di Marco Galetti
Dall’alto della mia posizione privilegiata sul podio, mentre godevo dell’aria salmastra, del cielo azzurro di fine giugno, pensando, col sorriso sulla capsula, che se le dimensioni contano, essere nato in formato magnum era stata una gran bella fortuna, la vidi.
L’incontro ravvicinato, ad alto tasso erotico, è di quelli che non si dimenticano, che non si possono e non si vogliono dimenticare, la guardai e rimasi senza parole, poi, puntando sull’effervescenza persistente delle mie parole, mi avvicinai mantenendo inizialmente una distanza di sicurezza che la facesse sentire sicura, la strategia era trovare un approccio diretto senza spaventarla e far seguire alle parole una manovra di avvicinamento, tattica militare applicata in campo sentimentale.
Ricordo ancora ogni dettaglio, indossavo con eleganza una camicia rosé, lei, in bianco perla, sentendo le mie parole spalancò i suoi bellissimi occhi ma non abbandonò i miei quando le dissi: se mi fai dare un morso alla tua mozzarella, ti faccio vedere la mia capsula unica al mondo, l’ho fatta tatuare con la tua immagine ancora prima di conoscerti… ieri l’ho portata all’altare, il nostro non è stato un matrimonio riparatore ma un atto d’amore.
Il Gioì di San Salvatore e la capsula
Dettaglio della capsula unica la mondo del Gioì, Spumante Biologico Brut Rosé Millesimato Metodo Classico
La Dispensa, Capaccio Paestum, gesti antichi e sapienti
Il casaro sta preparando la mozzarella
La Dispensa, Capaccio Paestum, ricotta e mozzarella di bufala
L’incontro ravvicinato è di quelli che non si dimenticano, che non si possono e non si vogliono dimenticare, lo scorso Giugno, alla Dispensa di San Salvatore, tramite un amico comune ho avuto il piacere di conoscere Peppino Pagano, abbiamo parlato a lungo, forse è più giusto dire che per più di un’ora ho cercato di assorbire l’energia delle sue parole e dei suoi gesti signorili e pacati, per scelta non ho messo le foto di tutto quello che ho potuto assaggiare, privilegiando le sensazioni generate da questo colloquio nel quale lui ha saputo condensare per me i pensieri, i gesti e le scelte che hanno caratterizzato la sua vita di uomo e imprenditore.
In un momento del nostro discorrere, come due amici al bar, tra un calice di Gioì e un morso di mozzarella, mentre “tiravo fuori i miei perché e proponevo i miei però” mi ha detto: un buon imprenditore deve saper fare, saper fare bene, saper far fare e saper far conoscere, ecco, appunto, saper far conoscere…
Non l’ho baciato, ma se ci fossimo conosciuti prima, il giorno dopo sarei andato a lavorare per lui.
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