di Vittorio Guerrazzi
Reduce dagli assaggi fatti a Campania Stories, in una settimana che doveva essere il preludio della primavera ed invece ci ha rifilato una pungente scodata di inverno, mi si impone una riflessione a bocce ferme: nello specifico la mia attenzione va all’assaggio dei Greco, non avendo potuto prendere parte a quella dei Fiano, e volendomi riservare le riflessioni sul panorama rossista ad un’altra occasione.
Innanzitutto è necessario spendere due parola per l’eccellente lavoro fatto dalla Miriade & Partners, ovvero Diana Cataldo (fresca neomamma con il piccolo Jacopo al seguito) e Massimo Iannaccone, che insieme al loro team hanno condotto in porto una settimana densissima; confesso che quando il progetto Campania Stories ha raccolto l’eredità di Anteprima Taurasi e Bianchirpinia, ampliando poi il discorso all’intero territorio campano, avevo i miei dubbi che da soli riuscissero ad abbracciare tale titanico progetto.
Mai dubbi furono più malriposti: le oltre 80 aziende campane hanno costituito uno spaccato significativo dell’intero panorama regionale, sia orizzontale che verticale.
Un plauso da spellarsi le mani a chi, privatamente e con tanta energia ed abnegazione, contribuisce a sostiene e portare avanti una intera filiera, che meriterebbe ben altre attenzioni ai piani alti.
Si presentava l’annata 2013, pur non mancando qualche prematuro 2014, e alcuni campioni del 2012, o perché tardivi, o magari da prendere come riferimento.
Ricorderemo la 2013 per una produzione media significativamente più alta delle annate precedenti (circa +10%), dovuta ad un inizio estate piuttosto fresco ed abbondantemente piovoso, con una seconda metà dell’estate non particolarmente calda e con scarso stress idrico: è lecito quindi aspettarsi vini più esili ed una maggiore diluizione, dovuta ad entrambi i fattori.
Ed i Greco effettivamente non hanno contraddetto le premesse dell’annata: cromaticamente piuttosto scarichi (ma questa ultimamente e sfortunatamente non è proprio una novità, anche in annate sicuramente più generose come la 2012) hanno offerto profili organolettici incentrati sull’intera gamma dell’agrumato, dal limone all’arancia rossa, dal lime al cedro, dal pompelmo al kumquat.
Sotto certi aspetti confesso di aver preferito questa impostazione, per quanto esile ed acerba, a quella prepotentemente, a tratti quasi arrogantemente minerale emersa dagli assaggi della 2012: ricordo quasi un voler forzare la mano verso una presunzione di eleganza che mal veste il Greco, soprattutto quando troppo giovane.
Profili tufacei a tratti un po’ rustici e contadini (piuttosto che nobili nuances gessose ed idrocarburiche) più si addicono ad un vitigno che non solo suscita simpatia, ma spunta riscontri di vendita più significativi rispetto al nobile e raffinato cugino irpino.
Non sono mancati campioni che si muovevano su registri quasi alsaziani, e li aspetterò molto volentieri alla prova degli anni, quando sgrossati della compressione acido/salina, sgranata la rudezza agrumata, si offriranno come quadri ipressionisti.
Gli assaggi più interessanti hanno richiamato bene o male i soliti noti, ma non sono mancate alcune piacevoli sorprese: tra queste, le più significative sono state le 2 proposte di Cantine Di Marzo, con il Linea Stemma un passo avanti al Franciscus. Per entrambi un gustoso incipit tufaceo vira su toni balsamici ed aerei nel prima caso, più fruttato e generoso nel secondo. La chiusura agrumata su chiaroscuri sapidi premia la lunghezza del Linea Stemma.
Sontuose come sempre le etichette di Cantine dell’Angelo, con il Torrefavale appena una spanna sotto alla prima etichetta. Bucciosi, balsamici ed officinali, rigorosi in bocca, severi nei rimandi quasi brassicoli di biscotto di grano e fieno. Continui i rimandi a piccoli frutti rossi acerbi che rende la beva quasi carnosa.
Nel Torrefavale le impressioni rosse vanno più sull’arancia e si stemperano nella frutta gialla.
Sempre di encomiabile eleganza il Vigna Cicogna di Gabriella Ferrara, in continua tensione tra il minerale e l’agrumato; al palato l’ingresso e rotondo, cesellato, progressivo e mai cedevole, di estrema bevibilità.
Olfattivamente in punta di piedi, il Greco di Sabino Loffredo va cercato con calma, e solo col tempo e qualche grado di temperatura si rilassa su toni iodati e gessosi, balsamici e di frutta secca.
Il palato è una travolgente progressione salino agrumata che prende possesso del centro bocca fino in fondo alla gola rendendo impossibile smettere di berlo.
Una proposta decisamente spiazzante e fuori dai canoni quella del Raone di Torricino che esplode al naso su note di ananas al maraschino e buccia di arancia candita. Il palato è coerente per opulenza, con ritorni agrumati e di frutta esotica spesi su un tappeto minerale di pregevole fattura.
Confesso il mio disarmato debole per le interpretazioni del Greco di Raffaele Troisi e il suo Fuori Limite Le Vecchie Vigne è stato un vero fulmine di guerra: non esplosivo al naso ma assolutamente stratificato, sfaccettato, gessoso, alsaziano, buccioso ed aereo. Il sottile equilibrio su cui gioca il palato, costantemente tenuto in tensione da acidità, sapidità e pseudotannicità innesca una spirale gustativa che non sembra aver fine. Da lunghissimo affinamento.
Più rotonda ma sempre convincente la prospettiva offerta dal Contrada Marotta di Villa Raiano: un quadro olfattivo quasi nostalgico di pesca t ed albicocca, con rimandi minerali e vegetali.
All’attacco glicerico fa da contraltare una rimonta di freschezza più rigorosa ed affilata, che chiude sull’arancia sanguinella.
Si sono messi in luce nelle batterie anche il Greco di Petilia (minerale e già più pronto), quello di Antico Castello (brassicolo ed austero), il Greco di Cantina dei Monaci (delicato e vibrante) e quello dei Fratelli Urciuolo (esotico e coerente).
Complessivamente parliamo di una annata di buon livello, dal potenziale evolutivo da esplorare e con alcune punte di eccellenza che ritroveremo su livelli altissimi nei prossimi anni.
La straordinaria versatilità del Greco, la possibilità di spenderlo a tavola su una incredibile varietà di piatti lo rendono il compagno ideale a tavola: me le sue eccellenti interpretazioni sono capaci di colpirti allo stomaco più di quando un Fiano sia capace di rubarti il cuore.
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