Di Carmen Autuori
La valorizzazione e la tutela di un patrimonio d’inestimabile valore – non solo economico – quello dei piccoli pelagici, in particolare alici e sardine, parte ancora una volta da Cetara, la deliziosa cittadina della Costa d’Amalfi conosciuta in tutto il mondo per la pesca delle alici e la celebre colatura grazie ad amministratori illuminati che da un trentennio sono impegnati nella promozione di un prodotto unico nel suo genere.
L’iniziativa, promossa nell’ambito del programma nazionale del Piano di Gestione per la pesca piccoli pelagici in Campania e finanziato dal MASAF, Ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, ha visto la partecipazione di esperti del settore all’educational tour articolato in quattro tappe che partendo dalla costa sorrentina è giunto a quella cilentana, passando per il paese della colatura, Cetara.
Ogni tappa è stata caratterizzata dall’incontro con pescatori, trasformatori e chef che hanno mostrato, attraverso la preparazione di piatti della tradizione marinara più autentica, le enormi potenzialità del pesce azzurro che, a causa della pressione da parte della pesca professionale, dei predatori naturali come delfini, tonno rosso e pesce spada nonché normative comunitarie troppo restrittive, sta attraversando un momento di grande difficoltà.
La Penisola Sorrentina
A parlarcene per primo è stato Tonino Lauro, pescatore da generazioni a Marina di Cassano, piccolo villaggio simbolo della vocazione marittima e commerciale di Piano di Sorrento, come si evince dalle grotte tufacee che ne testimoniano il glorioso passato cantieristico.
<<Che il mare esiga rispetto è una verità indiscussa – spiega Tonino –, noi siamo pescatori da oltre un secolo, e lo sappiamo bene. Rivedo mio nonno, ma anche mio padre, restituire al mare gli esemplari più piccoli dei pesci finiti nelle reti, ma negli ultimi anni siamo stati costretti a differenziare la nostra attività perché siamo molto penalizzati dalle misure restrittive imposte dalla CE. Ad esempio, il divieto di pesca di palamite, tonno alletterato, sgombri che, da sempre, sono stati un importante fonte di guadagno per noi pescatori, restando in tema di pesce azzurro possiamo pescare solo il pesce stella. Non poche difficoltà incontriamo anche nella pesca delle alici che, sebbene abbondanti nel nostro mare, richiedono l’impiego di tanta manodopera, almeno 10 persone per imbarcazione, che oggi è sempre più difficile da reperire. Così, per arrotondare le entrate, nella bella stagione mi dedico alla pesca turismo rivolta a chi voglia vivere un’esperienza che parte dalla cattura del pescato che poi verrà cucinato e degustato a bordo>>.
Molto interessante la visita alla sua cianciola, la tipica imbarcazione dotata di rete a circuizione adatta in particolare per la pesca del pesce azzurro.
Una bella scoperta Da Bob Cook Fish, un’autentica trattoria di mare appena fuori all’isola pedonale di Sorrento, nata grazie alla felice intuizione di imprenditori del settore ed i proprietari di una storica pescheria sorrentina. Qui si mangia e si trasforma in sughi pronti e conserve esclusivamente il pesce pescato dalle barche di proprietà che non è stato venduto. Pesce azzurro a gogò, squisiti gli spaghetti con alici e crumble di pane al finocchietto profumato al limone e la frittura di paranza. Buona anche la selezione di panettoni con gli ingredienti tipici della Terra delle Sirene, dalle noci, agli agrumi alla mela annurca. Un riuscitissimo progetto di economia circolare dal mare alla tavola: Da Bob non esiste lo storytelling.
Seconda tappa a Vico Equense, sulla spiaggia di Seiano. Qui anche la cooperativa di pescatori Nuova San Francesco di Paola formata da otto membri con relative imbarcazioni, fondata nel 2013 da Marcello Staiano, dal 2018 ha dovuto reinventarsi creando un’attività di ristorazione Cuoppo e non solo, nei depositi da pesca realizzati sul molo del porto, dove vengono preparati piatti di mare con il pesce in esubero per sopperire alle difficoltà del settore, illustrateci dallo stesso Staiano.
<<Ormai solo con la pesca non si può vivere – spiega rammaricato -. Un po’ per i danni apportati al nostro mare dalla pesca selvaggia, un po’ perché non siamo tutelati dalle nostre stesse associazioni di categoria. Non si capisce il perché di certi divieti assurdi che riguardano proprio il pesce azzurro di cui il nostro mare è particolarmente ricco. Siamo diventati dei sorvegliati speciali, oltre alla Blue Box di cui è dotata ogni nostra imbarcazione si sta pensando all’obbligo di dotare le stesse anche di telecamere>>.
E a tema pesce azzurro è stato lo show cooking dello chef stellato Peppe Guida, da sempre convinto fautore delle straordinarie proprietà di questa tipologia. Un fantastico e corroborante brodo di pesce preparato con gli scarti del tonno alletterato, del pesce stella e di altro pesce azzurro, servito con la pasta formato stelline, il pesce stella scottato in padella, le alici marinati con il broccolo barese saltato in padella sono solo alcuni esempi degli impieghi di un pescato, buono, sostenibile ed economico.
<<I filetti di pesce stella, preparati con la giusta attenzione, sono tra i cibi più adatti per i bambini per il loro contenuto di omega3 – spiega lo chef -, ma non solo. Si prestano alla preparazione dei ripieni, ma anche ad essere servito come una cotoletta. È una carne elegantissima e dal gusto particolarmente delicato ma che richiede una grande attenzione ai tempi di cottura, ancora più degli altri pesci, basta un minuto in più per rovinare tutto>>.
