di Gaspare Pellecchia
Il “canceliere” è il soprannome di Soccorso Romano, il vecchio vigneron montemaranese dall’animo severo, nobile e preciso che ha fondato questa azienda. E perciò.
Il versante dell’appezzamento di sette ettari che circonda giro giro la casa è tutto omogeneo: Aglianico allevato a cordone speronato (zero trattamenti, zero concimi, solo un po’ di zolfo e rame, ecc.). Esposizione precisa precisa a nord-est. Siamo ben oltre i 400 metri, la contrada è la nota Iampenne.
Mo’ vi spiego meglio: una parte delle migliori uve di Aglianico, una parte dei migliori Taurasi cioè, si produce lungo un tratto del fiume Calore irpino: le due sponde sono compresse tra due prismi collinari, due tobleroni, uno a destra e uno a sinistra di questo tratto del fiume. Il versante esposto a sud-sud ovest è grossomodo Paternopoli; il versante esposto a nord-nord est è, all’incirca, Montemarano. Noi siamo qui: a Montemarano.
Tutti lieviti indigeni (la consulenza è di Antonio di Gruttola), uso di legni grandi prestigiosi, né chiarifiche, né trattamenti di stabilizzazione. Qui si sta attuando un ritorno a un Taurasi perfettamente naturale, a un Taurasi di un lontano passato: ma col gusto di oggi! Gusto che si è affinato, si è evoluto, si è ingentilito.
Gioviano 2008: gran fruttato, fiori e legno piccolo. Bella acidità gustosa e fresca. Tannino maturo e quasi risolto. Lungo al palato. Un bellissimo, bevibilissimo vino fruttato, un Aglianico interessantissimo e ben fatto.
Nero né 2006 (chiocciola): bella questione. Io la butto là. E’ praticamente il Cinque Querce in versione moderna. Ed è molto, molto buono. Perché? Perché tutto si evolve, anche la Natura, oltre che il gusto e la conoscenza. Il naso di questo Taurasi ti accoglie con la splendida forza di cui sono fatti i vini di questa sponda: la commovente nota minerale di scoglio marino. Il frutto pieno c’è, sotto che scalcia. Il colore è impenetrabile, di certo, e non tradisce la delicatezza al palato. Ritorno al naso: si sente il legno grande nuovo, si sentono i due anni di bottiglia. C’è pienezza c’è freschezza c’è lunghezza c’è caffè c’è tannino giovane. Lo sapremo affinare per altri cinque anni e lo riberremo, sperando nel riavverarsi di questo sogno.
Campioni di botte e amenità varie:
– il Nero né, Taurasi 2007, sfiora quasi la perfezione assoluta del territorio; tannini ancora immaturi ma di alto rango. Una mezza bomba: tra due anni lo riassaggerei.
– il Nero né, Taurasi 2008, rotondo e maturo; ben bevibile, primari in evidenza; balsamico (crema vicks, caramella mentos); note fenoliche; maturità vendemmiale da manuale, Aglianico scolastico.
– passito di Aglianico 2009, uve vinificate a Pasqua: è un chinato? No? E chi se lo aspettava? L’Aglianico produce il chinato senza aggiungere china. Buonissimo, dolcissimo, aperto, gioviale, vino dolce-sapido da discussione. Una piccola droga di cui non potrete farne a meno.
– mosto cotto di Aglianico: e che ve lo dico a fare? Tra le cose più belle che assaggerete a Montemarano: un concentrato biodinamico di suolo e di energia, aromaticamente minerale. Straordinario. Come succhiare tre-quattro tonnellate di roccia calcarea affiorante.
– confettura di Aglianico: che chicca ragazzi!
P.S. L’azienda si chiama Il Cancelliere.
La scritta “di Rita Pizza” o meglio “di Pizza Rita” me l’ha fatto aggiungere Soccorso. Il motivo lo ignoro. Soccorso resta un mito.
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