di Sara Marte
Concetti base per un approccio libero ai vini d’Israele! Già, perché quest’argomento può generare talvolta malintesi. In fondo però è sufficiente non mischiare le carte in tavola e sapere che:
Non tutti i vini in Israele sono Kosher cioè puri e certificati in base alle regole del Kashrut. I vini cattivi sono solo dei vini cattivi e non kosher com’è stato spesso dato per assunto e sussurrato in passato. Che, in generale in Israele oggi si fanno ottimi vini, siano essi kosher o meno, e ritenuti competitivi a livello internazionale; Robert Parker, ad esempio, ne è un estimatore. Con queste premesse siamo pronti per un po’ di storia, regole e regioni.
La storia
Anfore per la conservazione ed il trasporto del vino risalenti a 5 mila anni fa pongono la Terra Santa come uno dei luoghi dalla più antica tradizione vitivinicola. E’ unico scoprire già nella Bibbia una lista di suggerimenti necessari da compiere per mantenere una vigna: Meglio se il terreno è collinare; bisogna liberarlo dalle pietre, scegliere le viti giuste e costruirvi una vasca ed un torchio. Propositi davvero asciutti ma idee certamente chiare. Con il passare dei secoli la centralità del vino divenne ancor più rilevante ottenendo un significato religioso che aiutò il suo sviluppo. Massimo splendore fu nel periodo indicato tra il “Primo e il Secondo Tempio”. Questi punti di riferimento fondamentali per gli Ebrei rappresentano i secoli dal Regno di Salomone, il Primo Tempio è detto anche Tempio di Salomone, in Gerusalemme, fino al Secondo Tempio, momento storico che indica il rientro del popolo ebraico dall’esilio babilonese e quindi la ricostruzione del Tempio.
Molte le consapevolezze che ancora parlano del valore storico del vino nel corso dei secoli: coloro i quali producevano vino erano esenti dal servizio militare, l’arte figurativa spesso rappresentava viti, uva, otri e scene di bisboccia.
Durante il periodo Romano e Bizantino la Giudea e le città portuali di Ashkelon e Gaza divennero vitali centri per il vino. Questo splendore incontrò però il suo declino durante Il dominio Musulmano in Terra Santa poiché l’alcool fu bandito. Tra il XII e il XIII secolo, i crociati provarono a reimpiantare le viti ma fu più semplice importare vino dall’Europa, così ben poco fu fatto.
Per parlare di vino in Israele dobbiamo ora attendere fino al XIX secolo. Moses Montefiore, un noto filantropo ebreo, durante i suoi numerosi viaggi in Terra Santa provò ad incoraggiare la popolazione a dedicarsi all’agricoltura in generale ed anche alla vite giacché vedeva questo ritorno alla terra come un indirizzo positivo. Accolse il suo appello Rabbi Itzhak Shorr che nel 1848 fondò una cantina a Gerusalemme. L’iniziativa fu poi seguita e ampliata da Rabbi Abraham Teperberg nel 1870. Egli non solo fondò una nuova cantina ma decise di realizzare una scuola di agricoltura nei pressi di Giaffa. Furono i primi a piantare le varietà europee ed in particolar modo i vitigni internazionali oggi più diffusi. Da qui nacque un circolo virtuoso per la viticoltura: la maggior parte dei diplomati divennero, infatti, attivi viticoltori. Com’è più noto, un ruolo importante lo giocò Edmond de Rothschild, proprio il Barone proprietario dello Chateaux Lafite di Bordeaux. Fondò la storica cantina Carmel nel 1882 e finanziò iniziative vitivinicole in Terra Santa sperando che diventasse il cuore produttivo dei vini Kosher per gli ebrei di tutto il mondo. Non andò però tutto liscio: Un’ondata di caldo bruciò il primo raccolto e l’arrivo della fillossera non migliorò le cose. Intanto l’inquieto periodo storico non fu alleato mettendo limiti ai mercati principali nel corso degli anni come ad esempio La Russia con la rivoluzione Russa e più avanti il proibizionismo in America.
