di Gaspare Pellecchia
L’azienda ha finalmente acquistato (dopo una lunga chiacchierata con uno dei massimi esperti mondiali di viticoltura, giunto in terra irpina per visionare questo piccolo campicello direttamente dalla Francia) i primi 2 ettari: sono di terreno vivo e inerbito, piante centenarie di Aglianico allevate a raggiera tipica avellinese, a quattro bracci incrociati ed archetto finale (una specie di Guyot alto). Di questo ne parleremo in futuro.
Cantina Giardino rispetta le regole, ma rifiuta tutto ciò che ha o che è potere: targhette, fascette, denominazioni, consulenze, concimi, diserbanti, macchinari strani, certificazioni, lieviti, burocrazia e protocolli.
La produzione dei bianchi è splendida: Coda di Volpe (bianca e rossa), Fiano e Greco, tutti vinificati naturalmente, selvaggiamente, senza lieviti, chiarifiche, filtrazioni. Quattro giorni di macerazione con le bucce, dopo la pigiatura (senza diraspatura), lunga fermentazione in tini di rovere, con fecce grosse, oltre un anno di maturazione a legno (tonneaux di castagno e acacia, oppure castagno e gelso, qualcosa di enologicamente quasi pazzesco, capiamoci), poi almeno un anno di bottiglia. Credo siamo al cospetto di alcune tra le migliori e più buone espressioni mai prodotte su queste uve (parlo qui segnatamente del Greco vendemmia 2009, ad es.).
Incredibile la semplicità della vinificazione del rosato (700 bottiglie prodotte annualmente): il puro succo di frutta è inscatolato in un pezzo di legno-stop. Seduttivo il ClownOenologique, un progetto sugli anforati in pieno svolgimento. Anche di questo, ne riparliamo a breve.
Paski 2009 (da uve Coda di Volpe, bacca bianca), naso intenso ricco miele millefiori, minerale, fiorali a morire, naso pronto soffice, erotico. Bocca fresca sapida, intensissima, burrosa, malolattica suadentemente svolta, sa di un corpo che è disponibile già ed è inutile conquistarlo.
Gaia 2009 (Fiano): meno pronto del 2008, eh che bella scoperta, vigneti vecchi donano grande terrosità, impianto olfattivo sontuoso. Si sente tostatura del legno. Erbe aromatiche, vecchi barattoli di farmacia o di erboristeria, fate un po’ voi. Tostato. Bocca aspra appena, l’intensità non s’è formata ancora, ma deve essere atteso. Ci fa l’occhiolino e chiede di giocare tra le lenzuola. Ma può intendersi in una fase criptica?
T’ara ra’ 2009 (TRE CHIOCCIOLE). Non vale: dentro c’è un filtro d’amore. Il Greco (uve splendide, provenienti da un clos prossimo a quello di Carlo Centrella, affacciato sul Sabato. La vigna da cui proviene questo vino fu registrata all’ufficio di Avellino con la cartella n°1-Greco di Tufo doc, anno 1977) come non l’avete mai provato è buonissimo. Colore dorato magnifico. Fiorali finissimi e tostato. Speziato. Speziato. Speziato: dalla vaniglia al curry, il naso ve lo troverete impolverato di aromi esotici. Grande bocca, grande estratto naturale, come succo di frutta filtrato e disseccato.Lievi note ossidative cercate, volute, pensate, calcolate, previste, persuasive. Un tuffo più profondo.
Le Fole 2009. Aglianico puro fermentato e affinato in legno vecchio. Frutta rossa a morire, intensa; bocca ancòra legante, ma fresca, tesa, quasi pronta. Aglianico didattico, da manuale.
Volpe rosa 2010 (in realtà a bacca rossa), un rosato di breve macerazione, due giorni. (Tre-Mesi-Di-Fecce)+(Otto-Mesi-Di-Legno)=>cerasuolo stupendo, naso di bianco, fiori, bel bouquet primaverile, fine e semplicemente perfetto. Molto bevibile, troppo ;-). Salato, Morbido, Ricco, anche fresco volendo. Uva Introvabile. Stavolta è bello parlare di soldi: costa 15 euro.
Drogone 2007. Ci vuole il porto d’armi per gestire l’esplosione di fruttato: un’eccezione che conferma la regola, la 2007 ha dato quest’uva che nella bottiglia è rimasta uva. Intensissimo. In bocca è lungo e fresco. In evoluzione. Eccezionale anche se già esterificato (molecole di media grandezza).
Nude 2006. Capiremo questo vino quando sapremo capirlo. Molto ossidato. In evoluzione ascendente, intimo, criptico, chiuso e ossidato insieme, scarico e quindi fine. Pare come mettere insieme parte alta e parte bassa di un pezzo da 500 litri, insomma.
Anforato di Aglianico, 2008. Uà che bel colore. Naso compresso, vibrante. Prevalgono note verdi, note di fieno marcio, di feccia grossa: il naso prende a schiaffi, la bocca fa la carezza. Resta un senso di appagamento mai provato. Grandissima bevibilità (più della Volpe Rosa). Tostati e affumicati in retrolfatto.
Greco 2010 (il T’ara ra’ che verrà. Da barrique): un bimbo ancora in fasce che tira calci e pugni. Un vino casino. Vive la fase di guerra: introvoliato delle sue feccine; sbattuto da un estratto, da un’acidità, dall’alcol e soprattutto dalla sua massa zuccherina ancòra fermentante. Abboccato. Sfida vinta già. Il Greco è la cosa più difficile. Si calma. Il bicchiere brilla di oro scuro. Ambra chiara. In bocca ti stringe la gengiva, segno di un corredo tannico da rosso. Zam Zam! E’ il Greco.
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