Sulle colline di Napoli. E’ anche e soprattutto qui il futuro della viticoltura flegrea, nel passato distratto che ha sacrificato all’altare della politica della speculazione edilizia ettari ed ettari di vigna che dominavano la città a 360°. L’hanno capito, meglio tardi che mai, anche in regione, avallando progetti di ricerca e selezione clonale su falanghina e piedirosso di questo pezzo di terra; ci credono, ancor più, piccoli e grandi viticoltori-produttori che qui vanno investendo sul futuro piantando vigna anziché colare, ancora, cemento. Forza ragazzi!
Falanghina dei Campi Flegrei 2010 Colle Spadaro. Passi per Pianura e pare di stare in Trentino, o nella Cote du Rhone; più semplicemente sei arrivato sulla collina degli Spadari.
Una falanghina proprio deliziosa quella di Luca e sua figlia Maria Vivenzio, vestita col suo colore più classico, giallo paglierino con chiare nuances verdoline, cristallino e pieno di fascino; il primo naso non è ampissimo, è però efficace e di sostanza; vi si riconoscono, nitidi, sentori di fiori bianchi e di frutta a polpa bianca, mela verde e pera, poi uno sbuffo che tende all’agrumato. Palato asciutto, freschissimo e di ottima sapidità, forgiato da quella mineralità classica e ad ogni assaggio nuova che caratterizza quasi tutti i vini flegrei. Il classico bianco da spendere all’aperitivo o magari durante quelle cenette informali, tra amici, quando il vino pare non bastare mai.
Falanghina dei Campi Flegrei Colle Imperatrice 2010 Sempre da queste parti, ai Camaldoli, l’amico Gerardo Vernazzaro ha avviato da tempo un lungo lavoro di recupero della vigna in uno dei posti più suggestivi di questo pezzo di Napoli; sono circa tre ettari, piantati perlopiù a per ‘e palummo dove però anche la falanghina ha il suo piccolo fazzoletto di terra dedicata. Il Colle Imperatrice invece sta nel cuore del cratere dell’oasi del parco degli Astroni, è un po’ anche nel mio; da qui il nome per un vino dalla pulizia olfattiva magistrale: le note sulfuree, in certi casi caratteristiche di alcune interpretazioni, talvolta stancanti, qui hanno lasciato il passo ad un esercizio di stile che offre un vino franco, invitante, vivace e sbarazzino quanto basta a conquistare d’impeto il secondo e il terzo sorso. L’idea non è quella di creare un secondo vino monstre – ruolo che in azienda si preferisce destinare allo Strione (il 2008 lo preferisco a tutti gli altri precedenti, l’ho già detto?) -, ma piuttosto un vino base che sappia essere al contempo la massima espressione della denominazione ad un prezzo decisamente alla portata di tutti. Aspettando il Campi Flegrei bianco, bevetene e godetene tutti!
A Quarto. L’areale è senza dubbio il meno vocato della denominazione, il clima torrido e al contempo bizzoso di certe estati poi fa letteralmente impazzire i vignaioli di tutta la piana; chi – pochi per la verità -, ha vigne anche poco più “alte” e fa tanta selezione in campagna, con buona qualità in cantina riesce a portare a casa il risultato; buoni frutti da tenere senz’altro in considerazione, per vini di beva efficace e gratificante, a prezzi naturalmente più che ragionevoli.
Falanghina dei Campi Flegrei 2010 Quartum Cantine Di Criscio La giovane azienda quartese capitanata dall’altrettanto giovane Francesca Adelaide ha dalla sua una forte e motivata dinamicità. Nel bicchiere di falanghina la luce che attraversa il vino evidenzia subito l’espressione più docile del varietale, tipica, si potrebbe dire, delle uve coltivate nelle campagne quartesi: il colore è di un paglierino tenue, di discreta vivacità; il primo naso è lieve, vinoso, con leggero e gradevole aroma erbaceo che accompagna il sorso; che è fresco, subito franco, leggero. Da aperitivo.
