di Annamaria Punzo
La partenza per Venezia è parte di una iconografia personalissima. Corto Maltese, le calle, i canali e i sospiri mi inseguono un po’ ovunque e non solo all’idea del passaggio sull’omonimo ponte. Tra una calle e l’altra vado alla ricerca di ristoro e di un riparo dalla pioggia incessante; trovandomi a piazza San Marco con la laguna e i suoi scorci mediorientali ripenso a Tinto Brass quando definiva Venezia come “un’alcova naturale” e mi perdo nei profumi dei tanti bar delle strade e nel buio delle vetrine ormai spente.
La partenza in solitaria, infatti, emancipa il pensiero dell’eros di questi spazi, che nelle piccole botteghe esplicitano pensieri e distacchi, anche lì tra i bacari tra un sorso e l’altro, dove si lasciano compiere la fantasia della dimenticanza e la potenza dell’attesa, velocissime azioni nell’andirivieni di turisti e amatori dell’ultimo minuto, di amici, di amanti, di coppie.
Con questo spirito decido quindi di passare i due giorni successivi alla scoperta di bacari e specialità. Il primo appuntamento con un baccalà mantecato non è però degno di nota: ricordo con dispiacere la faccia della proprietaria del locale che preoccupata, vedendomi non finire il piatto alle undici di sera passate, mi domandò se qualcosa non fosse stato di mio gradimento o se non stessi bene. Mi sono data una seconda occasione convinta che l’avrei invece apprezzato, e così è stato.
Prima di immergerci nel cuore della visita, è giusto dire che da buona appassionata di dolci e bevande calde, non sono venuta meno al rituale della colazione. Ho preferito farla in due orari diversi da Florian, bar storico di Venezia proprio a piazza San Marco. I prezzi apparentemente proibitivi meritano la spesa se si vuole intendere questo spazio sotto una triplice valenza.
La prima, quella della gentilezza. Da Florian non c’è un tempo di massima per restare seduti a godersi un caffè e una piccola torta di mele. Puoi comodamente fermarti a leggere o anche solo a prendere un po’ di calore dopo aver accusato la sorpresa dell’umidità, nessuno ti tratterà con poco garbo. La seconda, la possibilità di una scelta dolce e salata. La terza, la bontà di quello che propongono e di come lo propongono, con il conseguente benessere spirituale e materiale che ne deriva.
La tortina in pasta frolla, crema pasticcera e mele, pur non essendo servita calda ma a temperatura da banco, rilascia dopo poco tutto il piacere della mela in un contrasto con la pasta davvero interessante (avrei gradito però assaggiarla leggermente più calda, se non altro a temperatura ambiente). L’abbinamento al caffè non è scontato, decido di prenderlo doppio accompagnato da una spremuta.
Colgo l’occasione per andare poi a fare due passi, entrando in un supermercato, un vizietto fisso è quello di spiare i prodotti tra le corsie. Prendo un po’ di cioccolata e un pezzo di formaggio. Mi ritiro a casa ancora una volta sotto la pioggia, attendendo finalmente il pomeriggio. Comincio così il tour del bacaro più vicino alla mia posizione. Poco distante da piazza San Marco, il Bacaro Risorto è la scelta che mi conquista subito. Ne ho visti diversi, la tentazione dello Spritz non mi ha sfiorata, il suono ammaliante delle sirene non ha sortito effetto, ma è onesto scrivere che ogni strada offre un punto per sedersi e bere qualcosa, che si ami lo spritz o si desideri un’ombra, un bicchiere di vino da banco.
Osservo i calici che ruotano freneticamente, le risate e anche i giochi di sguardi, divertendomi non poco. Venezia in fondo è così, attraversata dalla fluviale presenza dei turisti che sembrano animarla ad ogni ora del giorno e della notte, ma per questo anche molto nascosta e silente. La fila è notevole e per ingannare il tempo spio in lontananza la vetrina di cicchetti. Arrivato il mio turno non so proprio da dove cominciare. L’essenza dei cicchetti veneziani sta tutta negli accostamenti golosi: il vino non è accompagnato, bensì un compagno di questi piccoli piaceri su pane o fritti.
Decido di provarli tutti. In due momenti diversi però, una volta a ora di pranzo, e un’altra dopo cena. Il senso dei bacari è quello di offrire un cibo veloce, l’idea di fermarsi troppo a degustare e mangiare non è che sia proibita…ma in alcuni posti provano a farti capire con gentilezza che è meglio velocizzarsi, in altri ti portano lo scontrino e semplicemente vai via. Così tra uno scatto rubato e l’altro, i ragazzi del Bacaro Risorto mi chiedono da dove io provenga e cosa faccia nella vita, il tempo di distrarsi abbastanza da trovarmi nel piatto un primo giro di crostini, panini e non solo. Ho scelto di tornare sul baccalà in due versioni, mantecato e con cipolle (che passione!), e ancora di assaggiare un crostino di sarde in saor e un piccolo panino al salame. Morbide e decise le polpette di baccalà mantecato si accostano benissimo alla mozzarella in carrozza con alici e al bicchiere di vino rosso che decido di bere. Si paga al calice, le bottiglie che scelgo sono come sempre sulla strada naturale: due calici di Ammonite Rosso di Monte Brècale che accondiscende benissimo ai crostini proposti dai ragazzi (Maurizio in particolare che ricordo con piacere) e un calice di Un Litro di Ampeleia, un vino brioso che facilmente si tende a finire.
