di Antonella Amodio
Ne ha fatta di strada la DOCG Taurasi compiendo 30 anni dall’approvazione della denominazione origine controllata e garantita, avvenuta nel 1993 con un decreto ministeriale e che per diversi anni è stata l’unica del Sud Italia. Un compleanno importante per questo rosso campano da uve aglianico dalle qualità indiscusse, che si celebra con diversi appuntamenti, come la Masterclass condotta dal giornalista e scrittore Luciano Pignataro nel corso del Vinitaly 2023, nel padiglione Campania area istituzionale, con la partecipazione di Nicola Caputo, Assessore all’Agricoltura Regione Campania, di Tommaso Luongo, Presidente Ais Campania e con la presenza di Antonio Tranfaglia, Sindaco di Taurasi.
Il Taurasi, pilastro di eccellenze enologiche, con orgoglio rappresenta il primo vino meridionale che ha posto sul collo della bottiglia la fascetta ministeriale. Ottenuto con l’antica uva aglianico – forse di origine greca – abbraccia 17 comuni per la produzione, dove il perfetto equilibrio tra il clima, il vitigno e il territorio, caratterizzano le uve per ampiezza aromatica, guadagnando complessità nel tempo, visto la lunga propensione all’invecchiamento.
Il vino prende il nome dal piccolo borgo di Taurasi ( che trae origine dalla storica e antica Taurasia, distrutta dai romani nel 268 a.c. ), in provincia di Avellino, dalle antiche e storiche tradizioni vitivinicole. L’annata 1928 rappresenta la vendemmia dell’acclamazione di Taurasi, in quanto tutta l’Europa è sconvolta dalla fillossera che distrugge i vigneti dei distretti del nord Italia e della Francia, mentre in Irpinia, a Taurasi, non arriva ( si presenta negli anni 50, dove solo alcuni vigneti si salvano grazie ai terreni distribuiti a macchia di leopardo di origine vulcanica composti da sabbia, che impedisce la proliferazione), dando modo con la “ferrovia del vino” di mandare interi vagoni di aglianico per rinsanguare le zone vinicole della Toscana, del Piemonte e di Bordeaux. Nel dopoguerra l’aglianico sarà impiantato su piede franco nelle aree toccate dalla fillossera.
Il resto è storia.
Un vino di struttura il Taurasi DOCG, scontroso in gioventù e austero in maturità che regala grandi emozioni con il passare del tempo. Ottenuto con un minimo di 85% di uve aglianico, da disciplinare di produzione viene sottoposto per almeno tre anni all’invecchiamento, di cui almeno dodici mesi in botti di legno, mentre per la riserva salgono a quattro anni, di cui diciotto mesi in botti di legno.
Struttura, complessità ed eleganza, le parole chiavi che sono emerse durante la degustazione dei Taurasi delle cantine Terredora, Feudi di San Gregorio, Salvatore Molettieri e Cantine Antonio Caggiano, con tratti distintivi ben precisi che vanno dallo stile classico a quello contemporaneo, con il filo conduttore del territorio conosciuto in tutto il mondo per il grande vino rosso del meridione.
Taurasi Vigna Macchia dei Goti 2019 Cantine Antonio Caggiano
È nel cuore del borgo di Taurasi, la sede della cantina che negli anni 90 ha segnato una nuova interpretazione del Taurasi. Le uve arrivano da un unico appezzamento dall’omonima contrada. La gioventù del vino si percepisce già dal colore granato intenso, con unghia rubino, mentre l’impianto aromatico gioca sulle note di frutta rossa, sulle spezie e sulla liquirizia. Al gusto è pieno, con il tannino ben presente e in via di integrazione armonizzato dalla solida struttura importante.
Taurasi 2018 Feudi di San Gregorio
Il Taurasi trova in questa versione un’armonia nonostante il millesimo che palesa gioventù nel bicchiere. Dal 1986, anno di fondazione della cantina, l’aglianico ha avuto un ruolo importante per gli studi e per la conoscenza del vitigno, evidenziando così le potenzialità del Taurasi. Il 2018 è frutto di un’annata calda e nonostante ciò mostra coerenza tra l’impianto olfattivo composto da note di tabacco, ciliegia nera e balsamico, e la bocca piena, ampia, con la presenza di trama tannica ben gestita e armoniosa. La chiusura regala una nuance di affumicato.
Taurasi Vigna Cinque Querce 2015 Salvatore Molettieri
Il vigneto è a Montemarano, a 550 metri s.l.m. dove l’uva beneficia di grandi escursioni termiche. Impenetrabile il colore granata compatto. Complesso ed ampio nel ventaglio di profumi di prugna, marasca, spezie dolci e tocco balsamico. Profondo nei toni di humus, tabacco e foglie secche. Al gusto si presenta pieno, con un gran corpo sorretto dall’acidità e con tannini fini e fitti. Elegante, persistente e giovane. Un grande classico.
Turasi Camporè Riserva 2009 Terredora
In contrada Camporè di Lapìo, su suoli di matrice vulcanica, l’aglianico matura tardi. Nel bicchiere si mostra nella veste cromatica granato con nuance aranciato appena accennate. Al naso offre profumi ampi e complessi di fiori secchi, prugna, ciliegia sotto spirito, cenere, chiodi di garofano e liquirizia. In bocca è setoso, pieno di verve e con un struttura bilanciata dove il tannino è completamente integrato. Lunghissima la chiusura.
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