Negli anni successivi si vide la nascita di numerose aziende, ma non si può certo parlare di un’economia del vino florida: secondo alcuni dati del 1948 il consumo pro capite non raggiungeva i 4 litri e la funzione del vino rimaneva principalmente religiosa. Il vero bum e la crescita si devono a un noto professore di enologia della California University, Cornelius Ough, che ebbe semplicemente una buona e ragionevole idea. Giungendo in Terra Santa e guardandosi attorno indicò il territorio del Golan Hights per clima, altura e posizione il più vocato e da lì la rivoluzione. Siamo agli inizi degli anni 70. Qualche anno dopo furono piantate le prime viti e nel 1983 i primi vini della cantina “ Golan Heights” furono in commercio. Questa cantina viene, infatti, indicata come la forza trainante che spianò la strada alla moderna produzione vitivinicola. Così comincia la storia recente e in pieno fermento della viticoltura in Israele.
I territori.
Il mio sempre “Liberal-Mister-Haim” non ha mai avuto molta pazienza. In una degustazione squittivo fastidiosa con domande sul territorio “cosa dà al vino, cosa non da”. Lui si scoccia e con la solita grazia che gli permetteva di chiamarmi “principessa” marcando un’ironia che rendeva quel nomignolo scuro e pungente, mi stuzzica così: “Smettila e Bevi! Ancora non hai capito che il 70% del vino qui si fa in cantina ?” “Bene!” rispondo io “ Ho un posto da suggerire agli enologi con la firma anni 80 che ancora si aggirano, ormai rari, al mio paese!” Mi è sembrato abbia quasi sorriso, ma questo non posso assicurarlo.
La verità è che come tutti i luoghi in via di eno-sviluppo si trova un po’”della qualunque”. Posso affermare però, con cognizione di causa, che lavorano veloce e bene, che imparano in fretta e dai migliori (mica fessi!) e che hanno dei prodotti di altissima qualità. Non ci vorrà molto affinché abbiamo il loro posto nel mondo.
Parlando di Territori, passiamo dal mare alle montagne, con incursioni tra valli e deserto. Ecco dunque le principali zone di produzione:
Galilea: Decisamente tra le aree più vocate, se non la più indicata, ospita alcune delle cantine migliori di tutta Israele. Si trova nel nord della Nazione e accoglie proprio quelle Golan Heights identificate come così adatte. In effetti, qui c’è tutto ciò che rende un territorio favorevole, con buoni rilievi, escursioni termiche tra il giorno e la notte e terreni giustamente drenati. E’ comunque un territorio molto vasto e vario nel quale incontriamo alture dove la vite viene coltivata tra i 400 e i 1200 metri s.l.m., pur vantando picchi fino a oltre 2000 metri di altezza, colline ed il famoso lago di Tiberiade o più comunemente detto Mare della Galilea. Tra le sottozone troviamo: Alta e Bassa Galilea, Tabor e appunto Golan Heights.
Shomron (Samaria): Direttamente confinante con la Galilea, incontriamo questo territorio che ha caratteristiche molto più mitigate rispetto al nord del paese. Giova della frescura delle Carmenl Mountain e degli spunti del vicino Mar Mediterraneo. Le alture sono molto più morbide, con altezze massime di 800 metri s.l.m. Le estati sono dunque calde e gli inverni solitamente non troppo rigidi. Qui si sviluppa il vigneto più esteso tra le regioni vitivinicole ed ospita alcuni dei nomi più importanti della viticoltura Israeliana come Binyamina e il notissimo Margalit.
Shimshon (Samson): Ci troviamo in questa regione composta da una pianura costiera e dolci colline il tutto ben influenzato dal Mar Mediterraneo. Terreni principalmente argillosi, e la stagione estiva calda e umida associata ad inverni miti non regalano le migliori condizioni possibili. Qui si trovano Cantine importanti, che però, come comunemente avviene in Israele, prendono le uve da più territori. Succede sovente che, chiedendo dov’è la cantina, questo non corrisponda necessariamente al territorio di provenienza delle uve, o comunque che non sia l’unico territorio.