Falanghina dei Campi Flegrei 2010 Carputo Spesso ci si dimentica quale sia il ruolo principale del vino, almeno per quanto riguarda il nostro modo di vivere l’argomento a tavola, e cioè funzionale a tutto un pasto completo e non ad una singola portata: l’abbinamento cibo-vino infatti è una voluttà, pur nobile, che poco appartiene alla nostra cultura enogastronomica, che vuole invece, spesso addirittura lo impone, vini leggeri e poco impegnativi che vadano ad accompagnare i piatti, più che a sostenerli. Così quando si hanno tra le mani bottiglie come questa falanghina di don Franco, vivace, fresca, sapida, non si va certo alla ricerca dell’opulenza o della grassezza ma, piuttosto, della semplicità prima di tutto, quella bevibilità, cauta e gratificante, primaria espressione della cultura enoica flegrea.
A Bacoli e Monte di Procida. Terrazze e costoni scoscesi con vista mare, la vigna patrimonio di un paesaggio di bellezza unica che lentamente ritorna alla natura. Qui nascono vini con caratteristiche olfattive decisamente interessanti, con notevole impronta sapida e capaci, tra l’altro, di attraversare il tempo, pure tre/quattr’anni, con discreta disinvoltura, in lento divenire.
Falanghina dei Campi Flegrei 2010 Cantine del Mare Un bianco, questo di Gennaro Schiano, essenziale ed immediato, annata dopo annata sempre coerente e lieve, minerale, franco, proprio come penso debba essere una falanghina della nostra terra, in particolar modo a Monte di Procida; la marcia in più qui è la sapidità, quella gradevole sensazione di compiuta serbevolezza che solo certi bianchi sanno offrire, e la “nostra” in questo caso ne è regina; un bianco, fine ed elegante, che solletica il palato ma non affonda le unghie, che infonde calore ma non appesantisce il palato. Si dice, talvolta, da non perdere!
Falanghina dei Campi Flegrei 2010 Michele Farro Ho scritto di questo vino giusto qualche settimana fa: “l’aspettavo l’uscita dell’annata 2010 della falanghina di Michele, capace come pochi altri di proporre vini sempre pulitissimi, franchi, sinceri”. Ed è così. Nasce da vigne allocate perlopiù nel circondario della collina di Cigliano, nel comune di Pozzuoli, Cuma verso Bacoli e piccole parcelle terrazzate in località Monte di Procida. Michele conosce molto bene la vigna flegrea, rimane infatti uno dei produttori più “navigati” del circondario. Il vino, questo vino, è senza lacci e senza ammiccamenti, offre un colore paglierino piuttosto vivo e un naso immediato, sottile, sfuggente ma invitante: note di fiori bianchi, sentori erbacei e qualche buono spunto esotico; in bocca è asciutto, lievemente citrino inizialmente, ma sa come rinsavire il palato sino a conquistarlo con una decisa e lunga sapidità. Insalata di sconcigli.
Campania bianco passito Passio 2007 La Sibilla Chiudiamo con un po’ di dolcezza: è il vino di Tina Somma Di Meo, croce e delizia di Vincenzino e di Luigi, che ne avrebbero, pare, fatto ampiamente a meno; ma alla fine l’ha spuntata lei, la mamma-donnaincarriera-vignaiola-fatina dei Campi Flegrei. Il vino ha un bellissimo colore oro antico, cristallino, con buona consistenza nel bicchiere. Il primo naso è particolarmente intenso ed avvincente, su note olfattive di fieno, albicocca secca e miele d’acacia, continua poi su sensazioni eteree, quasi smaltate, caratteristiche proprio della lunga elevazione del vino in legno e bottiglia. Il sorso è dolce, avvolgente, ricco e di notevole persistenza gustativa, chiude con un buon apporto di acidità che ben equilibra l’alto contenuto zuccherino.
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