di Pasquale Carlo
Terra generosa e benedetta quella di Pietrelcina. Un paesaggio dai contorni dolci, dove tra distese di grano e tabacco ha trovato habitat ideale una particolare varietà di carciofo. La tradizione vuole che questa coltura sia stata introdotta intorno alla metà dell’Ottocento da un prefetto originario di Bari. Ma la genesi del carciofo di Pietrelcina potrebbe essere molto più antica. Del resto, il carciofo è il fiore di un cardo, quei cardi che Marziale descriveva come una delle specialità di Benevento e che insieme alle cipolle, le cervellate, la copeta (il torrone) e le corde ne facevano la “città delle cinque C”.
Per la valorizzazione del carciofo da diversi anni lavora in prima linea l’amministrazione comunale allora guidata da Domenico Masone, che ha consegnato il testimone al giovanissimo Salvatore Mazzone, che ha attivamente sostenuto l’azione per giungere al riconoscimento di presidio Slow Food, per il quale ha lavorato molto l’allora fiduciario della condotta di Benevento, Giancarlo De Luca. Con loro la Pro Loco, che dal 1976 organizza la Sagra dedicata al carciofo, anche lei rappresentata oggi da un giovane, Dario Faiella. Il presidio, raggiunto nel 2020, vuole essere un prezioso supporto all’operazione di recupero della coltivazione, aiutando la comunità di produttori nella valorizzazione. Alla base di tutto vi è un disciplinare, approvato dalla comunità dei produttori, che prevede pratiche di coltivazione sostenibili e tradizionali e che, oltre al territorio di Pietrelcina, interessa quello dei comuni di Pago Veiano, Pesco Sannita e Paduli.
A supportare lo sforzo per il rilancio di questa eccellenza è poi arrivato il Crea Orticoltura e Florovivaismo di Pontecagnano, grazie al progetto AgroBiodiversità Campana, il cui obiettivo è quello di mettere in sicurezza le varietà locali a rischio estinzione iscritte al nella Banca del germoplasma vegetale campano tra le varietà tradizionali in via d’estinzione. Tra le varie cose, il Crea ha accertato l’unicità della varietà su base morfologica e genetica e per le tecniche di coltivazione. Quelle tecniche di lavorazione che, grazie ai veri protagonisti, i produttori, hanno permesso al carciofo di Pietrelcina di giungere fino ai nostri giorni.
Ed è proprio su questo sapiente passato che oggi si vuole innestare un florido futuro. Infatti, l’attenzione è incentrata sulla nascita della filiera del carciofo di Pietrelcina, il cui obiettivo non è solo quello di esaltare le unicità del prodotto, puntando a rendere anche la tradizionale coltivazione più produttiva e soprattutto più sostenibile, attraverso l’utilizzo degli scarti che costituiscono una preziosa risorsa in termini di economia circolare.
Ecco perché lo sforzo sinergico non si ferma, prosegue in maniera convinta, lavorando al futuro di questo bene prezioso, considerato che sono svariati i settori che questa coltura alimenta. Il carciofo, grazie alle sue tante proprietà e caratteristiche può essere utilizzato a fini farmaceutici, erboristici (perfino per la produzione di liquori) e cosmetici, oltre che per fini tintori. Su tutti, ovviamente, resta l’utilizzo alimentare. Il carciofo è protagonista sulle tavole dei locali di Pietrelcina soprattutto nella stagione primaverile, considerato che la raccolta avviene nei mesi di aprile e maggio. Saporito e versatile. Soprattutto sano, ricco di fibre, che favoriscono la regolarità intestinale, aiuta a tenere sotto controllo i livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue e anche quelli di glicemia. Costituiscono pertanto un valido aiuto per la salute che aumenta di valore se inseriti all’interno di una dieta equilibrata.
L’obiettivo è quello di favorire una filiera corta, partendo proprio dal consumo locale, considerato anche il grande flusso turistico che giunge a Pietrelcina, borgo conosciuto in tutto il mondo per aver dato i natali a padre Pio, figura di santità sospesa tra tradizione e modernità. Un patto da stringere ulteriormente con le tante strutture ricettive e ristorative, chiamate ad esaltare le qualità e la bontà di questa deliziosa risorsa. Il tutto senza perdere di vista il conservato, migliorando e ottimizzando i processi della lavorazione di trasformazione, anch’essa parte integrante della ricca e secolare sapienza pietrelcinese.
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