di Marco Milano
Due nuovi Presìdi Slow Food arrivano entrambi dalla Calabria. Infatti come comunicato dall’associazione della chiocciola a rispondere dei requisiti di comprovato legame con il territorio di riferimento e di una buona validità in campo ambientale e sociale sono adesso anche “i pruna di frati” di Terranova e le piparelle di Villa San Giovanni. Nel primo caso si tratta “di una varietà di susina selezionata cinque secoli fa dai monaci benedettini”, nel secondo di “un biscotto secco a base di mandorle e spezie”. I monaci in questione sono celestini del convento di Terranova Sappo Minulio, a quaranta chilometri dal capoluogo. “Furono loro – spiegano da Slow Food – nel ‘500, a selezionare questo ecotipo e a sviluppare la coltivazione del pruno: ancora oggi, tra i ruderi dell’edificio, qua e là spuntano alcune piante. Il prugno produce susine “molto nobili e delicate”, per citare le parole usate nel 1691 da padre Giovanni Fiore da Cropani nel volume intitolato Della Calabria illustrata: i frutti, verde-giallastri che virano verso il rosso-violetto a piena maturazione, hanno buccia sottile e forma allungata e sono coperti da un consistente strato di pruina che li protegge dagli agenti patogeni”.
I produttori che aderiscono al Presidio sono sei. “Sono molto dolci eppure non stucchevoli, con una bella acidità – ha spiegato ai canali Slow Food Francesco Saccà, referente Slow Food del Presidio – e la loro particolarità è la facilità con cui il seme si separa dalla polpa: basta un morso”.
I “pruna di frati” una volta raccolti si mantengono una settimana, altrimenti vengono fatti seccare e utilizzati principalmente come confettura per le tradizionali crostate. “La pianta – sottolinea nella nota Slow Food Daniele Molina, referente dei sei produttori – è rustica, ben adattata ai terreni argillosi e non richiede particolari trattamenti. I frutti maturano a fine luglio e la raccolta si concentra in quindici, venti giorni al massimo: Le piparelle di Villa San Giovanni, invece, entrano nella “famiglia” dei Presìdi Slow Food per difenderle dalle imitazioni. Una storia, che supera i suoi primi cento anni, che nasce dall’estro dei maestri pasticceri nel mettere insieme in un mix perfetto ingredienti semplici come le mandorle, lo zucchero, il miele e la farina di frumento ben amalgamati con cannella, chiodi di garofano e olio essenziale di arancio. “Le piparelle sono un prodotto tradizionale del nostro territorio – ha spiegato infatti Francesco Foti, referente Slow Food del Presidio. Oggi, pur di far colpo sugli acquirenti, si trovano varianti di ogni genere, piparelle aromatizzate in tutti i modi. Noi crediamo che vadano salvaguardate quelle tradizionali, prodotte con ingredienti locali: il miele reggino, la farina italiana, le mandorle, che arrivano dalla Sicilia o dalla Puglia.
Le piparelle calabresi sono omonime di quelle siciliane, precisamente messinesi, ma si distinguono da queste ultime perché quelle realizzate a Villa San Giovanni sono più abbondanti di mandorle nell’impasto e meno di spezie. “È un biscotto secco che si ottiene impastando le mandorle e le spezie con il miele, lo zucchero e l’olio essenziale di arancio, e aggiungendo solo in un secondo momento la farina – ha spiegato Massimo Arena, referente dei sei produttori che aderiscono al Presidio – Una volta ottenuti dei filoncini di circa cinquecento grammi, questi vengono infornati per trenta o quaranta minuti e, il giorno successivo, tagliati a mano in fette sottilissime, di non più di quattro millimetri, da infornare in teglia per ulteriori dodici ore a una temperatura di sessanta gradi. Un’asciugatura, più che una vera cottura”. La nascita di entrambi i Presìdi è stata possibile grazie al sostegno della Città metropolitana di Reggio Calabria.
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