Jerusalem Mountains: Questa zona, situata attorno a Gerusalemme è stata, fino a una decina di anni fa, il territorio di maggior produzione per i vini dolci usati per celebrazioni religiose (ricordate? “A Gerusalemme si prega” e la vocazione vitivinicola è stata quindi fortemente influenzata.) Col passare del tempo ha avuto un enorme sviluppo grazie alle caratteristiche pedoclimatiche favorevoli. Buone altezze, escursioni termiche e terreni fertili. Si sviluppa qui anche la foresta più grande del paese, la Yatir Forest, che attribuisce il nome a una famosa cantina e che rappresenta un territorio nei pressi del quale la viticoltura, attorno ai 900 metri s.l.m., è particolarmente favorita. In questa regione oggi si è attuato un forte rinnovamento piantando varietà nobili che danno già ottimi risultati. Qui hanno sede rinomate cantine come Tzora, Clos de Gat e Castel (praticamente tra le mie preferite). (seguiranno degustazioni)
Negev: Avete capito proprio bene , Negev, come Deserto del Negev. Questo territorio, semi arido è stato una vera e propria conquista di volontà e tecnologia. Impianti sofisticati di irrigazione hanno reso coltivabile questa terra. Si divide in due sotto zone: Ramat Arad e Southern Negev. La prima è certamente quella su cui puntare. Vigne Situate a circa 550 metri s.l.m., ha condizioni climatiche favorevoli e regala oggi risultati soddisfacenti. Diverso è il discorso per Southern Negev, troppo calda e arida per esprimersi, attualmente, con prodotti di livello.
Le Regole del Kashrut del vino:
Le regole affinché un vino si possa definire kosher sono principalmente sette. Possiamo trovare vari livelli di “kosheritudine” che richiedono sempre più complesse certificazioni. Tra le cantine con il grado kosher più alto troviamo ad esempio proprio Carmel , aziendA tra le più grandi, diversificate e importanti d’Israele. Essere kosher è molto importante, mi spiegava un collega del vino: la maggior parte del commercio si sviluppa proprio attraverso il canale religioso e anche chi non è credente, vede nella produzione kosher un segno di qualità e garanzia, lo preferisce, lo sceglie e quindi lo compra.
Potrete costatare, leggendo le regole kosher, di seguito riportate fedelmente, che in fondo non hanno impatto sulla produzione di vino in sé e dunque si ritorna alla premessa iniziale: Un vino kosher può essere buono o non buono, ma non ha niente a che fare col fatto che sia o no kosher.
1) Secondo la pratica conosciuta come orla, l’uva non può essere utilizzata per la vinificazione prima che le piante non abbiamo “compiuto” i 4 anni di età.
2) Nessun frutto o vegetale può essere coltivato tra i filari di viti (kalai hakerem.)
3) Dal primo raccolto, i terreni devono risposare ogni sette anni. Ciascuno di quest’anno sabatico è consciuto come shnat shmita. (Qui torna dunque il” ruolo del sette” come il settimo giorno dello shabbat ad esempio. Tale regola è applicata anche ai lavoratori praticanti, i quali, dopo sette anni avranno un anno sabatico)
4) Fin dall’inizio del raccolto solo strumenti kosher e impianti di stoccaggio possono essere utilizzati nei processi di vinificazione e tutte le attrezzature di vinificazione devono essere pulite affinché si sia certi che non rimangano corpi estranei nelle attrezzature o nelle vasche.
5) Dal momento in cui le uve raggiungono la cantina,solo gli ebrei osservanti shabbat sono autorizzati a entrare in contatto con il vino. Dato che molti produttori del paese non sono osservanti shabbat, ciò significa che non sono autorizzati a gestire personalmente le apparecchiature o il vino. Sono quindi coadiuvati in molti dei loro compiti più tecnici da assistenti ortodossi e supervisori del kashrut ( mashgichim)
6) Tutto il materiale utilizzato nella produzione (es. lieviti) e chiarificazione dei vini deve essere certificato kosher.
7) Una parte del vino, che rappresenta l’offerta pagata al Tempio di Gerusalemme, deve essere versato via (truma vema’aser), lontano dalle botti o dalle vasche in cui il vino è stato fatto. Mi hanno detto che riguardo questa regola però, in accordo con le autorità rabbiniche oggi si svolge una cerimonia versando simbolicamente l’uno per cento del vino. Inoltre queste regole sono strettamente seguite ed applicate in terra d’Israele. Coloro i quali vogliono produrre vini kosher altrove devono seguire le regole 4 , 5 e 6.
Le informazioni da cui ho studiato vengono tutte da una lunga esperienza didattica con sommelier di Tel Aviv, il mio famoso MR Haim e il libro di testo che ha formato, indirizzato e istruito gran parte della scuola di degustatori d’Israele: Gli scritti di Daniel ROGOV.
E intanto scorrono via viaggi e discorsi, ché la gioia del vino alloggia oltre il bicchiere e attraversa culture e mondi, secoli ed esperienze, unendo ognuno nella curiositas di un’avventura in bottiglia.
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