le uve da piccoli produttori nella zona di Taurasi e Bonito dove le piante,esenti da virosi, spesso centenarie ed a piede franco, sono presenti a macchia di leopardo.
L’ampelografa Antonella Monaco ci informa che questa singolare varietà d’uva è conosciuta anche con il nome di Rovello bianco o Roviello, come descritto sul bollettino ampelografico del Ministero dell’Agricoltura e Foreste italiano nel 1875 dove l’uva viene descritta minuziosamente tanto da riuscire ad identificarla con il greco musc’. Grappolo mezzano piccolo e cilindrico, semispargolo, acino piccolo, quasi tondo, biondo pruinoso, foglia mezzana aperta feltrata a cinque lobi profondi, tralcio sottile e rossiccio. Si è concluso l’incontro con una degustazione miniverticale guidata dall’enologo, nonché sommelier, Nicola Francesca.
Nelle tre annate presenti, 2008, 2007, 2004, il vino ha espresso differenze organolettiche e messo in evidenza l’unicità e l’originalità della varieta, confermandosi un vino complesso e ricco, capace di sostenere i tempi lunghi.
– 2008: ancora troppo giovane, giallo paglierino carico con nuance che sfumano dai toni verdi a quelli dorati, esprime buona consistenza nel bicchiere, come le altre due annate, ampio al naso improntato su note verdi e pungenti, erbe mediterranee, passion fruit e agrumi, note fumè e sulfuree, minerale. Al gusto conferma decisamente i sentori minerali, di notevole acidità e sapidità.
– 2007: giallo tendente al dorato, di buona concentrazione, esordisce al naso con spinta mineralità di pietra focaia e zolfo, poi elegantemente si distingue il rosmarino, le note fumè ed in fine la frutta esotica. In bocca conferma una grande corrispondenza della complessità olfattiva, è ricco , tannico, di notevole verve acido sapida, lungo sulle note erbacee, fumè e minerali.
– 2004: prima annata di vinificazione, il colore è dorato e brillante, molto coinvolgente al naso, ampio in un’armonia di sentori ben legati tra loro, tostati di mandorla, poi agrumati, timo e salvia, ancora note dolciastre di miele e muschio bianco. In bocca ha sottile presenza di tannini, il sorso è ricco degli aromi espressi al naso, di buona freschezza ed infinito nella piacevolezza.
Ed ecco il mio abbinamento
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