di Andrea Guolo
Dall’inaugurazione di Modus è passato quasi un anno e il locale di Paolo De Simone, reduce dall’esperienza come socio-pizzaiolo nella catena di pizzerie Dazero, ha conquistato la fiducia e la simpatia di una clientela ormai consolidata. Ora quest’imprenditore della ristorazione che ha iniziato la propria carriera a Vallo della Lucania, con Storie di Pane, alza l’asticella della propria “cilentanità” proponendo sulla piazza milanese una cucina di recupero. E lo ha fatto in collaborazione con altri chef lanciando la formula Re-Modus.
Il primo assaggio di questa volontà di valorizzare gli scarti, trasformandoli in nuovi sapori, è stato servito ieri sera, in collaborazione con Andrea Marroni, chef del Dabass di viale Piacenza, bistrot in Porta Romana. Marroni ha preso possesso della cucina del locale di via Maffei e ha realizzato l’intento che da qualche tempo frullava nella mente di De Simone. I tempi sono quelli propizi: tutta l’economia – se ne è avuta la prova anche durante la recente settimana della moda, con gli stilisti impegnatissimi nella ricerca di materiali a basso impatto ambientale e realizzati secondo i principi dell’economia circolare – è attenta a questioni divenute essenziali come il dare una nuova vita a prodotti altrimenti destinati a diventare rifiuto.
Certo, per i cilentani la circolarità non può essere considerata un trend perché esiste fin dalla notte dei tempi. “Quando me ne parlano, a volte sorrido perché la nostra stessa tradizione si basa sul recupero e sul concetto di zero spreco. Nel mio panificio non esisteva il sacco dell’umido perchè tutto veniva utilizzato e quel poco che rimaneva diventava cibo per gli animali”, ha raccontato il proprietario di Modus. La formula di Re-Modus prevede un percorso degustazione uguale per tutti, offerto al prezzo di 50 euro a persona soft drink inclusi (vini e cocktail naturalmente sono conteggiati a parte). Ai non milanesi potrà sembrare un prezzo elevato, ma per la piazza di Milano è assolutamente nella norma.
Si replica una volta al mese, e già abbiamo nome e data del prossimo appuntamento: si farà il 2 aprile con la partecipazione straordinaria di Vincenzo Cucolo di Acquadulcis, direttamente da Vallo della Lucania. “Da queste serate impareremo a modificare i piatti che abbiamo in carta, inserendone di nuovi in menu”, ha aggiunto De Simone.
Il percorso dell’1 marzo è iniziato con la melanzana ‘mbuttunata su cialda di pane raffermo, recuperato e utilizzato come base di appoggio per la melanzana gustosa e sugosa.
A seguire, l’uovo cotto a bassa temperatura – un classico di Marroni e del suo Dabass – è stato servito con una salsa realizzata dagli avanzi di cavatelli al pomodoro bio. Ecco dunque l’uovo poché su salsa di cavatelli al pomodoro bio. “Quel che rimane del pranzo cilentano della domenica viene frullato per comporre la base su cui viene poi servito l’uovo”, ha commentato
De Simone. Ed è già tempo di intermezzo, sotto forma di cocktail: si chiama Tardellino, gin sour con estratto di zenzero fresco, ispirato chissà perché al calciatore Marco Tardelli, quello dell’urlo nella finale del 1982.
La pizza fritta, fatta con la pasta in esubero, di per sé non è la quintessenza della leggerezza, se poi viene servita con trippa, cioccolato e pecorino c’è il rischio concreto di non dormir la notte… Invece il risultato è sorprendente per equilibrio e leggerezza. Non lascia traccia e non appesantisce. Che sia anche merito del Tardellino degustato poco prima?
Segue un piatto-ponte tra Napoli e Roma: frittatina alla gricia con carciofi, leggermente troppo fritta secondo noi, ma non c’è alternativa se si vuol gustare l’interno al giusto grado di cottura.
Ed ecco la pizza, che è materia di cui De Simone è maestro: 100% grani antichi 100% lievito madre. L’elemento di recupero? Lo troviamo nel topping: si tratta della vignarola, tipico contorno della tradizione romana, il cui nome deriva dal fatto che gli ingredienti fossero originariamente coltivati tra le vigne: in quella di Re-Modus troviamo carciofi, asparagi, piselli, cipollotto, fave e altro ancora.
Particolarmente interessante si è rivelata la zuppetta di ceci e di baccalà, la cui pelle è stata recuperata e frullata nella zuppa dando un tocco di mare in più al piatto.
L’ultimo assaggio – che poi assaggio non è, ogni porzione si è rivelata più che abbondante per gli standard milanesi – è la scarola ‘mbuttunata che è il risultato di un recupero plurimo: pane raffermo, una prima crema ottenuta dalla cottura della scarola e una seconda crema più densa realizzata con gli scarti della stessa.
Dulcis in fundo, arriva la pastiera con zenzero candito che potremmo considerare come la second life degli scarti derivanti dall’area mixology: sia le bucce di cedro sia lo zenzero utilizzato come farcitura arrivano direttamente dal bancone del bar e permettono al bartender di evitare accuratamente il famoso sacco dell’umido, passando tutto quel che avanza in cucina.
Via Andrea Maffei, 12, 20135 Milano
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