Il Fivi – la filosofia di Bosco Samuele, le sorprese, il caos e la festa

Pubblicato in: Eventi da raccontare
FIVI - allo stand di Tenuta Maraveja è sempre festa

di Marco Bellentani

Chiusasi recentemente un’edizione sfavillante in termini di numeri del Fivi, ormai in pianta stabile in quel di Bologna Fiere. Certo le lunghe code prima ai bicchieri, poi ai carrelli, urgono una sistemazione organizzativa sia per chi viene a lavorare – di fatto stampa lasciata a se stessa – sia per il visitatore che con un ingresso ad ore 11, ha potuto degustare e comprare ben poco nelle prime due ore. A compensare tutto questo il clima tipico del Fivi. Tra curiosi, amici, vignaioli emergenti e grandi classici, un’orda di appassionati e qualche bottiglia di grande pregio. Quest’anno, consapevoli che una panoramica sarebbe alquanto dispersiva, abbiamo deciso di condensare in pochi vini – simbolo del tutto – il nostro pezzo “fivi”.

Dopo tante polemiche su “indipendente da cosa”, “indipendente perché”, “naturale qui”, “industriale qua”, il simbolo vigneron di quest’anno sta tutto sulle spalle di un ragazzotto del Roero, al secolo Bosco Samuele, che ci racconta della sua azienda in auge dal 1790. Il distaccamento filosofico dalla produzione di famiglia (2018) c’è sembrato l’emblema indipendente dell’anno: un lavoro sostenibile, per se e per la famiglia, un non bio più bio del bio con lo scopo di vivere sano sopra l’ettaro di vigneto di cui gode dopo la diaspora famigliare. La scelta della tipologia del vino “chiamiamolo artigianale” diventa qui la summa di un pensiero, che per troppo tempo ha creato solo divisione. Dove pure la parola “naturale” è diventata un moda (qui, per bacco il vino bianco si filtra – per fortuna, ndr).

L’etichetta diventa un epitaffio. Così meglio scappare dalla bolgia, ritirarsi a vita privata e dedicarsi davvero al vino. “Mi fanno ridere quelli che si fanno le foto mentre pestano l’uva” – beh, l’intento pubblicitario/comunicativo pare in effetti un teatrino più o meno sincero. Al netto di tutto, Bosco stilla un Arneis da favola, uno dei migliori vini del lotto, e lo fa per se, per noi, sudando e facendo il vignaiolo, non il cazzone su Facebook o il santone su Instagram. Buono il 23, salino e dalla spiccata acidità. Meraviglioso il 2020, macerato 1 giorno sulle bucce, complesso, profondo, suadente. Si va poi di Barbera e Nebbiolo: leggeri e semplici, come natura comanda. Un Arneis così però merita una ribalta più grande, così come un punto e a capo sulle mode, sulle contro mode. Sempre consapevoli che i più piccoli, i più sinceri, spesso peccano in capacità comunicative. A modo suo, lo fa anche il grande Gildo Gennari di Tenuta Maraveja, che sembra aver risolto tutti gli intoppi di assestamento al suo progetto “vino magico”: Garganega di grande stile e rossi divini dalle colline di Vicenza.

In gran spolvero anche Tornesi, dal salino Trebbiano al Ciliegiolo fino al mirabile Benducce 570, strepitoso in versione 2019. Un’altra sorpresa? Sicuramente il Mi-Fermento di Carreccia, direttamente dalla Piana d Luni (SP). Anche qui una scelta di tempo: 1 anno di bottiglia, per una bevuta citrica ma non scontata, non bevanda. Vino, esteso ed estivo. Ottimo anche il macerato (10 giorni sulle bucce).

Sempre per le bollicine naturali, non manca di lode l’Abbazia di  Propezzano col Pas (ovviamente dosé). Di grande livello, il lavoro di Daniele Lencioni per Tenuta Mareli, sul Montemagno a Camaiore (LU): simbolo di come si possa fare ottimi rossi sulla costa toscana senza scimmiottare l’entroterra. Lavoro, precisione. Mania.

Oppure la super potenza dell’Iddu, di Eno’-Trio, ormai però duo siculo sulle pendici del vulcano terminando con uno dei super campioni, quasi un appuntamento fisso per noi, del Fivi, tale Moreno Jep Ferlat, davvero tra i vignaioli migliori d’Italia: brividi e follia sia nella Malvasia Istriana, sia nel Sessanta, il suo celebre Cabernet Franc. Siamo ormai a livelli di eccellenza tali che non guardi neanche più al prezzo. Immenso.

E tra queste storie, gente che si incontra, si scontra coi carrelli, e forse anche la consapevolezza che funzionare, farsi trovare, diventa sempre più difficile, tra questa bolgia di vino. Un clima comunque unico che non vi farà pensare di essere assenti, il prossimo anno.


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