Luciano Pignataro Wine & Food Blog

I Dazi americani sul vino. Parla Daniela Mastroberardino, Presidente Nazionale Donne del Vino

Pubblicato in: Breaking News
Daniela Mastroberardino

di Giulia Cannada Bartoli

Lo scenario

Trump ha detto agli americani che quest’operazione segna l’inizio di una nuova indipendenza economica degli Stati Uniti, non ha però considerato il pericolo molto reale di una spinta inflattiva interna e una possibile recessione, dovute all’aumento dei prezzi. Esiste un rischio mondiale d’inflazione, recessione e perdita del potere d’acquisto delle famiglie, le cui conseguenze potrebbero essere altrettanto pericolose per il settore quanto i dazi del 20%. Ormai viviamo una società globale e gli stati, proprio perché inseriti in un contesto di questo tipo, dipendono anche dall’import: nessun paese, neppure gli Stati Uniti, può pensare di essere del tutto indipendente dagli altri. L’autarchia non può più esistere, è un concetto fuori dalla storia post seconda guerra mondiale.

Il comparto degli alcolici tra Stati Uniti e Italia sostiene circa due milioni di posti di lavoro, è il dato di Federvini. Tra il 2018 e il 2021, con l’introduzione dei dazi sugli spirits verso l’Ue, le esportazioni di liquori italiani hanno subito un calo del 41%. Questo scenario potrebbe ripetersi. Il settore vale oltre 2 miliardi in esportazioni verso gli Usa. Solo in Italia, il comparto impiega circa 450.000 lavoratori, senza contare l’indotto legato al vino e al confezionamento. L’impatto economico è significativo, anche per il tempismo dell’introduzione dei dazi, che capita durante il cambio di annata, quando gli importatori fanno abitualmente scorte di magazzino.

In America la produzione interna, circa 23,6 milioni di ettolitri, non basta a coprire il fabbisogno che è di 34 milioni di ettolitri. L’Italia esporta negli Stati Uniti circa 3,6 milioni di ettolitri, il 24 per cento delle importazioni di vino nel paese, per un giro di affari di circa 1,94 miliardi di euro. Il costo maggiore dei dazi graverà sulle fasce medie della popolazione. La maggior parte del vino italiano, circa 350 milioni di bottiglie delle 480 milioni totali, si posizionano su un range di prezzo medio basso, tra 10 e 13 dollari. Il vino italiano non è in conflitto con quello americano che si attesta su una fascia di prezzo più bassa, o, nella maggior parte dei casi, sulla fascia Premium. I dazi creano certo un danno alle cantine italiane (a rischio 323 milioni di euro di ricavi l’anno), ma, anche agli operatori americani, ovvero, importatori, distributori, retailers e ristoratori, dal momento che il vino italiano non è facilmente sostituibile nella percezione dei consumatori americani, è qualcosa che piace, un paese cui, anche per ragioni di storica immigrazione, sono affezionati.

Il vino italiano è sempre stato considerato dai produttori americani come un alleato, un prodotto che ha permesso, negli ultimi decenni, di aumentare i consumi e quindi far crescere il mercato interno che, agli inizi degli anni ‘90 era un quarto di quello attuale.

S’impone la necessità, a parere delle maggiori associazioni di categoria, di fare un patto tra le imprese italiane e gli alleati commerciali d’oltreoceano, che più di queste ultime, traggono profitto dai vini importati. Bisogna condividere l’onere dell’extra-costo per evitare di riversarlo sui consumatori.

Tocca, in primis, alle istituzioni politiche e alla diplomazia europea e italiana, studiare adeguate contromisure a supporto della filiera che necessita di urgenti ed efficaci misure a difesa della loro competitività.

In ogni caso, è difficile, a oggi, valutare gli effetti reali di una misura dalla portata globale, che spaventa i mercati, come dimostrano i segni in profondo rosso di tutte le principali borse mondiali e la risposta della Cina ai dazi di Trump.

 

Immagine generata da chat gpt J

In questo scenario, ho intervistato Daniela Mastroberardino, Presidente nazionale dell’Associazione Donne del Vino e titolare dell’azienda di famiglia, Terredora di Paolo, in Campania. La Mastroberardino ha una lunga esperienza di export verso il mercato americano.

