di Antonella Petitti
“Sarebbe stato più semplice se avessi scelto di aprire il mio ristorante in una location più appetibile, vicino al mare magari. Ma ero molto giovane ed anche incosciente, forse se non lo fossi stata non avrei neanche dato vita a tutto questo. Ma le difficoltà che ho incontrato hanno rappresentato anche uno stimolo, bisogna riconoscerlo”. E’ la regina de Il Ghiottone, tra le più amate ambasciatrici del Cilento gastronomico, e si racconta con un briciolo di amarezza, figlia di un momento davvero difficile per la ristorazione. Tanto più nel profondo Cilento, quello che ad occhio incontra la Lucania e la Calabria.
Maria Rina è nata e cresciuta nel Golfo di Policastro, nella bella Vibonati, e a poco più di vent’anni ha fatto di Policastro Bussentino il suo regno professionale.
Qui non si arriva per caso, ancor di più in una stagione così sfortunata per il turismo, in cui i lidi balneari di Santa Marina sono rimasti chiusi in seguito al sequestro della Procura per fatti ancora da chiarire.
Fermarsi da Maria Rina è una scelta, dettata dalla consapevolezza che si tratta di un riferimento importante, garante della migliore cucina tradizionale. Niente fronzoli, nessuna promessa, semplicemente prodotti dell’orto e del mare che si incontrano mantenendo la propria identità.
IL CILENTO, LA CRISI.
Ogni volta che passo qualche giorno nel Cilento mi assale la stessa malinconica riflessione. Cosa manca? Perché al Cilento non tocca la stessa sorte di località più note e ricercate della stessa Campania? Pensieri che condivido con Maria, nei minuti che – da locandiera nata – ama starsene in sala a chiacchierare.
Poi mi viene in mente la straordinaria biodiversità che, non solo si declina nella materia prima, ma anche nei piatti della tradizione. Segue nella mia mente l’immagine della maggior parte dei ristoratori cilentani, purtroppo si tratta di contadini o pescatori prestati al mestiere stagionalmente, senza professionalità e a volte nemmeno passione.
Ed ecco srotolarsi un pezzo della storia. Ecco comparire una parte del perché il Cilento non cresca. “Io sono cilentana, mi sento tale, ne sono fiera. Eppure ammetto che siamo noi per primi ad avere dei limiti. Secondo me hanno voluto che restassimo sotto le coperte, ora c’è davvero bisogno di darsi da fare per sopravvivere e non siamo preparati. Il turismo non si improvvisa…”, precisa.
Così Maria introduce il termine improvvisazione, una colpa che sommata ad una gestione locale non sempre lungimirante, ha provocato i danni più grandi.
Ma la speranza deve resistere, in particolare per tutti coloro (e sono tanti) che lavorano nella giusta direzione. Una ristorazione di qualità che fa filiera con qualche struttura ricettiva e con le aziende che lavorano con varietà autoctone ed in biologico.
E si ritorna a parlare della crisi, dell’andamento della stagione, un argomento che aleggia come un fantasma un po’ ovunque. La preoccupazione si tocca, ma la forza cilentana primeggia. “Ora si sopravvive” – racconta Maria Rina – “non possiamo negarlo, però cerco di ricordarmi che sono già fortunata a fare un lavoro che amo. Anche se mi ha assorbito tutta la vita, anche se mi ha tolto il tempo per tutto, compreso quello per stare con i miei figli. E forse questo è l’unico rimpianto che ho. Però se mi guardo indietro sono contenta, posso vedere tutti i passi avanti che ho fatto. Ricordo il periodo d’oro per questa zona, gli anni ’90. Si costruiva, c’era un turismo di un certo livello. Si aspettava che qualcosa cambiasse, che qualcosa si evolvesse. In molti – però – quando si sono accorti che non cambiava niente sono andati altrove. In compenso – col tempo – io ho conquistato amici ed appassionati che vengono a trovarmi regolarmente. Mi piace cucinare e dare soddisfazione perché so che genero una sensazione positiva. Quando un cliente mi saluta per strada, so che ha un ricordo piacevole di me perché pensa a qualcosa che gli è piaciuto”
LA STORIA. La sua è una storia di passione. Poco più che ventenne, sull’Isola di Dino, si ritrova a doversi mettere ai fornelli. Era lì per un lavoro nell’amministrazione di una società che faceva anche catering, e non era in programma nessun cambio di mansione. Ma viene a mancare del personale, e Maria deve aiutare in cucina. Ne resta affascinata, anche se sin da ragazzetta cucinava regolarmente per la famiglia. Capisce che è quella la sua strada. Così nel 1978 (4 anni dopo questo evento) apre a Policastro Bussentino il ristorante “Il Ghiottone”, nei locali di proprietà del marito, sulla strada statale che costeggia il mare.
