di Monica Piscitelli
Appuntamento con il Conciato Romano Presidio Slow Food e con il Falerno del Massico Doc. Il racconto e la degustazione si svolgono questa volta, nel salotto buono di Napoli.
Il piccolo formaggio dell’alto casertano rivalutato dalla famiglia Lombardi e il gran vino degli Imperatori lavorato dalla azienda della famiglia Avallone, si raccontano al pubblico del pomeriggio de La Feltrinelli con il coordinamento del responsabile dei Presidi campani Vito Trotta alla presenza del fiduciario della Condotta Slow Food Voltuno Nicola Sorbo e del professore Giuseppe Guadagno, docente di Storia Romana ed Epigrafia Latina presso l’Università di Salerno.
Si intreccia il racconto di Maria Avallone di come suo padre si dedicò negli anni Cinquanta allo studio e la recupero del Falerno, con quello del casaro di Castel di Sasso.
Manuel Lombardi, con la mamma Liliana, la moglie Eluana e il piccolo Francesco, possiede 200 pecore, le vigne, gli ulivi, un agriturismo con camere. Il nonno Pasquale soleva portar con sé al pascolo il formaggio che oggi è il simbolo della loro azienda; il vino rosso e un pezzo di pane. Durante l’estate la caciottina fresca non si poteva fare visto che le pecore non producono latte e allora sua moglie pensò bene di conservare quelle della primavera in un orcio. Il cacio – conciato con olio, erba piperna, timo, peperoncino, olio e aceto di vino Casavecchia (oggi Manuel aggiunge il vino dallo stesso vitigno) – si manteneva, così, morbido e diventava perfino più saporito.
Suo nipote, Fabio, giovanissimo, si innamorò di questa tradizione e ne fece una missione: cominciò a girare con il suo orcio per raccontare la sua terra e il suo progetto. Ma un fato impietoso lo volle strappare alla sua famiglia prematuramente in un tragico incidente. Toccò, allora, a Manuel dar sostegno alla famiglia allo sbando.
Lasciato il lavoro al negozio di informatica, con sua moglie, tornò a lavorare a tempo pieno in azienda con la mamma e il papà. Oggi, a distanza di alcuni anni, questo trentacinquenne, con rinnovato entusiasmo e con sempre più lucida determinazione, racconta agli amici del book store la sua storia fatta di amore per la sua famiglia, la sua terra e le gioie semplici della campagna che lui stesso ha ritrovato.
Porta le sue pecore al pascolo al mattino presto per tutta la durata della bella stagione per fare, dal latte lavorato a crudo, il suo formaggio. Poi lo rigira lungamente negli orci perché la concia lo insaporisca. Il suo Conciato, a distanza di mesi (la stagionatura va da minimo un anno), parla dei profumi delle erbe fresche delle quali i suoi animali hanno fatto scorpacciate.
E’ talmente intenso che, dice bene Maria Ida Avallone, sfugge ad ogni abbinamento con il vino. E’ un formaggio da meditazione solitaria sebbene non sia questo il destino che si è cercato.
Ad oggi, il Conciato Romano Presidio è stato una sola cosa con i Lombardi che lo hanno salvato. Dire Conciato Romano voleva dire parlar di loro. E viceversa.
Ma qualcuno è pronto finalmente a raccogliere la sfida di far crescere numericamente il Presidio che – spiega Vito Trotta – lontano da logiche di produzione su grande scala estranee alla filosofia di Slow Food, ha necessità di ampliarsi e accogliere nuovi testimoni. E allora si torna a ragionare di usi civici del suolo, avanzare indiscriminato del bosco, scelte di vita, animali e tipi di latte.
“Il Conciato romano da latte di capra – racconta Nicola Sorbo – è molto interessante. Sopravvive, visti gli innumerevoli impedimenti burocratici alla produzione su piccolissima scala, come prodotto per autoconsumo”. Come a dire: non lo fa più nessuno. Ma poi un ragazzo, invitato da Trotta e Sorbo ad alzarsi, si fa avanti. E’ il giovane Carmine Bonacci, ventenne di Giano Vetusto: è pronto a raccogliere il testimone dei Lombardi. Correranno insieme presto.
Con i suoi 60 capi tra capre e pecore sta organizzandosi per iniziare la sua piccola produzione perché anche lui si è innamorato di un lavoro che la gran parte dei giovani di oggi neanche immaginano si faccia ancora: quello del pastore.
Sorride un po’ incredulo di fronte all’applauso di approvazione e incoraggiamento.
Il pubblico di Feltrinelli una storia così non avrebbe mai pensato di leggerla mai.
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