La perfezione assoluta, guardate la foto e osservate quanto è sottile ed elastico l’impasto senza neanche un minimo di mollica panosa sotto la doratura.
Bisogna partire dalla scarola, straordinaria verdura che compete con i friarielli per il primato nelle tavole del piacere napoletane.
La scarola fa molto mangiare di magro, vigilia di Natale e la si trova per gran parte dell’anno.
Il colpo di genio di Franco Pepe, ereditato dal padre ma da lui perfezionato, è quello di metterla a crudo nel calzone per cui alla fine mantiene la freschezza.
Come ha ben ragionato Albert Sapere tra la trentacinquesima e trentaseiesima sigaretta, olive e capperi nell’uso comune servono a restiture alla scarola la sapidità e il tono amaro naturale che perde con la cottura prolungata.
In questo caso hanno l’effetto di esaltatori di sapore naturale per cui si inizia con il gusto della scarola fresca e il palato ascende rapidamente dal primo al trecentesimo piano come stesse nelle ascensori di Bladerunner.
La versione fritta non è in carta, fu presentata da Franco alle Strade della Mozzarella nel 2012.
Abbiamo fatto anche il confronto con il must che tutti conoscono, il calzone al forno, ritenuto tra l’altro più salutare. Ma la tecnica della frittura ben eseguita preserva di gran lungo meglio la freschezza dell’ortaggio e il sapore. Appena appena un filo d’olio è sufficiente e io manco il sale aggiungerei nell’impasto.
Molti preferiscono la cottura al forno, ma si tratta dell’ennesima cazzata di cui ci nutriamo da quando l’industria ha insegnato come mangiare a colpi di spot. Non è la tecnica di cottura a fare male, ma gli ingredienti.
Quasi tutti sono convinti che è molto più salutare mangiare un gelato industriale del calzone fritto di Franco. Invece è esattamente il contrario perché i prodotti ottenuti con grassi idrogenati vanno regalati solo ai chi abbiamo pesantemente sulle palle. E pensare che mamme li fanno mangiare ogni giorno ai loro bambini con le merendine e i gelati.
L’analfabetismo gastronomico in cui siamo precipitati tutti ci fa pensare cose esattamente opposte alla realtà, come dire è il sole che gira attorno alla Terra.
Dunque fritto e basta. Del resto lo sanno bene i napoletani che preferiscono la zeppola di San Giuseppe fritta e non al forno. Credo dipenda dal fatto che la pasta nel secondo caso rilasci un po’ di umidità che intacca la verdura.
La frittura invece crea una sorta di involucro protettivo che preserva la freschezza.
Da Franco Pepe mancavano da un bel po’, così abbiamo provato la margherita classica e qualche novità:
La pizza che simboleggia i poli estremi della regione, il Cilento e il Casertano.
La pizza ben pensata con l’alletterato in cui la magica cipolla di Alife e il sedano giocano un ruolo rinfrescante decisivo.
Infine abbiamo goduto di una marmellata di arance semplicemente perfetta.
Devo dire che è veramente una fortuna gastronomica vivere in Campania: nessuna ragione può vantare tanti artisti della pizza capaci di farti sognare e l’eccelsa qualità della materia prima regalata dai vulcani.
Ieri Caiazzo, sperduto paese del Casertano, era brulicante di persone in fila nelle pizzerie. La controprova che quando si fa qualità e si mantiene il giusto prezzo, l’economia gira.
Pepe in Grani : Vico S. Giovanni Battista 3, Caiazzo (Ce), Tel 0823.862718
www.pepeingrani.it
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