Cetara
Terza tappa nel magnifico borgo di Cetara, lì dove è iniziato il vero percorso di valorizzazione della pesca delle alici grazie ad un prodotto, la colatura, l’antico garum, primo condimento della storia ottenuto da due ingredienti, sale e pesce: una sorta di umami ante litteram, di cui dal Medioevo si era persa traccia. Solo a Cetara era rimasto l’uso di questo condimento, prodotto dalle famiglie di pescatori ed usato nel periodo delle festività natalizie. Ancora oggi, per tradizione la prima colatura viene utilizzata alla vigilia dell’Immacolata per condire gli spaghetti e dare inizio al periodo detto di scammaro che si protrarrà fino alla Vigilia di Natale.
Il percorso di valorizzazione della colatura è iniziato nel 1993 quando la pro loco decise di accendere i riflettori su un prodotto esclusivo del borgo marinaro. Da lì una strada tutta in ascesa fino ad arrivare al 2020 l’anno in cui il liquido ambrato che parla di tradizioni, di ritualità ancestrali, di cultura marinara ha ottenuto la Dop. E questo grazie a Secondo Squizzato, presidente dell’associazione Amici delle Alici ed ex sindaco di Cetara, e a tanti che come lui hanno creduto nel loro territorio ed al valore intrinseco di questo prodotto d’eccellenza.
<<La produzione della Colatura di alici di Cetara Dop è molto limitata, per il disciplinare molto stringente che prevede, tra l’altro, un periodo di maturazione di almeno due anni, al momento un solo produttore può fregiarsi del marchio- spiega Secondo Squizzato -. La materia prima di partenza è costituita dalle alici o acciughe pescate esclusivamente nel Golfo di Salerno nel periodo primaverile, da fine marzo a inizio luglio. Due antichi detti popolari cetaresi definiscono questo periodo, il migliore per avviare il processo di salagione delle alici. Il primo è ‘Nnunziata, ‘a pampena ‘e fico e alice salata: cioè dopo l’inizio della primavera, il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, all’albero di fico spuntano le prime foglie mentre le alici raggiungono la dimensione e la maturazione giusta per finire sotto sale. Il secondo detto è ‘A Maddalena, a’ menaide, ‘o maiazzeno: con la ricorrenza di Santa Maria Maddalena, il 22 luglio, termina il periodo per pescare le alici, è tempo di riporre gli strumenti di pesca (la menaide, un vecchio attrezzo per la pesca delle acciughe, ora scarsamente utilizzato) nel maiazzeno, un locale a pianoterra, una sorta di cantina fresca e ventilata>>.
Il processo di salagione ci è stato illustrato, praticamente, dal produttore Giulio Giordano che ha disposto gli strati di alici decapitate a strati (solai) nel terzigno, un contenitore in legno di castagno, con il sale di Trapani, chiuso da un coperchio di legno (tompagno), sormontato da pietre di mare a fare da peso.
Interessante anche il momento degustazione che ha posto a confronto varie colature di alici provenienti da luoghi diversi – esiste anche una colatura giapponese – secondo parametri ben definiti: analisi visiva, olfattiva, gustativa e post deglutizione.
Il sindaco, Fortunato Della Monica, ha illustrato alcune delle iniziative messe in campo per promuovere la pesca sostenibile e al contempo rilanciare la pesca tradizionale che a Cetara, ma anche in tutta la Campania, è soprattutto un valore culturale.
Sosta al ristorante Acqua Pazza, di Gennaro Marciante, per la degustazione delle alici di Cetara e della colatura: dagli spaghetti, alle alici marinate, ai paccheri con pomodorini ed alici fresche, alla scarola saltata in padella con olive, pinoli, uvetta e colatura.
Cilento
Se si vuole parlare di pesca sostenibile, vera, bisogna partire dalle coste cilentane dove viene utilizzata, come gli antichi coloni greci, la menaide o menaica, un particolare tipo di rete a maglia piccola che cattura solo le alici più grandi, quelle che si sono già riprodotte, che restano impigliate con la testa e, dunque decapitate già in mare. La pesca avviene da aprile a fine luglio, al tramonto e con il mare calmo. I pescatori stendono la rete lunga circa 600 metri sbarrando il passaggio dei pesci, la rete viene tirata a mano e le alici lavorate nel giro di poche ore.
Fiore all’occhiello della produzione della trasformazione delle alici è l’azienda Alici di Menaica – Donatella Marino -, a San Marco di Castellabate. Donatella si occupa della lavorazione mentre il marito Vittorio, della pesca e dell’approvvigionamento della materia prima.
<<Le alici di menaica si differenziano dalle altre oltre che per le dimensioni più grosse, soprattutto per il gusto – ci spiega Donatella, napoletana di nascita e cilentana d’adozione-. L’assenza totale del sangue, dovuta ad una prima pulizia che avviene già in mare, previene l’ossidazione che si avrebbe a contatto con il sale, assicurando un prodotto con una carne chiara, dal profumo intenso ma delicato e soprattutto la totale assenza di un retrogusto amaro. Inoltre, le nostre alici conservano fino a 13 mesi dalla salagione tutte le qualità nutrizionali che risultano al momento della pesca>>.
Oltre alle celeberrime alici sotto sale, l’azienda produce anche tonno sott’olio, sia rosso che alletterato, la buzzonaglia di tonno, alici sott’olio, sughi pronti, tra cui l’olivata, un’antica salsa cilentana realizzata con patè di olive, alici, capperi ottima per il condimento della pasta ma anche da spalmare su fette di pane casereccio leggermente tostato e la preziosa triglia di Licosa conservata sott’olio.
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