di Carmen Autuori
Da noi, qui al Sud, il matrimonio è una faccenda davvero importante, non solo per la coppia ma anche per le famiglie degli sposi in senso molto allargato tanto da coinvolgere, soprattutto nei piccoli centri, tutto il paese. Accade, così, che tutti coloro che a vario titolo sono vicini ai futuri coniugi, sono pervasi da una vera e propria frenesia da preparativi che spesso sfocia nel cattivo gusto. Si pensi a cavalli e carrozze, fuochi d’artificio, sfilate di cantanti neomelodici, banchetti interminabilidove protagonista è il pesce crudo diventato ormai lo status symbol dei nuovi ricchi: in sostanza l’apoteosi del trash e dello spreco alimentare. Il tutto ampliato dai social che restituiscono al mondo una visione del tutto distorta degli usi e costumi meridionali legati a questa ricorrenza.
E poi c’è la bomboniera croce e delizia di ogni matrimonio, oggetto del desiderio degli sposi (e delle relative famiglie) e bersaglio di critiche da parte degli invitati: spesso finisce nella spazzatura non appena si torna a casa dalla cerimonia.
Eppure esiste un’usanza meravigliosa, tutta meridionale, ritenuta demodé fino a qualche anno fa ma che -negli ultimi tempi- pare sia tornato in auge assieme al desiderio di (ri)avvicinarsi alle proprie tradizioni: stiamo parlando del cartoccio. E’ una sorta di piccolo cabaret di dolci, in genere un vassoietto di cartone rigido,anticamente chiamato “spasella”, che sostituiva l’attuale bomboniera o si accompagnava ad essa. La scelta dei dolci da mettere nel cartoccio è un vero e proprio rituale legato all’orizzonte simbolico del matrimonio che si concretizza nel consumo di particolari ingredienti considerati propiziatori per la giovane coppia. Non possono mancare i confetti che già in epoca romana erano considerati beneauguranti, così come le paste di mandorle o petit fours perché da sempre il mandorlo è considerato l’albero dell’amore e della fertilità. Accanto a questi due dolci che sono imprescindibili troviamo altre specialità caratteristiche delle varie regioni.
In Calabria, ad esempio, ad arricchire il cartoccio saranno “i durci de’zziti” che sono biscotti con le mandorle, taralli nasprati ma anche la “pitta ‘mpigliata”, una sorta di pasta sfoglia riccamente farcita da miele, mandorle e frutta e secca, i “suspiri”, cupolette di pan di Spagna, farcite con crema pasticcera, ricoperti da candida glassa a rappresentare la purezza della sposa e decorati da una ciliegia candita. Quest’ultimo dolce è presente un po’ in tutto il Sud: gli ingredienti sono gli stessi, a variare è solo il nome.
Anche in Puglia protagoniste dei dolci nuziali sono la mandorla e la glassa. Nella zona di Turi, nei pressi di Bari, è famosa la Faldacchea o Dolce della sposa. Si tratta di eleganti dolcetti formati da uno scrigno di pasta di mandorla con un ripieno di amarena sciroppata e pezzi di pan di Spagna, bagnati con l’alchermes, ricoperti di glassa e decorati con ghirigori vari, qualche volta anche con le iniziali degli sposi. Sempre a Bari nel cartoccio troviamo gli occhi di Santa Lucia o anginetti. Sono piccoli taralli di frolla ricoperti di glassa che lì viene chiamata ancora “giulebbe”.
Ad Altamura, invece, famosa è la Torta rosata a base di mandorle e glassa ed i Cerini, dolci antichissimi nati nel chiostro delle Clarisse che ancora oggi appartengono allatradizione nuziale.
In Campania nella zone costiere, soprattutto in quella amalfitana, il dolce della sposa per eccellenza è il Sospiro. Magnifico è quello al limone della pasticceria Trieste. Lo stesso lo si ritrova anche nel resto della regione, ma in questo caso il pan di Spagna che costituisce la base di una golosa crema pasticcera è bagnato con vermouth o rum ed è ricoperto con un sottilissimo strato di naspro.