Altro giro altro bacaro, e così nel pomeriggio decido di spostarmi in tutt’altro punto rispetto quello di Castello, dove si trova il Bacaro Risorto. Nella vastità di guide e di suggerimenti che ho trovato online su Venezia, mi sarei potuta perdere. Io una guida però l’avevo con me, cartacea, ed era quella di “Corto Sconto, la guida di Corto Maltese alla Venezia nascosta” di Hugo Pratt, Guido Fuga e Lele Vianello. Da lì avevo preso qualche spunto e c’è da dire che il bar Puppa era clamorosamente pieno e che la “Ca’ d’oro alla Vedova”, l’osteria che desideravo provare, era chiusa per ferie. Smarrita con la mia guida tra le mani, mi sono diretta verso altre strategie.
Così ho individuato due elementi a rincuorare le mie scelte, il primo quello del vino naturale, il secondo quello della possibilità di arrivare nei vari punti anche a piedi e senza troppa fatica. Al vino naturale lascio sempre che si affianchi un discorso gastronomico di ricerca e attenzione.
E dunque spinta dalla curiosità, dalla sete e dalla fame, decido di dirigermi da Vino Vero, nella zona di Cannaregio. Il locale è pieno, soprattutto fuori. La vetrata a vista sul canale permette di scorgervi le luci e le ombre di chi entra ed esce, è ormai sera inoltrata e posto all’interno non ne vedo. Chiedo informazioni e con tutta la disponibilità di questi ragazzi (Stella e Ronny), che quasi sembra ballino dietro il bancone una danza dedicata al vino e al cibo, si riesce a trovare un angolino per me.
Quando mi domandano cosa voglia bere e mangiare, lascio che siano loro a tentarmi. Vado quindi d’elenco con le specialità forti, non temendo il giudizio dei lettori sul mio appetito: crostino con baccalà mantecato, hummus di ceci piovra e pomodorini confit, crostino con crema di cavolfiore fermentato e pancetta al miele, crostino con sedano rapa alla senape e lingua in salsa agrodolce, crostino con cavolo romano con erborinato di capra e nocciole e infine crostino con ricotta di pecora sbrise al curry e fave di cacao. Novantadue minuti di applausi a Lorenzo e Boris, chef in cucina.
Assaggio un calice di Clar, un bianco biodinamico spagnolo, dal tocco determinato, che fa sentire tutta la sua presenza affianco ai crostini, ma senza stancare, e più di calice di un macerato dell’Azienda Agricola Lot, situata tra Veneto e Friuli Venezia- Giulia, davvero consolatorio affiancato alla lingua.
La giornata volge al termine e mi riprometto di non esagerare allo stesso modo l’indomani. Ma una promessa a noi stessi talvolta lascia il tempo che trova, e così la domenica salto giù dal letto nell’ultimo giorno di permanenza veneziana decidendo di dedicarmi al passeggio. Quello che serve per percorrere a piedi tutta Venezia da parte a parte e recarmi a fare colazione alla pasticceria Tonolo. Ciò che trovo al mio arrivo è delizioso. Non solo la cortesia del personale, che mi offre un caffè doppio in una finissima porcellana assieme ad un piccolo bignè alla crema pasticcera, ma anche la carineria delle signore anziane che al bancone si affiancano con delicatezza per comprare i biscotti, quelli da portare a casa e offrire. O forse da mangiare con un tè, come avrei fatto anche io di rientro dal freddo penetrante veneziano.
Decido di non pranzare e continuare i miei giri a piedi passando così quasi tutta la giornata fuori. La pioggia è cessata, San Marco l’ho visitata in tutta la sua meraviglia, al tramonto, e posso permettermi il lusso di fermarmi un’ultima volta da Florian. Per i saluti istituzionali scelgo di assaggiare una selezione di proposte, un vero e proprio menu degustazione. Non è casuale che abbia scelto di fermarmi gran parte del tempo in questa saletta, che adesso mi porge anche la vista sulla piazza e l’andirivieni delle persone.
Il mio vicino studia una schedina per le prossime partite, il dirimpettaio scopre grazie a me come funzionano le registrazioni vocali sul cellulare. La musica è perfetta, il vassoio d’argento presenta una serie di sandwich alle uova, al salmone e al salame, con bignè salati da farcire con una delle mie marmellate preferite, quella ai mirtilli. Ci sono anche il burro e alcuni macarons, il tutto abbinato ad un calice di franciacorta e una cioccolata calda con panna.
Venezia è un’esperienza che merita di essere vissuta in tempi diversi, lenti e forse anche pigri. Alimentarsi bene non sempre è possibile in maniera veloce, scappando su e giù per le calle. Io ci sono riuscita, con la promessa di tornare con più calma…nella città dei sospiri, delle ombre e delle notti, che sembrano non passare mai.
Bacaro risorto – Campo S. Provolo, 4700, 30122 Venezia VE
Vino Vero – Fondamenta Misericordia, 2497, 30100 Venezia VE
Pasticceria Tonolo – Calle S. Pantalon, 3764, 30123 Venezia VE
Caffè Florian – P.za San Marco, 57, 30124 Venezia VE
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