“Ero giovane e inesperta, non ho affatto riflettuto sull’importanza della location” – ci spiega Maria – “oggi farei le cose molto diversamente. Eppure questa difficoltà con le altre mi hanno dato una forte spinta a migliorare, di continuo. A lottare, sempre. Ho fatto tanta fatica, ma so che sono riuscita a costruire qualcosa e a crescere. Nonostante le difficoltà del momento, possono ritenermi soddisfatta. Forse anche in cucina non avrei fatto tanto lavoro se avessi avuto una rotonda sul mare”.
Aveva 26 anni, due figli, un grande impegno. E quando arriva il terzo figlio, Maria si sente in grande difficoltà. Presa da un momento di depressione e debolezza, dà in gestione il ristorante. Resisterà pochi mesi, perderà dei soldi per non aver rispettato il contratto, ma ancora una volta capisce che quella è la sua strada.
E a questo punto non si accontenta della sua cucina empirica, riesce a servire piatti tipici e gustosi, però soffre per non aver studiato. Una sera due turisti le chiedono un piatto di pasta al pomodoro ed uno al filetto di pomodoro. Per lei è panico sul momento, anche se dopo un attimo di riflessione se la caverà come sempre. Un altro evento significativo. Maria comincia a frequentare dei corsi di cucina a Roma, studia, si aggiorna.
La cucina che ha sempre amato si riempie di termini per essere raccontata, descritta, eseguita. Tecniche nuove si affiancano a quello che è sempre stato fatto in un certo modo. Ha inizio un percorso di aggiustamenti, sperimentazioni e sfide che ci conducono alla cucina di Maria Rina com’è oggi. Una cucina cilentana attuale, basata su prodotti e ricette tradizionali, ma alleggerita e più ricercata.
D’altronde dietro all’accoglienza affettuosa e affatto sbrigativa, c’è una professionista attenta ai particolari, ai tempi ed alla forma.
Il ristorante – infatti – oggi è articolato in più sale classiche e calde, dove il legno ed il bianco la fanno da padrone. Una mise en place elegante e minimal chiude bene il cerchio.
LA CENA
Se potessi eleggere un termine a descrittore della cucina di Maria Rina, sarebbe “pulita”. E so che lei condividerebbe. Per me “pulita” significa innanzitutto rispettosa e attenta della materia prima, una cucina dove ogni cosa ha il sapore che deve avere. Una cucina riconoscibile, dove le papille gustative difficilmente andranno in confusione. In perfetta sintonia con mente e cuore sapranno pescare ricordi e sensazioni, gustando ogni nuovo piacere organolettico.
Forse perché al di là di tutte le attenzioni nei metodi di cottura e negli accostamenti, la cucina de Il Ghiottone è il regno dei migliori sapori primordiali. Quelli che tutti coloro i quali amano il Cilento ed il Sud culinario, possono ritrovare nel loro bagaglio personale.
Ovviamente il ruolo da protagonista è affidato ad una cucina di mare e di orto, ma non mancano delle interessanti sorprese (in genere con prenotazione) con carni locali come maialini, agnelli e conigli.
Ma andiamo alla nostra cena…
Apriamo con “Mozzarella di bufala con pomodoro e melanzane croccanti”, qui il formaggio incontra non il solito pomodoro fresco, ma un pomodoro pelato al momento. Succulento, corposo, si è sciolto in bocca ripulendola immediatamente dalla grassezza della mozzarella. Ad equilibrare e divertire la croccantezza di sfoglie di melanzane fritte. Piacevole.
