di Marina Alaimo
La Campania in questo momento storico proietta al di là dei confini regionali un’immagine negativa a causa dell’eterno problema dello smaltimento dei rifiuti, punto indiscutibile di grande vergogna, ed alla piaga della criminalità organizzata che sempre più ci stringe in una morsa che soffoca ed oscura quanto c’è comunque di positivo tra gli abitanti di questa terra. L’immagine della Campania viene spesso associata automaticamente alla spazzatura ed alla camorra, si fa un gran parlar male di questa regione con particolare accanimento verso la città di Napoli le cui sorti sembrano assomigliare a quelle di una bellissima meretrice della quale tutti vogliono godere avidamente, depauperandola con spietato egoismo.
Eppure quando si viene in visita da queste parti, si rimane comunque sempre colpiti ed affascinati da quanto Napoli e la Campania siano in grado di offrire in termini di bellezze paesaggistiche, arte, cultura, storia e, entrando nel merito del nostro settore, enogastronomia.
La cosa che però mi ferisce maggiormente non è tanto il parere di coloro che giudicano dal di fuori, ma la costante sfiducia che ormai aleggia tra quelli che vivono entro i confini della regione. Noto con amarezza l’incapacità di molti nello sperare che le cose possano migliorare. Smettere di sognare e di credere in un futuro migliore è disastroso, è come avviarsi ad una lenta agonia. Bisogna avere anche il coraggio di immaginare i propri sogni, e forse è proprio questo fattore che è sempre più assente nelle giovani generazioni.
Io tendo a concentrarmi sulle cose positive ed a trarne forza, pertanto la mia attenzione è fortemente accesa sul mondo che ruota intorno al vino ed ai vigneti, luoghi straordinari, fonti di grande energia positiva. Ritengo che la Campania sia attualmente in grado di dire la sua in questo settore, c’è grande movimento ed attenzione verso una produzione di alta qualità, dotata di forte identità territoriale.
E proprio andando per vigne e bottiglie varie sono incappata nella conoscenza di un giovane enologo irpino, Luigi Sarno, che , a differenza dei tanti giovani spenti ed omologati che si incontrano in giro, inseguendo i propri sogni con caparbia fermezza è riuscito a realizzare in tempi non lunghissimi una produzione di alto pregio.
Per essere più precisa, ho notato prima i vini, il Greco di Tufo Cantine dell’Angelo ed il Fiano di Avellino Particella 928 di Cantina del Barone, poi in un secondo momento ho realizzato che fossero entrambi frutto della stessa mano. Luigi è laureato in enologia e viene dalla scuola del professor Luigi Moio, ma credo fermamente che sia naturalmente dotato di un certo talento, vista la giovane età.
Sono entrambi vini ben fatti, ben pensati, capaci di carpire saldamente l’attenzione del degustatore, e sicuramente questo non è un risultato casuale o ottenuto in maniera spontanea, ma frutto di un attento lavoro rafforzato dal naturale talento.
Ho pertanto scelto entrambi i vini per accompagnare i piatti della mia tavola per la cena della Vigilia di Natale: insalata di mare, lasagnetta di mozzarella e gamberi, spaghettoro Verrigni con frutti di mare e gamberi, capitone alla brace, trancio di ricciola appena scottato, insalata di rinforzo e dolci della tradizione.
Berrò bene, anzi benissimo, a poco prezzo.
Cantine dell’Angelo è una piccola azienda con 5 ettari di vigneto in zona Campanaro tra i 300 e 350 metri s.l.m. I terreni sono di natura argilloso – calcarea, caratterizzati da una certa presenza di zolfo che fuoriesce dalle vecchie miniere poste nel sottosuolo. Il proprietario è Angelo Muto che è riuscito ad instaurare un lavoro di forte sinergia e sintonia con l’enologo Luigi Sarno, ed i risultati nel bicchiere sono evidenti. Il greco di Tufo 2009 è un vino di grande eleganza espressa sia al naso che al palato. E’ intenso all’olfatto con profumi agrumati, spiccata mineralità, te verde; in bocca conferma l’eleganza, è sottile ed in continuo crescendo sui toni nervosi della sapidità e acidità.
L’altro vino è il fiano di Cantina Barone, il cru Particella 929, il nome di un piccolo appezzamento integrato all’azienda in un secondo momento. Luigi è proprietario di questa azienda che ha sede a Cesinali, in contrada Noccioleto a 350 metri s.l.m. Gli ettari coltivati sono 3, 1 è allevato ad aglianico e 2 a fiano. Ho scelto l’annata 2008, ritengo che questo vino diventi interessante dopo almeno un anno di sosta in bottiglia. Ha un colore giallo paglierino brillante, è ampio al naso, decisa la mineralìtà, ma anche le note erbacee, nitida la nocciola, poi la mela verde e le note fumè. L’ingresso in bocca è ricco, ma non stanca, il suo dinamismo giocato su buona freschezza e sapidità invogliano a sorseggiare di continuo.
Dai un'occhiata anche a:
- Diego Vitagliano,da studente svogliato a numero uno
- Nanni Arbellini e Pizzium, quando i sogni americani si realizzano anche in Italia
- Francesco Martucci anno sesto del suo regno, ma 30 di dura gavetta
- Addio a Gianfranco Sorrentino, un mito della ristorazione in America
- La seconda giovinezza di Peppe Guida: senza radici non c’è cucina italiana
- Addio a Giovanni Struzziero, il viticoltore silenzioso
- L’uomo cucina, la donna nutre – 15 Laila Gramaglia, la lady di ferro del ristorante President a Pompei
- Anna Francese Gass: prodotti e semplicità sono la forza della cucina italiana