di Andrea Guolo
Veni, vidi, vici. Guido Haverkock, lo chef tedesco che ha restituito dopo molti anni una stella Michelin al centro storico di Bologna, se ne va. Al suo posto, la direzione del ristorante I Portici ha scelto un altro stellato ma di tutt’altre origini: Agostino Iacobucci, che lo scorso febbraio aveva concluso la propria collaborazione con La Cantinella di Napoli. E c’è molta curiosità, sotto le Due Torri, per la “svolta” che promette in cucina questo nuovo ingresso.
La notizia, anticipata da un comunicato stampa della direzione del ristorante, doveva essere ufficializzata da Iacobucci questo fine settimana a Vico Equense, durante Festa Vico, dove il destino ha voluto fossero presenti entrambi gli chef. Poi, giovedì 7 giugno alle ore 12, ci sarà la presentazione dello chef alla stampa da parte del direttore de I Portici Hotel, Riccardo Bacchi Reggiani, e un primo assaggio dei piatti che Iacobucci proporrà alla clientela bolognese e non.
La separazione tra Haverkock e I Portici pare sia stata consensuale e non traumatica. Le ragioni che hanno portato lo chef ad abbandonare il ristorante di via Indipendenza sarebbero legate semplicemente alla volontà di fare nuove esperienze, condivisa peraltro dai gestori del locale che da alcuni mesi stavano sondando il mercato per individuare il successore in cucina. Nel comunicato si parla di “una ventata di novità dal sapore tipicamente mediterraneo”, e non poteva essere altrimenti, considerando il background di Iacobucci e la sua capacità di abbinare la tradizione della cucina partenopea con l’innovazione tecnica, partendo sempre e comunque da una grande materia prima, soprattutto ittica.
Sul futuro di Haverkock ancora non si sa nulla. È possibile che sia lo stesso chef, allievo di Heinz Beck, a comunicare qualche novità in questi giorni a Vico. Essendo legato all’Italia anche per motivi affettivi (è sposato con un’italiana), probabilmente continueremo a sentir parlare di lui nel circuito dell’alta ristorazione. A Bologna ha lasciato un ottimo ricordo e, ciò che conta, il risultato più prestigioso: l’aver riportato la stella in città.
Ed è abbastanza significativo, se non paradossale, che lo abbia fatto proprio uno chef tedesco! Ma il declino della ristorazione in quella che fu “La Grassa”, capitale della gastronomia nazionale, è un fatto ormai conclamato. Non che a Bologna manchino i buoni ristoranti, anche se il rapporto qualità/prezzo mediamente lascia a desiderare… Il punto debole del capoluogo emiliano è stato semmai l’incapacità di dare spazio a talenti creativi in grado di reinterpretare la storia della sua cucina, introducendo significative innovazioni tecniche e, perché no, sensoriali. È mancato, in altre parole, un fenomeno simile a Massimo Bottura, che l’eterna rivale Modena può invece sfoggiare. Del resto, la ricchezza della cucina bolognese è tale da indurre la maggior parte dei locali a proporre semplicemente la tradizione, che poi è ciò che il cliente chiede: dal cittadino (i bolognesi, si sa, a tavola non amano sperimentare) al forestiero. Purtroppo però, con rare eccezioni, le materie prime non sono più quelle di una volta, e il risultato inevitabilmente ne è stato condizionato.
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