A pochi giorni dal Vinitaly 2025, è piombata l’annunciata tegola dei dazi americani sul vino italiano e non solo…

“Occorre destinare maggiori risorse per la promozione, se davvero si vogliono aiutare le aziende ad acquisire nuovi mercati. Andrà fatto, inoltre, un grande lavoro di sburocratizzazione nelle procedure per l’accesso ai bandi. All’Europa vanno chieste misure per la promozione più snelle e, in generale, risposte più efficaci rispetto al passato, perché quelle attuali risultano un pò timide, rispetto all’urgenza di aggredire nuovi mercati.

Le barriere tariffarie, la storia lo insegna, non fanno bene a nessuno, anzi, sono un freno allo sviluppo globale. Ci sono fior fior di studi che parlano degli effetti inflattivi e poi recessivi che potrebbero ingenerarsi anche sull’economia americana per effetto dei dazi. Speriamo che si apra una nuova fase e che la concretezza di economie interconnesse torni a essere centrale per chi ha responsabilità istituzionali.

A oggi, noi aziende dobbiamo fare i conti con la necessità di guardare a nuovi mercati, in altre parole, non solo, fronteggiare cali di vendite, ma, soprattutto, reperire nuove risorse per investire su mercati dove la cultura del vino è, spesso, ai primi passi. Grande, deve essere la consapevolezza che queste nuove rotte del commercio da aprire, implicano un percorso che non produrrà risultati importanti immediati. Nel breve termine, non saremo in grado di compensare i deficit commerciali aprendo a mercati sostitutivi.

Anche la politica ci dice di guardare a nuovi mercati… ma ciò non può prescindere dal predisporre un’architettura di sistema per sostenere grandi aziende e non solo, in ogni caso, supportare tutte le aziende vocate all’export.

Vinitaly 2025

“Il trade americano sarà presente in buon numero con una delegazione di 3.000 operatori e 120 top, selezionati da Veronafiere e Ice e provenienti da Texas, Midwest, California, Florida e New York. Sarà un Vinitaly importante, perché arriva dopo settimane di incertezze che ci hanno fatto navigare a vista. Ora siamo consapevoli di dover uscire dalla burrasca e manteniamo saldo il timone, fatto della consapevolezza della nostra storia e di quanto il vino sia emblema di territori unici. Non possiamo che essere positivi, poiché lavoriamo a stretto contatto con la natura, che si rigenera a prescindere”.

Quali pensa saranno le ricadute in termini commerciali e d’immagine per il vino italiano?

“Credo sia urgente che Europa e Italia intervengano a difendere con forza il sistema delle Indicazioni Geografiche nelle sedi internazionali, a sostegno di un comparto economico strategico. E’ a rischio un modello di sviluppo che, negli ultimi anni, ha permesso di rilanciare economie locali fragili attraverso la valorizzazione dei prodotti Dop e Igp (il 93% dei prodotti a denominazione in Italia è dislocato in piccoli centri, borghi e aree interne).

Si tratta di un sistema di valore non de localizzabile, strettamente legato all’origine e alla cultura dei territori. Le barriere tariffarie, tuttavia, rappresentano un ostacolo significativo a questo percorso. Limitano l’accesso ai mercati globali, penalizzano le produzioni di qualità legate all’origine e favoriscono prodotti standardizzati o di imitazione realizzati in loco (Italian Sounding). Il danno si estende anche sul piano dei diritti: i dazi violano il principio della tutela della proprietà intellettuale, riconosciuta a livello internazionale alle Indicazioni Geografiche, ostacolando il pieno esercizio di questo diritto da parte dei produttori legittimi. La protezione delle Ig deve essere garantita attraverso un commercio equo e privo di ostacoli ingiustificati, nel rispetto degli accordi internazionali-“.

Le conseguenze più immediate per le aziende campane e del sud…

“Guardando al Sud, l’agroalimentare è tra le voci principali dell’export. Il vino in particolare vede le sue aziende insediate anche in tante aree interne e quelle agricole sono pure presidio di territorio, contribuendo anche al mantenimento degli stessi, e sappiamo bene quanto ciò sia sempre più vitale per gli effetti del cambiamento climatico. Il peso di questo pesante regime tariffario si farà sentire ancora di più nelle aree interne del sud dell’Italia, che pur avendo una forte vocazione agricola, sono oggetto di forte spopolamento dovuto a una situazione di economia depressa già esistente, causata dall’emigrazione ancora in corso. Questa è l’ennesima brusca frenata imposta a dei territori che avrebbero invece bisogno di maggiori occasioni di sviluppo. Il turismo non è certo la prima vocazione delle aree interne, di conseguenza, se dovesse fermarsi l’agricoltura e le aziende legate a questo comparto, il sud si troverebbe in grave difficoltà.

