di Enrico Malgi
Viaggiando nell’Italia meridionale del vino mi sono accorto di un grosso problema che riguarda soprattutto le piccole aziende vitivinicole a conduzione familiare, quello del cambio generazionale che a volte può diventare un vero problema.
Tante aziende per abbattere i costi e tenere unita la famiglia, fanno leva sulla collaborazione di tutti i componenti: padre, madre, figli, nipoti, fratelli ed altri parenti. Inoltre si cerca di favorire l’inserimento dei figli ai corsi di agronomia e di enologia, con la speranza di apportare così maggiore professionalità all’interno della stessa azienda, senza fare ricorso quindi a figure esterne. Gli ostacoli da affrontare, però, sono molteplici a cominciare dal rapporto generazionale. Di contro, però, esistono anche nuclei familiari all’interno dei quali regnano sovrane l’unione, la disponibilità, la collaborazione e l’abnegazione.
Di questi esempi ne potrei citare a bizzeffe, ma mi limiterò a menzionarne soltanto alcuni che mi hanno particolarmente colpito. Si tratta di storie in parte positive ed in parte negative e che in un modo o in un altro hanno segnato ineluttabilmente il rapporto familiare.
Nel Cilento le cose vanno sicuramente bene ad Alfonso Rotolo, titolare ed enologo dell’omonima azienda di Rutino, perché la continuità è assicurata con la prossima entrata della figlia Valentina appena si sarà laureata in enologia. E questo segnerà l’inizio della quarta generazione, cominciata con Alfonso primo nel 1938, seguita dal figlio Francesco, a cui è subentrato l’attuale proprietario Alfonso secondo, che a breve sarà affiancato quindi dalla giovane Valentina.
Anche l’azienda Verrone di Agropoli non può certamente lamentarsi, perché il fondatore Antonio ha avuto nel figlio Paolo un validissimo e proficuo aiuto. Adesso si aspetta la terza generazione con Antonio junior che, pur ancora in giovane età, è molto entusiasta ed appassionato, tanto che si sta preparando a puntino per la sua futura promozione.
Peppino Pagano, titolare dell’azienda San Salvatore 1988 di Paestum, ha trovato nel figlio Salvatore un degno erede a tutto tondo, perché questi s’interessa in parte della famosa azienda vitivinicola, ma soprattutto di tutte le società imprenditoriali e ricettive di famiglia con acume ed intelligenza. A dare manforte a Peppino poi ci pensano anche la figlia Andrea col marito Antonello.
L’azienda Botti Carmine di Agropoli dopo la prematura perdita del capofamiglia, una storica ed emblematica figura di viticoltore cilentano della prima ora, è passata in modo indolore nelle sicure mani della figlia Emiliana, una ragazza molto determinata, valida e competente, sostenuta dal cugino enologo Pippo Greco.
Anche l’azienda Polito di Agropoli ha visto subentrare da qualche tempo al timone aziendale il giovane figlio enologo Carlo, che ha dato il cambio a papà Vincenzo a sua volta subentrato alcuni anni addietro a nonno Vito, che aveva cominciato l’avventura già negli anni ’60.
Rimanendo sempre in provincia di Salerno, è da sottolineare la privilegiata collocazione in cui si trova l’azienda Marisa Cuomo di Furore. Il titolare Andrea Ferraioli fortunatamente può contare sulle grandi capacità lavorative della stessa moglie Marisa e della fattiva collaborazione dei figli Raffaele e Dora, che rappresentano l’attuale presente e certamente sapranno gestire anche il prossimo futuro.
Stessa situazione più o meno si vive presso l’azienda Ettore Sammarco di Ravello, in cui il figlio Bartolo con grande capacità è subentrato al comando aziendale, sempre guardato alle spalle dall’esperto genitore, vero pioniere della viticoltura della Costiera Amalfitana.
Uscendo dai confini provinciali e regionali, vorrei segnalare tre fruttuose esperienze.
La storica azienda salentina Conti Zecca di Leverano, datata 1580, appena l’anno scorso ha visto il giovanissimo Clemente Zecca affiancare nella conduzione aziendale papà Mario e gli zii Alcibiade, Francesco e Luciano, i quali certamente non gli faranno mancare il loro pieno sostegno e collaborazione. Si tratta di un ragazzo venticinquenne veramente in gamba come ho potuto constatare personalmente, che sta completando con molto impegno gli studi specifici In Italia e/o all’estero.
Identica situazione vissuta, o quasi, da quella della Vinicola Palamà di Cutrofiano, sempre nel Salento, laddove papà Ninì ha preferito consegnare nelle mani del giovane figlio ed enologo Michele, terza generazione dal 1936 iniziata con il capostipite Arcangelo, le chiavi dell’azienda, pur rimando presente al suo posto ovviamente. In passato c’è stato un poco d’incomprensione tra i due consanguinei, ma per fortuna tutto è andato a posto.
Oltretutto Michele ha pensato bene di muovere due determinanti pedine per ammansire papà Ninì: l’ha reso due volte nonno in poco tempo e poi appena insediato al comando ha voluto dedicargli amorevolmente la nuova linea aziendale. Sintomatico a questo proposito, la dicitura riportata a tergo delle bottiglie firmata da Michele: “A mio padre, agli schiaffi che ho preso e agli insegnamenti che mi ha dato. A una passione che ho ereditato a suon di rimproveri, tra sorrisi rubati e fatica ripagata dalla soddisfazione. A lui dedico questo vino, il mio primo”. Bello eh?
E termino questo piccolo excursus parlando dell’altrettanto storica e celebre azienda calabrese Librandi di Cirò Marina. I fratelli Raffaele e Paolo reiterano con innata passione il successo del loro bravo papà Nicodemo, per fortuna ancora sulla breccia.
Qui le generazioni che si sono susseguite sono quattro e le cose vanno a gonfie vele, perché i Librandi rappresentano a giusta ragione un punto di assoluto riferimento per tutta la viticoltura calabrese in particolare e quella meridionale in generale.
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