di Antonella Petitti
Elargisce il suo ampio sorriso con grande generosità Igles Corelli. Nessun ingresso da star, nessuna titubanza.
Igles parla al pubblico con piacere di questo suo ultimo libro “Igles3” che è un po’ un sunto del suo percorso, oltre che una raccolta delle migliori ricette dei 3 grandi periodi che hanno segnato al sua carriera, ovvero il Trigabolo, la Locanda della Tamerice ed Atman.
In prima fila, all’interno del “Settembre culturale” nel bel Castello di Agropoli (SA), sua moglie Pia. Non si fa fatica a comprendere quanto sia importante la sua figura, per tutta la serata è stato riferimento e ricerca di conferme, instancabile mano che negli anni ha completato i suoi pensieri.
Una vita insieme sia nel lavoro che nel privato, un’unione accompagnata dalla gioia di cinque figli. “Soltanto uno ha mostrato il desiderio di seguire le mie orme, ha ancora solo 17 anni, ma ovviamente ne sono orgoglioso”, racconta lo chef dalle quattro stelle Michelin tatuate sul braccio.
Ma non è un modo di ostentarle, è più la voglia di ricordare quei traguardi. “Ora con Atman a Villa Rospigliosi a Lamporecchio, spero di collezionarne tre, ma tutte insieme!”.
Gioca, ama dialogare, non si tira indietro. Commenta l’EXPO, ma anche l’onnipresenza degli chef in tv.
“Mi piacerebbe pensare che la cucina italiana stia andando verso il benessere, la vera attenzione alla qualità, ma ci sono loro…i grandi mostri dietro”, facendo riferimento all’industria agroalimentare ed alle multinazionali.
“Basti pensare all’EXPO di Milano, cosa rappresenta? Loro…”, ribatte. Il pubblico condivide, la percezione è la stessa. “Mi hanno proposto di essere l’uomo immagine di alcuni prodotti, mi sono rifiutato. Non perché io sia contrario a priori, oggi mantenere un ristorante di altissima qualità è dura ed è necessario fare anche dell’altro, ma non se questo significa mettere completamente in discussione chi si è. Che almeno il prodotto sia rispettabile”.
Atman oggi è il suo riferimento, ma Igles Corelli è impegnato su molti fronti. Consulenze e docenze, tra cui quelle legate a Gambero Rosso.
“Amo insegnare, quando lo fai con persone che hanno davvero voglia di imparare è uno scambio continuo. Dai e ti viene ridato, si impara insieme”, spiega.
Di quel ragazzo che aiutava i propri genitori nella trattoria di famiglia è rimasto molto, di certo l’entusiasmo e la passione. Ed è ancora più viva quando l’argomento è quel “Trigabolo” che ha fatto parlare di sé in Italia e nel mondo, il ristorante che lo ha battezzato precursore nella cucina creativa e nell’utilizzo della tecnologia in cucina.
Era il 1983 e nello stesso anno questa fantastica brigata ha dato vita anche ad una manifestazione che ha dato il “la” a tutto quello che oggi può essere definito “spettacolo del food”, ovvero Saperi e Sapori.
“Ferran Adrià ha scoperto il gioco delle spume ad Argenta, dove presentammo nel 1994 il Pacojet, macchina straordinaria fino a quel momento diffusa soltanto in Svizzera, in Francia e in Giappone. (…) Saperi e Sapori ha dato i natali a quasi tutte le manifestazioni di cucina degli anni a venire. Prima di allora nessun cuoco blasonato avrebbe accettato il confronto e/o la limitazione di condividere la firma del menu con altri colleghi, anche se di pari livello”.
Il racconto che accompagna i tre capitoli di ricette sono appassionati ed appassionanti, e narrano della sua cucina garibaldina (legata ai migliori prodotti italiani e non a km0!) e della sua cucina circolare (fatta di prodotti di qualità che possono essere utilizzati in toto e dunque non più costosi di altri).
“Io guardo all’Italia come il mio km 0, ho bisogno di prodotti di alta qualità, la materia prima è la base, non posso farmi limitare dai chilometri. Un cuoco non può fare miracoli: se gli ingredienti che usa sono scadenti, non potrà che fare una cucina scadente”.
“Igles3” è un bel tuffo nella storia della cucina italiana degli ultimi 40 anni, di cui lui è straordinario pilastro.
La serata termina con una bella risata collettiva: “Se Igles fosse un piatto?”. Ci si aspettava altro, mentre la risposta è la celebrazione del valore dei sapori d’infanzia “Dei tortellini ovviamente! Anche se nemmeno una pizza mi dispiacerebbe. Quando in giro mangio male è mio solito rispondere che era meglio una pizza. Non guasta mai e quasi sempre è buona!”.
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