di Carmen Autuori
Il pistacchio non è solo quello di Bronte, anche Raffadali, cittadina circondata dai monti Sicani a circa venti minuti da Agrigento, dal 2021 è Città del Pistacchio Dop grazie all’enorme lavoro svolto dal comitato promotore – ora Consorzio di Tutela – composto da Calogero Frenda, Salvatore Gazziano, Carmelo Bruno e Franco Nocera, rispettivamente presidente, direttore, responsabile tecnico e vicepresidente. Quattro amici visionari che hanno intuito le enormi potenzialità dell’oro verde e ne hanno fatto motore di sviluppo per la loro terra anche grazie al Fastuca Fest, l’evento che accende i riflettori per il settimo anno non solo sul pistacchio ma anche su tante altre eccellenze siciliane, il cioccolato di Modica, i vini siciliani Doc, le arance di Ribera, per citarne alcune, dando l’opportunità ai tanti consorzi di abbinarsi al protagonista per promuovere i propri prodotti. Fastuca Fest si arricchisce, così, di una visione più ampia che è quella di essere motore di crescita del territorio, partendo da quello che il territorio stesso offre, ci spiega con orgoglio il direttore Salvatore Gazziano.
La storia del Pistacchio di Raffadali Dop
Il legame di Agrigento e della sua provincia con il pistacchio è una storia antica, anche se poco conosciuta, che risale al periodo saraceno. Furono gli arabi a piantarvi i primi alberi, complice la particolare conformazione morfologica del terreno prevalentemente calcarea, le condizioni climatiche caratterizzate dalle forti escursioni termiche che hanno favorito la coltivazione di questa pianta che, tra l’altro, è una delle più resistenti in natura tanto da poter sopravvivere a temperature estreme, a lunghi periodi di siccità e alle diverse caratteristiche morfologiche del suolo: in sostanza una vera e propria pianta eroica.
D’altra parte, la cucina siciliana (e gli ingredienti che la caratterizzano) richiama sempre la civiltà araba, anche nel caso del pistacchio.
<< Si narra che nel 1300 un giardiniere arabo del convento di Santo Spirito di Agrigento data la grande estensione di pistacchieti che circondavano il convento, abbia inventato il cous cous dolce, che ancora oggi viene prodotto secondo una ricetta orale tramandata dalle suore più anziane alle novizie – spiega Franco Nocera che oltre ad essere vicepresidente del consorzio è anche titolare della pasticceria Le Cuspidi -. Le prime notizie certe di Raffadali quale terreno vocato alla coltivazione del pistacchio risalgono alla fine dell’800 grazie al lungimirante duca Antonio Colonna di Cesarò, all’epoca anche ministro delle Poste e Telecomunicazione nonché appassionato di botanica, che nei suoi possedimenti di Raffadali e di Joppolo Giancaxio aveva implementato la già ricca coltivazione di questo frutto che andava ad arricchire la sua tavola e quella della nobiltà palermitana.
La storia della mia famiglia s’intreccia con quella del duca perché il mio bisnonno era il custode dei possedimenti, mentre la mia bisnonna si occupava della gestione del castello di Joppolo Giancaxio, in particolare della preparazione dei dolci a base di pistacchio e di mandorle, sempre provenienti dai possedimenti ducali. È sua la ricetta dei nostri famosi Ricci, i dolcetti che ancora oggi proponiamo nella nostra pasticceria>>.
La storia di Franco e della sua attività è dunque strettamente legata a quella del pistacchio di Raffadali che ha fatto la fortuna di Le Cuspidi. Negli anni ’50 il nonno decise di vendere parte delle terre acquistate dagli eredi del duca per fondare il Bar Sicilia che in pochi anni divenne punto di riferimento per tutta la provincia oltre che per il pistacchio anche per il gelato Pecorino a base di ricotta, cioccolato fondente e mandorle. Nel frattempo, la vecchia sede era ormai troppo piccola per far fronte alla richiesta di dolci e gelati, così l’attività venne trasferita dove si trova ancora oggi e mutò il vecchio nome con Le Cuspidi. Decisivo fu l’apporto di papà Salvatore, finissimo pasticciere, premiato da Gualtiero Marchesi.
