di Marina Betto
Isola nell’isola Pantelleria è un territorio prezioso e variegato di origine vulcanica che ha da sempre esposto l’uomo e la natura a condizioni estreme, per la costante presenza del vento, le temperature torride e la scarsa piovosità. Gli uomini che nei millenni sono sopraggiunti su quest’isola al centro del Mediterraneo nel Canale di Sicilia, Sesi, Fenici, Cartaginesi, Romani, Bizantini e Arabi, Spagnoli hanno tutti voltato le spalle al mare, lasciando che le alte scogliere facessero loro da scudo e sono diventati agricoltori, sviluppando tecniche agronomiche particolari ed uniche per preservare le coltivazioni e consentire la loro stessa sopravvivenza. E’ il caso della vite ad alberello che dal 2014 è patrimonio immateriale dell’Umanità per l’Unesco, viene coltivata in conche profonde 20 cm scavate nella terra dove trova riparo dai venti, trova nutrimento nella rugiada e nella scarsa pioggia che viene raccolta e convogliata verso le radici. Per preservare un solo albero di arancio è nato il Giardino Pantesco, un muro di pietre alto e circolare che tiene l’agrume al fresco e lo ripara dal sole mentre per coltivare l’ulivo lo si mantiene il più possibile basso e attaccato quasi al suolo e i capperi che trovano alloggio in piccole conche scavate a terra.
Certamente a Pantelleria siamo di fronte ad una viticoltura eroica che ha bisogno di maestranze capaci e specializzate che al momento scarseggiano e di cui i produttori sentono la mancanza che negli anni a venire potrebbe compromettere la produzione. Le uve qui assumono delle connotazioni uniche grazie agli sbalzi termici tra il giorno e la notte, grazie al suolo e la magnifica luce che pervade ogni cosa. La vite la cui presenza sull’isola è millenaria fu introdotta dagli Arabi ma non per produrre vino ma per l’appassimento e come uva da tavola. Oggi quasi tutta l’uva prodotta sui 400 ha di superficie vitataviene vinificata, circa 17 mila quintali una produzione contenuta che nasce da proprietà molto frammentate che si trovano da un capo all’altro dell’isola. Il Consorzio Volontario per la tutela e valorizzazione dei vini DOC di Pantelleria costituitosi nel 1997 grazie alle aziende più rappresentative fa tutela e promozione, facendo rispettare il disciplinare e controllando e tracciando la corrispondenza di quello che viene messo in etichetta. I 410 viticoltori panteschi coltivano quasi esclusivamente Zibibbo, uva aromatica per eccellenza per dar vita al Moscato e al Passito e a vini fermi e spumanti. Il Moscato e il Passito differiscono sostanzialmente nell’introduzione dell’uva passita nel mosto di fermentazione che nel Moscato non avviene lasciando in questo caso appassire l’uva sulla pianta.
Lo zibibbo e i vigneti di Pantelleria patrimonio Unesco
Bere un sorso di Passito è come assaporare un concentrato della stessa isola, si sente il vento che sferza la roccia in inverno come d’estate, si sente il mare e la salsedine che si incolla alle foglie delle piante e ai suoi frutti, si sente il sole implacabile che concentra gli umori, i succhi del frutto e li contrae, si percepisce il fresco della sera, lo sbalzo termico che distende la polpa e la rinvigorisce di nuovo. Il Moscato e il Passito si bevono solitamente con il dolce, con la pasticceria secca di mandorla, con la macedonia di frutta, con i cannoli, con il dolce tipico dell’isola che è il Bacio Pantesco ma questi vini si accompagnano bene anche ai formaggi soprattutto erborinati e ultimamente qualcuno azzarda di servirli come aperitivo.
Dei 22 produttori dei vini Pantelleria Doc con cantine sull’isola non si può non citare Abraxas di Prosit la cantina più grande dell’isola con 34 ettari di proprietà che ricadono nel parco Nazionale di Pantelleria che si fregia di una produzione di 400.000 bottiglie tra passiti, vini bianchi, rosati e rossi.
I rossi nell’isola dello Zibibbo sono una vera chicca da uve Nero d’Avola e Alicante, nascono dal forte spirito di innovazione che caratterizza questa azienda che produce anche olio e capperi, operando scelte autenticamente ecologiche che sono radicate sull’isola e mirano alla salvaguardia e alla valorizzazione della terra e delle risorse umane, all’autosufficienza energetica.
Fabrizio Basile e il suo particolare Shamira 2017 dal colore ambrato e note olfattive ampie di incenso e arancia candita, chinotto, albicocca, rabarbaro, erbe amare e digestive e grande equilibrio gustativo. Salvatore Murana e il Mueggen 2014 dal colore fulvo e sentori di cioccolato al latte, uvetta, fichi secchi e cotogne, complesso in bocca e di grande freschezza.
Un vino che si può facilmente identificare con il suo produttore, un uomo Salvatore che discende da sei generazioni di produttori panteschi, che conosce ogni specificità dell’isola, che sa accogliere nella sua casa offrendoti con grande garbo e savoir
faire il meglio di ogni cosa che nasce a Pantelleria.
Bukkhuram 2014 di Marco De Bartoli, un nome che ha fatto la storia del Passito di Pantelleria. Qui nei primi anni “80 proprio in contrada Bukkuram venne trasformato un dammuso del Settecento con 5 ha di vigneto in una cantina per produrre passito proprio come vuole la ricetta tradizionale. L’uva raccolta a metà agosto si destina all’appassimento che dura circa tre settimane in appositi stenditoi in pietra lavica; la restante uva rimane in maturazione in pianta fino a settembre per la produzione del vino che poi verrà messo a macerare con l’uva passa per tre mesi. Il vino saràimbottigliato dopo un invecchiamento di 30 mesi in fusti di rovere.
Donnafugata e l’irrinunciabile Ben Ryé Passito di Pantelleria Doc che è suggerito di assaporarlo sotto le stelle nella stessa Tenuta in contrada Khamma prospicente il mare, per cogliere quel dialogo tra natura e agricoltura, tra i muretti a secco e le piante mediterranee che qui crescono come il lentisco, le euphorbie, il profumatissimo caprifoglio, il tè siciliano, le ginestre, l’elicriso e il cisto, un cammino naturale tutto da scoprire che diviene esperienziale con un calice di Passito in mano.Pellegrino e il suo Nes nominato quest’anno miglior vino dolce da Bibenda, un vino che ricorda al naso l’uva sultanina, i canditi, lo zucchero caramellato, il chinotto e i datteri e la macchia mediterranea da provare certamente con i formaggi.
La famiglia Pellegrino ha sempre gestito personalmente le attività in vigna e in cantina e ancora oggi, alla settima generazione, è coinvolta nella gestione aziendale.
Pantelleria occupa per questa azienda un posto del cuore ed ha appena inaugurato sull’isola la sede tutta rinnovata. Sull’isola c’è anche il Vivaio Governativo F. Paulsenimportante per i viticoltori non solo per gli ibridi portainnesti di Zibibbo ma soprattutto oggi per promuovere innovazione, attrezzato con una cantina di micro vinificazione svolge attività di ausilio per i viticoltori, ha avviato recentemente un progetto per ottenere uno spumante metodo classico, segno che l’intraprendenza pantesca non si è ancora esaurita e continua a sobbollire.
vinidoc@consorziopantelleria.it
www.consorziodipantelleria.it
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