Andiamo nel Cilento. Qui resiste una tradizione molto forte che ancora oggi vede le famiglie impegnate in prima persona nella realizzazione dei dolci del cartoccio aiutate dai proprietari di antichi panifici che, per l’occasione, mettono a disposizione il forno a legna. Pastarelle, biscotti di pasta frolla decorati con i diavolilli o con un po’ di glassa, morzelletti, una sorta di grossi cantucci arricchiti da mandorle o da miele, affiancheranno le classiche paste di mandorle ed i confetti.
E poi ci sono i mastacciuoli, dolci a base di pan di Spagna, marmellata e naspro, che sono tipici delle zone più interne del Cilento. Maestre di questa preparazione erano delle donne che, pur non essendo pasticciere nel senso moderno del termine, in occasione dei matrimoni si recavano a casa degli sposi per la preparazione dei dolci. E così venivano preparate quantità enormi di pasticcini: alcuni per comporre i cartocci altri da servire al rinfresco che seguiva la cerimonia religiosa che, ricordiamolo, fino alla fine degli anni Sessanta si svolgeva esclusivamente a casa della sposa.
Fino a pochissimi anni fa a San Mango Cilento, frazione di Sessa Cilento, era Giannina ‘a dolciera la vera esperta di questa preparazione, arte ereditata dalla figlia Antonietta. A Montano Antilia, una certa zia Angelina, conosciuta in tutto il paese con il nome di Zizìa, da un unico semplice impasto- quello del Pane Dolce – composto da farina, zucchero, uova, buccia di limone e cremor tartaro, riusciva a ricreare varie tipologie di dolci: dai biscotti per il cartoccio ad una vera e propria torta, dopo aver bagnato la base con il vermouth che poi veniva farcita con la crema pasticcera, ricoperta dal naspro e decorata con semplici confettini colorati.
A Montesano Sulla Marcellana, nel Vallo di Diano, era Rosa ‘a fasola a svolgere questo lavoro; in questo caso venivano preparati morzelletti e pastarelle. Rosa, personaggio quasi leggendario, era dotata di una tale forza da riuscire a montare, con il semplice uso delle mani, fino cento uova: in pratica una sorta di planetaria umana.
Ma ciò che rendeva il cartoccio davvero originale era la sua duplice funzione: accompagnava la partecipazione quando era recapitata a mano oppure sostituiva la bomboniera.
Come dicevamo questa tradizione sta tornando. Oggi il classico vassoietto di cartone viene sostituito con uno in ceramica, il più delle volte bianco, per le cerimonie formali, oppure in vimini o ferro battuto per quelli più country: una valida alternativa alla classica (e spesso inutile) bomboniera.
Sospiri
Ingredienti
Per il pan di Spagna
6 uova
150 g di zucchero
200 g di farina
Buccia di limone grattugiata
Un pizzico di sale
Per la farcitura
500 ml di crema pasticcera
Per la glassa
600 g di zucchero
300 ml di acqua
½ bicchiere di succo di limone
Ciliegie candite
Vermouth
Per il Pan di Spagna
Sbattere i tuorli delle uova con lo zucchero, il sale e la buccia di limone fino a che il composto non diventi quasi bianco. Setacciarvi la farina mescolando dall’alto verso il basso con molta delicatezza. Con una sac a poche versare l’ impasto su una teglia ricoperta da carta forno, formando dei mucchietti. Infornare a 180 gradi per max 15 minuti. Lasciarle raffreddare, tagliare le cupolette a metà e farcirle con un cucchiaino di crema pasticcera. Bagnarle (poco) con il vermouth.
Per la glassa
Versare in un pentolino acqua e zucchero, far bollire fino a che quest’ultimo non si sia sciolto completamente. Aggiungervi il limone e, a fuoco spento, continuare a mescolare.
Su una griglia ricoprire i dolci con la glassa tiepida, aspettare che si solidifichi e procedere con un secondo strato per ottenere una glassatura più omogenea. Aggiungere alla sommità di ogni sospiro una ciliegia sciroppata e servire nei pirottini di carta.
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