Seguono dei freschissimi “Gamberoni al vapore, pesche sciroppate all’amaretto e misticanza con melata di fichi”. Amaro e dolce che si rincorrono e si equilibrano, un sapore che non ti aspetti e che fa parte dei piatti in cui Maria Rina fa vincere la creatività sulla tradizione. Dunque cede a matrimoni inusuali, ma sempre mantenendo saldo il contatto col territorio. Interessante.
E per chiudere la triade degli antipasti ecco comparire “Mareorto”, una insalata di polpo con arancia, pompelmo e limone. Innanzitutto un colpo d’occhio, l’impatto è quello dell’arrivo (inatteso) di un elegante piccolo bouquet. Quando si smette di mangiare con gli occhi, ecco che si incontra un polpo ripulito dalla sua grassezza ed opulenza. Perfetto assieme agli agrumi, riesce a diventare elegante in un piatto leggero ed intenso. Sorprendente.
Seguono i “Ravioli con verdurine e gamberetti in fumetto di vongole”. La pietanza che ho amato di più. Mi sono persa nella consistenza rugosa della pasta a mano, nel suo ripieno abbondante e nel succulento fumetto. Un piatto davvero equilibrato e pulito!
Per secondo arriva un “Merluzzo in crosta di patate su scarola”. Un sempreverde, una sorta di piatto garanzia. Pesce fresco con carni tenerissime, adagiato in un intingolo di verdure, pomodori e olive nere che basterebbero di per sé. Succulento.
E a questo punto è Muriel Barbery che mi viene in aiuto, nel suo evocativo “Une gourmandise”. “Nessuno di noi aveva più fame, ma è proprio il bello del momento dei dolci: tutta la loro raffinatezza si coglie solo quando non li mangiamo per placare la fame, solo quando l’orgia di dolcezza zuccherina non soddisfa un bisogno primario, ma ci ricopre il palato di tutta la benevolenza del mondo”.
E’ così che arriva il dolce, una sfogliatina calda con crema e frutta. Anche questa una conclusione garantita.
Si tratta di un ristorante che offre delle esperienze culinarie per cui vale il viaggio. Seppure siete diretti in altre zone del Cilento, trovate il modo di deviare. Anche le numerose segnalazioni raccolte negli anni, confermano questo ristorante un porto sicuro per una cena senza sorprese. Un luogo dove vale la pena andare, e seppure la location non sia degna di nota, ad una manciata di chilometri ci sono le due perle del Golfo: Scario e Villammare.
D’estate è in funzione anche il forno per chi non vuole rinunciare alla pizza, o alla classica focaccia calda nell’attesa della cena! In particolare quest’anno per il pranzo è stata pensata una formula “turistica” con un menù tipico cilentano. Interessante ed a buon prezzo, un’ottima soluzione per una pranzo veloce e degno di questo nome.
Ristorante Il Ghiottone
Via Nazionale 42
Policastro Bussentino – Santa Marina (SA)
Tel. 0974.984186
Giorno di chiusura: martedì
Sempre aperto in estate
Costo medio: 40/50 euro per una cena completa, molto meno per la pizza ed il menù cilentano.
Dai un'occhiata anche a:
- Eduardo Buonocore: in sala si vince con il sorriso
- L’uomo cucina, la donna nutre – 17 Bianca Mucciolo de La Rosa Bianca ad Aquara
- L’uomo cucina, la donna nutre – 10. A Montemerano la bistellata Valeria Piccini del ristorante Da Caino
- Domenico Marotta e la bruschetta al pomodoro
- Addio a Umberto Petitto, il professore imprenditore che ha creato Donnachiara
- Ciccio Vitiello: la sostenibilità è un modo di vivere, non un obbligo
- Diego Vitagliano,da studente svogliato a numero uno
- Gerardo Vernazzaro, mister Piedirosso a Cantine Astroni