Dal 2016 Ferrante Di Somma ha lanciato i suoi tre cru di Greco di Tufo, una piccola grande rivoluzione nel mondo vitivinicolo irpino dove, nonostante la vocazione del territorio, queste scelte si contano sulle dita delle mani.
Ed è facilmente intuibile il motivo: per avere per più anni un grande da una sola vigna vuol dire che le viti sono veramente allevate su un terreno unico e particolarmente vocato. Molto più facile selezionare le uve da più vigneti per lanciare etichette importanti. Lavorando poi sul monovarietale, questa scelta diventa ancora più estrema e difficile da portare avanti con conseguenza.
Per Cantine di Marzo, la cui storia risale al XVII secolo, si è trattato di una piccola rivoluzione. Da sempre intimamente legata al Greco, l’azienda si sviluppa all’inizio dell’800 contestualmente allo sfruttamento delle miniere di tufo, da cui il paese prende il nome e il vino l’odore. In questa area ristretta, fatta di colline avvolte dal freddo e dalla nebbia, un sali scende infinito di curve a gomito fra Avellino e Benevento lungo la valle del fiume Sabato, il Greco ha trovato la sua naturale vocazione nel territorio di otto comuni irpini (Tufo, Altavilla Irpina, Chianche, Montefusco, Prata di Principato Ultra, Petruro Irpino, Santa Paolina e Torrioni). Nel 1970 la doc, nel 1993 la docg che prevede un taglio del 15% di coda di volpe.
Insomma, un territorio già ben caratterizzato e ristretto, tanto che le dimensioni produttive non hanno mai superato i due milioni di bottiglie. Il Greco è però un vino di pregio, straordinariamente fresco ed efficace sul cibo, quasi un rosso travestito da bianco come rivela il suo mosto arancione scuro prima del filtraggio e che si esprime al massimo delle sue possibilità fra i tre i sette, anche otto anni.
Cantine di Marzo è sempre stato il portabandiera di questo vino, prima come Filippo Di Somma e adesso con il figlio Ferrante si è accentuato l’interesse verso la qualità assoluta dei prodotti producendo spumanti da Greco molto interessanti sino a questi tre cru registrati nel 2015 nell’ambito di un primo piano di zonazione scientifico portato avanti in collaborazione con Vincenzo Mercurio, non nuovo a queste cineserie produttive.
Siamo di fronte alla uscita dell’annata 2019 di tutti e tre, tutti con la dicitura di Greco di Tufo Riserva e l’esito è davvero molto interessante.
Vigna Ortale
Nasce nella frazione Santa Lucia: tre ettari fra i 420 e i 480 metri di altezza da vigne ancora giovani, non più di dieci anni, piantate su un terreo di zolfo, calcare e argilla. Non si tratta di un allevamento intensivo, siamo sulle 300mila piante per ettaro che danno una resa non superiore ai tre quintali.
Basta mettere il naso nel bicchiere per riconoscere subito il Greco di Tufo: note sulfuree, di cerino acceso, poi fumè e agrumate decisamente intense e persistenti, al palato la beva è segnata dalla freschezza incontenibile di un vino scalpitante, selvaggio, ancora da domare. Il sorso è lungo, infinito, termina con una nota amare ripulente.
Vigna Serrone
Siamo sempre nella frazione Santa Lucia, ad una quota leggermente più bassa, tra i 400 e i 450., la dimensione del vigneto raggiunge i cinque ettari, più o meno stessa resa. Ma la diversità fra i due vini è incredibile: nel primo il bicchiere va incontro al naso, nel secondo bisogna cercare i delicati sentori agrumati e il leggero ed elegante rimando fumè andando incontro al vino che al palato appare decisamente più equilibrato e pronto del primo. La beva è piacevole, ottima chiusura, finale senza scossoni che lascia pulito il palato. Il colore è invece leggermente più concentrato. Basta dunque spostarsi appena un po’ per avere risultati quasi opposti, anche se in questo caso gioca anche l’età delle piante, compresa fra i 20 e i 50 anni.
Vigna Laure
Qui siamo in un’altra frazione di Tufo, San Paolo, a quota 350 metri, vigne di vent’anni allevate sullo stesso tipo di suolo e con le stesse rese.
sul piano degustativo, questo cru si colloca esattamente in mezzo ai primi due per intensità dei profumi e verve di beva. Si sente il carattere del Greco irruente ma un po’ più addomesticato. Se nel primo prevale la potenza, negli altri due si delinea una linea di eleganza decisamente marcata e interessante, molto fine e moderna che però non rinuncia al carattere e alla sua efficacia di abbinamento.
Siamo appena alle prime battute di un lungo percorso che attende questi tre vini. Sarà interessante assaggiarli nel corso degli anni per registrare in qualche modo l’evoluzione di ciascuno. Il protocollo è decisamente semplice, la lavorazione avviene solo in acciaio per tutti e tre, con sosta prolungata sulle fecce nobili.
La strada intrapresa da Ferrante Di Somma è l’unica che può apprezzare le bottiglie di Greco il cui costo è sostanzialmente bloccato dalla crisi del 2008-2009. E’ il momento di dare reddito maggiore all’agricoltura alzando l’asticella e senza accontentarsi dei risultati sin qui raggiunti.
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