In questo post che ho linkato accendiamo i riflettori sulla brucellosi che affligge da tempo ormai solo la provincia di Caserta. Secondo numerose denunce e rilievi, una delle cause è il mancato rispetto delle norme.
Da parte di alcuni è stato sollevato il tema del vaccino come alternativa all’abbattimento. Ma è davvero così? E se fosse questa la strada come mai la Regione ne percorre un’altra? Davvero possiamo pensare che sia finalizzato a favorire Cremonini attraverso il macello di Atripalda, dove peraltro le bufale abbattute vengono portate volontariamente e non obbligatoriamente dagli allevatori perché è quello che paga meglio?
Allora, va premesso che il vaccino va applicato ad animali sani e che resta dunque il problema di quelli infetti che, ovviamente, non si guariscono in questo modo. Resta dunque il tema dell’abbattimento dei capi in allevamenti malati a prescindere dalla tematica del vaccino.
Ma il tema è anche un altro: il 21 aprile 2021 è entrato in vigore sulla problematica della biosicurezza e dell’ambiente, il Regolamento UE di Sanità Animale 429/2016, che è il riferimenti normativo della lotta alle malattie infettive (facilmente reperibile su Google). Per cui l’eventuale scelta dell’utilizzo del vaccino RB51 quale strumento aggiuntivo di contenimento dell’infezione, deve essere subordinata alla valutazione di alcune condizioni, dettate dal Centro di Referenza Nazionale della Brucellosi, sull’applicazione della campagna vaccinale e di tutto ciò che potrebbe comportare anche dal punto di vista della qualifica sanitaria del territorio, in base proprio al nuovo Regolamento Europeo sopra citato.
L’utilizzo del vaccino, infatti, non sarà consentito negli animali adulti tenuto conto del rischio di diffusione dello stesso ceppo vaccinale attraverso il latte, della possibilità di determinare aborto se somministrato a bufale gravide e, quindi, del potenziale rischio per la salute pubblica.
D’altro canto, l’utilizzo del vaccino RB51 solo nei capi giovani, unica soluzione approvata dal Centro di Referenza Nazionale della Brucellosi, allungherebbe in ogni caso di molto i tempi per l’eradicazione, mostrando i suoi effetti positivi solo dopo anni dalla sua applicazione, dovendo procedere a vaccinare in maniera graduale esclusivamente le rimonte. Si fa presente che vaccinando solo i capi di 6-9 mesi si impiegherebbero circa 4-5 anni per effettuare una copertura dell’80% dei capi, soglia questa che si rende necessaria, secondo le linee guida della “Task Force della Commissione Europea”, per garantire l’efficacia stessa della vaccinazione.
E’ bene sottolineare che l’utilizzo del vaccino RB51 ha la funzione di limitare la diffusione della malattia in quanto riduce l’eliminazione di Brucella selvaggia con i prodotti dell’aborto e/o del concepimento, qualora l’animale abbia comunque contratto l’infezione di campo; non risulta, quindi, essere protettiva dall’infezione; pertanto, gli animali infetti devono essere sempre e comunque abbattuti secondo le norme cogenti.
Come chiarito dal parere del CRN Brucellosi di Teramo, la vaccinazione non può essere effettuata negli allevamenti infetti; questi ultimi ne potrebbero avere accesso solo dopo aver estinto il focolaio e, quindi, solo dopo aver abbattuto tutti gli animali positivi.
In merito ai territori da sottoporre a vaccinazione viene chiarito che la stessa dovrà essere obbligatoria negli ormai noti comuni cluster di malattia (Castel Volturno, Cancello ed Arnone, Grazzanise, Santa Maria la Fossa) dove, peraltro, è concentrata la maggior parte del patrimonio bufalino casertano; il territorio da vaccinare potrebbe estendersi anche ad altri 7 comuni confinanti per creare una cintura di sicurezza contro la diffusione della malattia.
Ciò comporterebbe uno sforzo organizzativo ed economico ben superiore a quello che richiede un piano di eradicazione senza il ricorso alla vaccinazione.
La vaccinazione per essere efficace dovrà essere effettuata, secondo le linee guida della Task Force della Commissione Europea (SANCO/6095/2009), per un periodo superiore al doppio della vita media di produzione dell’animale: dunque, tenuto conto che la vita media produttiva della bufala è di circa minimo 6 anni, la vaccinazione in provincia di Caserta dovrà durare almeno 12 anni.
Infine una considerazione: secondo il Regolamento Comunitario “Animal Health Law” n.429, saranno presenti solo territori “Indenni con vaccinazione” e territori “Indenni senza vaccinazione”: ciò potrebbe creare non poche ripercussioni negative sul mercato della Mozzarella Di Bufala DOP Campana e relativa filiera, qualora il territorio casertano fosse sottoposto a vaccinazione obbligatoria con RB51. Qui si concentrano i due terzi della produzione
Secondo quanto precisato alla Sezione 1 del Regolamento UE 2020/689 della Commissione, provvedimento questo che va ad integrazione del Regolamento 429, per l’acquisizione della qualifica di indenne senza vaccinazione da parte di un allevamento, lo stesso può introdurre capi bovini, bufali e/o ovicaprini provenienti solo da allevamenti indenni senza vaccinazione o da allevamenti indenni con vaccinazione e non vaccinati contro l’infezione da brucella negli ultimi tre anni; tali capi inoltre devono provenire preferibilmente da uno Stato membro o da una zona indenne da infezione.
Se si applica la vaccinazione, per consentire lo spostamento dei capi da un’azienda vaccinata, sulla scorta di quanto previsto dalla richiamata normativa europea, dovrebbero passare almeno tre anni dall’ultima somministrazione, anni che ovviamente si aggiungerebbero agli almeno 12 anni necessari per la campagna vaccinale prevista secondo le indicazioni fornite dal CRN BRC; ciò potrebbe penalizzare non poco le aziende presenti nei comuni casertani oltre ad innescare gravi speculazioni di mercato del latte tra le province con diverso stato sanitario.
Queste dunque i motivi per cui la Regione Campania non è intenzionata a procedere lungo la strada della vaccinazione: in pratica sarebbe la fine della Dop che potrebbe essere a rischio revoca (i marchi europei non sono per sempre) e vincerebbero coloro che importano cagliata e latte dall’estero.
Per evitare problemi, secondo la Regione Campania, non resta che effettuare rapidamente l’abbattimento dei capi infetti e imporre il rispetto delle norme in quegli allevamenti che ne sono ancora primi come vent’anni fa.
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