Oggi Le Cuspidi si caratterizza per una vastissima produzione che va dal dolce al salato: creme spalmabili, gelati, lievitati oltre che i tradizionali dolci siciliani, magnifici gli sfinci con ricotta e pistacchio e gli storici Ricci.
Il Consorzio di Tutela e la Dop
<< Negli anni Settanta la maggior parte delle piantagioni furono abbandonate sia per la difficoltà nella coltivazione sia per una politica agricola che incentivava il comparto vitivinicolo – spiega il presidente Calogero Frenda -, così andarono persi centinaia di alberi di inestimabile valore. Nel 2016 con gli altri amici del Consorzio decidemmo di costituire un’associazione la cui mission fosse quella di riprendere l’antica coltura che rappresenta l’identità del nostro territorio. La risposta fu immediata: in poco tempo raggruppammo 90 soci. Ma non bastava, era necessario certificare il nostro pistacchio, così nel 2017 avviammo l’iter per la Dop che è arrivata nel marzo 2021. Nel 2022 abbiamo creato il consorzio composto da produttori, trasformatori e confezionatori. Oggi sono circa 15 i produttori che aderiscono alla Dop che è compresa in un areale di 31 comuni in provincia di Agrigento, compresi due in quella di Caltanissetta>>.
Ma in cosa differisce il pistacchio di Raffadali da quello di Bronte?
Partiamo con il dire che la cultivar è la stessa: la Bianca napoletana. Ciò che rende diversa questa tipologia è innanzitutto il tipo di terreno calcareo e sabbioso a differenza di quello vulcanico di Bronte. Ciò incide sulla struttura della pianta che a Raffadali tende a svilupparsi in larghezza per cui i frutti, crescendo quasi a contatto con il suolo, ne assorbono gli oli e i grassi che daranno al pistacchio oltre che una maggiore malleabilità nella lavorazione anche una dolcezza più spiccata, per cui la percentuale di zucchero da usare ad esempio nelle creme o negli altri prodotti sarà sicuramente minore. La forma è più allungata, presenta al palato un gusto più pronunciato ed alla vista sfumature di colore diverse.
Sempre nel comune di Raffadali, nella proprietà di Domenico Piano – attento custode – esiste un bellissimo albero di pistacchio ultracentenario, che abbiamo avuto il privilegio di vedere da vicino, largo 300 metri quadri, che ogni anno anno produce circa 80 chili di pistacchio. Un vero e proprio spettacolo della natura.
Il Fastuca Fest
Come dicevamo la festa del pistacchio anche quest’anno è stato un vero e proprio palcoscenico per il pistacchio di Raffadali che ha portato in scena chef, lievitisti, pizzaioli, pasticcieri ma anche wine tasting, laboratori di gusto rivolto ai bambini, convegni sugli ingredienti di qualità per una cucina d’eccellenza.
Accanto all’area cooking un ricco percorso del gusto: ben quindici attività tra istallazioni artistiche che quest’anno rappresentavano l’albero del pistacchio in legno color oro, immagine fortemente evocativa della preziosità di questo frutto. Il tutto completato da un’area expo che ha visto la presenza di 31 produttori.
Interessantissimi gli show cooking tra cui quello animato da Belhassen Berbat, executive chef Villa Athena che ha presentato il cous cous dolce/salato, un omaggio al cous cous del convento di Santo Spirito da cui tutto ha avuto inizio.
Mentre Alessandro Circiello con la sua “Zuppa fredda al cioccolato di Modica Igp, pistacchi di Raffadali e arance di Ribera Dop ha espresso lo spirito del Fastuca Fest che non è solo un momento di promozione del suo oro verde ma anche vetrina per le altre eccellenze del territorio.
La tre giorni si è conclusa con la nascita del Museo vivente del Pistacchio con lo scopo di preservare il genoplasma di ogni cultivar, con la messa a dimora dei piccoli alberi.
Il pistacchieto che sarà composto di 280 piante è situato in Località Pietrarossa nel Parco Archeologico della Valle dei Templi, diretto da Roberto Sciarratta ai piedi di una necropoli sicana risalente al 2500 a. C.. Oltre al museo è previsto il restauro di un immobile che ospiterà un museo dell’arte contadina ed una sala da destinarsi agli eventi dedicati alla promozione del Pistacchio di Raffadali Dop.
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