di Simona Paparatto
La Masterclass guidata dal grande enologo Donato Lanati di Enosis Meraviglia, presso Hic et Nunc di Vignale Monferrato, il 26 febbraio, ha offerto un’interessante prospettiva sul Monferrato ed è stata un’opportunità per esplorare il valore del territorio non solo dal punto di vista vitivinicolo, ma anche sotto l’aspetto scientifico e ambientale.
L’attenzione si è focalizzata sull’importanza degli ecosistemi presenti in questo territorio, caratterizzati da una ricca biodiversità di organismi viventi che sono strettamente integrati nell’ambiente fisico circostante. Questo sottolinea l’importanza di preservare e valorizzare non solo le risorse vitivinicole, ma anche gli equilibri naturali e la biodiversità che contribuiscono alla salute dell’ecosistema locale.
Questo approccio riflette una consapevolezza crescente riguardo all’interconnessione tra la produzione vinicola e l’ambiente circostante, sottolineando l’importanza di pratiche sostenibili e di conservazione per garantire la longevità e la qualità del territorio e dei suoi prodotti.
“E’ nell’apparato radicale della vite che l’architetto del creato ha trasferito la componente intelligente” ha esordito Lanati. “Suo tramite, la vite è capace di comunicare con le micorrize e col mondo intero. Con la sua spiccata sensibilità, la pianta accumula l’essenza di un territorio (microelementi e composti azotati complessi) e la trasferisce agli acini, che la fanno arrivare al vino, permettendoci di distinguere le caratteristiche dei diversi territori di produzione. Il valore di un vino è, dunque, il suo territorio. Possono anche portarci via le viti autoctone di questa terra, ma mai potranno trasportare i nostri territori. In 2000 anni di storia, i nostri viticoltori hanno individuato gli areali migliori per ogni singolo vitigno. Questa è la nostra forza, diversa da quella ubiquista di altre Nazioni, anche più famose”.
I vini possono trasmettere non solo il gusto del terroir, ma anche le influenze del clima, del suolo, della flora e della fauna locali. Questo li rende espressione autentica del territorio, della sua storia e della sua cultura. Essi possono catturare e comunicare l’anima del luogo in cui sono stati prodotti, offrendo un’esperienza sensoriale ed emotiva che va al di là del semplice gusto.
In questo modo, i vini diventano veicoli di connessione tra le persone e il territorio, incoraggiando la consapevolezza e il rispetto per l’ambiente e per le comunità locali. La capacità del vino di rendere visibile l’invisibile, di trasmettere l’anima del territorio, è ciò che lo rende così prezioso e affascinante non solo per gli amanti del vino, ma
anche per coloro che apprezzano la bellezza e la complessità del mondo naturale.
“Grazie all’enologia, scienza che studia i fenomeni che avvengono spontaneamente in natura, siamo in grado comprendere ciò che la natura stessa esprime, accompagnando l’evoluzione del vino affinché possa esprimere il suo territorio a pieni polmoni”.
Il concetto di Genius Loci rivendica ad ogni luogo la sua identità unica, influenzata da una combinazione dei
diversi fattori naturali e culturali: attraverso il vino è possibile percepire ed apprezzare questa identità in modo tangibile.
Lo stato di salute e la bellezza ecosistemica di un territorio si riflettono nel vino che lì
viene prodotto. Le viti sono piante sensibili che rispondono alle caratteristiche del terreno, del clima, dell’esposizione solare e ad altri fattori ambientali ed il vino che ne deriva porta con sé le tracce di tutto ciò, trasmettendo non solo il gusto del frutto, ma anche la storia e l’ambiente da cui proviene.
Inoltre, il processo di vinificazione può essere considerato un dialogo tra l’uomo e la natura, in cui il vignaiolo lavora in simbiosi con il territorio per creare un prodotto che rifletta al meglio le sue caratteristiche intrinseche. Questo rende il vino un mezzo straordinario per connettersi con la terra, con la sua anima e con le persone che vi abitano e lavorano.
Dalla vite all’uva, tra fisica e metafisica, sempre l’architetto del mondo ha fatto dell’acino una vera e propria sfera magica.
“Nell’acino sono concentrati l’energia dell’ambiente, la salute della terra, il sapere dell’uomo e l’andamento stagionale” ha proseguito Lanati. “La buccia dell’acino, composta da epidermide e ipoderma, è la sede del colore, dei precursori degli aromi e anche dei flavonoli che andranno a costituire gran parte della struttura tannica. In particolare, nell’ipoderma sono contenuti da 4 a 16 strati di cellule che contengono, tra gli altri, tutti i precursori degli aromi: il 90% dei profumi del vino è già lì, così come tutti gli antociani, quindi, i colori. I vini francesi, invece, contengono fino a 20/25 strati di queste cellule e antociani acilati che arrivano al 45%, contro i nostri che vanno dal 2-3 al 10%. Per noi è, dunque, molto più complicato, ma questa caratteristica è diventata la nostra forza, perché questi vini, con meno ipoderma e con antociani meno stabili, ma con profumi diversi, danno l’eccellenza solo in areali effettivamente vocati. Non scordiamoci, che l’Italia è un transatlantico di biodiversità”.
Poi, il monito a non scordarsi il vino durante l’affinamento in botte: “Con questi cambiamenti climatici, il periodo di polimerizzazione si riduce, quindi, occorre prediligere contenitori più grandi, come le botti. Durante l’affinamento in botte i tannini si legano agli antociani; il gruppo cromoforo stabile luminoso conferisce armonia al palato e piacere alla vista. Il vino è vivo e, per questo, va accompagnato, gestito e capito adeguatamente durante l’intero processo di affinamento.
Davanti ad un calice, fermiamoci. Impariamo ad ascoltare cos’ha da dirci colui che ha la forza di staccarci dalla frenesia e dalla velocità della vita, donandoci la bellezza del ‘nostro’ tempo lieto e ritrovato”.
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