La memoria non mi aiuta mai e non sono certa se di anni ne siano passati 4 o 5 o più da quando Luigi Cremona mi parlò di Antonio Biafora e del suo ristorante a San Giovanni in Fiore in Calabria. “Ha talento anche se ancora non ha trovato la sua strada. Teniamo d’occhio perché ci sorprenderà” mi disse più o meno questo, la memoria non è il mio forte, l’ho detto. Il senso delle parole di uno dei migliori “palati” che la critica gastronomica italiana vanti, era comunque chiaro. Guardava come sempre oltre il piatto, capace di scrutare il fuoco negli occhi e cogliere le tendenze. Anche nel caso di Antonia Biafora non si sbagliava. Sono certa che nei pochi bocconi che mangiò vide il potenziale oggi espresso pienamente.
Antonio Biafora è uno chef innamorato della sua terra, la Sila, grande complesso montuoso calabrese. Agricoltura di montagna, boschi, alberi monumentali, clima rigido d’inverno e fresco d’estate, funghi e tetti spioventi. Un fascino che si comprende solo attraversando questo luogo suggestivo e autentico come pochi. Lo chef ha vari assi nella manica: un gusto finissimo, una sensibilità negli abbinamenti e la padronanza di tecnica classica declinata sempre a favore della materia. Si aggiunge una certa predisposizione al bello e al buon gusto.
Dai primi passi da autodidatta oggi Antonio Biafora ha raggiunto una bella maturità espressiva ben sottolineata dall’ambiente del Hyle in cui nulla è lasciato a casa. Dalle luci alle sedute ad ogni singolo piatto di servizio.
Oggi Biafora guida una piccola e motivata brigata fornata da tutti calabresi. La sua cucina nobilita un luogo di grande fascino poco conosciuto e frequentato. Sicuramente la struttura alberghiera di famiglia, confortevole e ben gestita in cui spicca una SPA moderna, curata, pulitissima e con personale preparato sono un plus niente affatto trascurabile. Completa il tutto il bistrò per mangiare piatti della tradizione semplici e ben eseguiti. Il luogo perfetto per una fuga romantica.
Cosa si mangia all’Hyle di Antonio Biafora a San Giovanni in Fiore?
I piatti cambiano di frequente, ogni stagione ha i suoi ingredienti e si asseconda l’orto e la natura. Consigliamo di scegliere tra i due menù degustazione ad 80 o 110 euro.
Si potrà così apprezzare anche l’intelligenza gustativa con la quale vengono organizzati in un crescendo di sensazioni.
Le foto rappresentano una cena fatta quando l’autunno era appena accennato con ancora qualche richiamo estivo, si parte con l’aperitivo servito al banco giusto di fronte alla cucina. Sette bocconi divertenti, piacevoli, coerenti al luogo e ben fatti. Si passa al tavolo sempre con una bella vista sulla cucina.
Colori vivi, ingredienti autentici, integrità dei sapori. Piatti composti da pochi elementi ben assortiti, leggeri. Un richiamo ai profumi della tradizione nel servizio del pane all’apertura in cui trova posto una candela. All’apparenza una semplice candela bianca che nasconde un goloso segreto. L’odore che sprigionerà sarà irresistibile e, sciogliendosi il grasso, la si potrà consumare con il pane. La fantasia che rincorre il ricordo delle tradizionali grigliate nel camino dopo aver ammazzato il maiale. Geniale.
Protagoniste indiscusse del menù sono le carni, dal piccione all’animella, dalla selvaggina al cinghiale. Dipenderà dal periodo. Co-protagoniste le verdure dell’orto restituite nei loro sapori forti e non banalizzate.
Nota di merito per il pane, ben fatto e goloso. Il panino sfogliato che accompagna i formaggi è una droga.
La credenza
Emblematica la credenza posizionata subito prima della cantina. Qui trovano posto ottimi formaggi calabresi e qualche chicca d’oltralpe, i piccioni a frollare, le confetture ed i mieli, i vasi di fermentati. Un simbolo a rappresentare l’ospitalità del sud Italia in cui i migliori bocconi che la credenza custodiva erano per l’ospite.
La cucina di Hyle di Antonio Biafora- In conclusione
La cucina dell’Hyle di Antonio Biafora, non ama gli eccessi e le ridondanze e vola verso equilibri raffinati in cui concilia carni ottime con l’orto in maniera non banale riuscendo a rendere fresco il quinto quarto, elegante l’anguilla affumicata, spigoloso e amaricante il piccione. Lavora sul vegetale in maniera profonda, facendo emergere il carattere di ogni verdura e si spinge con leggerezza tra le acidità della frutta. Un modo contemporaneo di interpretare il territorio che si colloca senza dubbio tra le migliori tavole del Sud Italia.