Dunque, tornando agli effetti commerciali ingenerati dall’introduzione dei dazi, in quello che rimane il primo mercato fuori da i nostri confini, spero non rafforzi pure la tendenza a un certo spopolamento delle zone più remote, già registrato dagli ultimi dati ISTAT.”

Quale vantaggio competitivo potrebbe guadagnare l’Italia rispetto ai concorrenti europei e al vino ?

“In un contesto europeo sempre più competitivo e segnato da forti spinte inflattive, l’Italia può e deve puntare su vantaggi competitivi reali, non solo narrativi. Lo storytelling è importante, ma non può sostituire il valore percepito e concreto del prodotto. Ed è qui che l’Italia ha carte straordinarie da giocare: una biodiversità viticola unica al mondo, un legame profondo tra vino e territorio, e la capacità di offrire qualità sostenibile e accessibile”.

Quali strategie si potrebbero mettere in atto per ridurre i danni?

“Un piano istituzionale strategico di ricerca di nuovi mercati s’impone e non può essere lo stesso per grandi, medie e piccole aziende che sono la maggioranza. Rispetto alla contingenza specifica, è necessario sedersi intorno a un tavolo con i nostri interlocutori commerciali americani e capire quali strategie mettere in atto per evitare lo spostamento del pricing verso l’alto. Ciò si traduce sicuramente in un calo dei ricavi, che è tuttavia necessario per non vanificare il lavoro di decenni che le aziende hanno fatto sul mercato americano.

L’innovazione è decisiva per affrontare i tempi presenti e tutte le sfide che ci pongono, e non parlo solo di quelle imposte dai dazi americani, le ultime a complicare la vita di una filiera, quella del vino, già alle prese con la necessità di tratteggiare una nuova fase di sviluppo. Tra queste sfide l’aumento della produttività, l’utilizzo sostenibile di risorse, il contrasto ai cambiamenti climatici che tanto hanno segnato, per motivi opposti, le ultime due vendemmie. Parimenti importante è stare sul pezzo nel fronteggiare le sfide del mercato, superando in primis l’immagine del vino fatto, come qualcuno dice, per enofighetti e cominciando a coinvolgere nuovi consumatori, giovani in particolare. Solo così riporteremo il vino a essere un prodotto per tutti. È per questo che saper innovare è anche far propri nuovi codici di comunicazione. Noi, Donne del Vino, siamo scese in campo, anzi, per far mio il titolo di un giornale di molti anni fa, le Donne del Vino sono scese in Arena. A Vinitaly, infatti, l’Associazione Nazionale Le Donne del Vino ha organizzato la degustazione: Wine Tricks, quando la mente degusta prima di te. Martedì 8 aprile – h.11.30 – Palaexpo, Sala Argento, piano -1

Il lato nascosto della degustazione in un’esperienza unica che unisce neuroscienze, percezione sensoriale, cervello e scelte di consumo. L’evento sarà guidato da Vincenzo Russo, Professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing Libera Università di Lingue e Comunicazione UILM di Milano”.

Quale ruolo potrebbero rivestire i Consorzi di Tutela per supportare le aziende?

“Più che mai penso che serva la capacità di mettere insieme storie differenti e farne ricchezza per tutti. I consorzi, così come le regioni, sono importanti e, visione e inclusività sono determinanti per il successo, con la consapevolezza, più che mai salda, che sono, però, le aziende ad andare sui mercati. Il vino italiano si è già trovato di fronte a grandi momenti di crisi, forse questo è uno scenario un po’ più complesso, poiché non riguarda solo noi. Sono convinta tuttavia, che la strada del dialogo e della trattativa sia quella che premia. Noi aziende dobbiamo rimanere unite e possibilmente esprimere posizioni univoche.”


Dai un'occhiata anche a:

Exit mobile version