Vico Giardinetto a Toledo 78 – Napoli
Tel.081.421257
Aperto: a pranzo e cena
Chiuso: martedì a cenaFerie: due settimane in agosto
Carte di credito e bancomat: si
Osteria deriva da oste, dal francese “ostesse” e a sua volta dal latino “hospite”. Il significato si collega direttamente alla funzione de luogo, ossia ospitalità, accoglienza. Nella Roma antica si chiamavano “enopolium”, invece nei thermopolium” si servivano anche cibi e bevande calde, esempi ben conservati sono visibili presso gli scavi dell’antica Pompei. A Napoli le osterie sono tante e molto antiche, per lo più concentrate nei Quartieri Spagnoli. Nascono come “antiche cucine a vista”, i “bassi” dei vicoli di fine ottocento – inizio ‘900 pullulavano di calderoni bollenti, dove per due soldi era sempre possibile comprare un piatto di pasta con sugo e formaggio, o, “un cuppetiello di fragaglie” (le rimanenze delle cassette dei pescatori) e per un soldo si ricevevano tre o quattro bollenti “panzarotti” farciti con un pezzetto di carciofo, cavolo o alice. La cucina di strada intesa in questo senso è andata avanti a Napoli fino a una decina d’anni dopo la fine della guerra. E’ proprio in questa zona che verso la fine della guerra, davanti ai ricoveri per ripararsi dai bombardamenti, Maria cominciò a fare la pizzaiola, sfornando le famose pizze “oggi a otto” descritte nel film capolavoro di De Sica, L’Oro di Napoli.
L’ostessa – pizzaiola si sposa con Salvatore Preziosi, campione italiano di pugilato in quegli anni, soprannominato per la notevole somiglianza al noto attore americano , “Bob de Niro”.
Nel 1951 a Vico Berio, Maria, da tutti chiamata “Sosora”, cioè la sorella grande (prima di sette sorelle e di dieci figli), quella che pensava sempre a tutti, apre una cantina proprio con il nome di “Mamma Sosora”, qui comincia a cucinare, per quattro, cinque tavoli, pizza e piatti classici della tradizione napoletana, aiutata da due delle sorelle, poi scomparse, e dalla figlia. La cantina di Vico Berio va avanti fino agli anni ’90 quando Maria Preziosi muore, lasciando in eredità il suo sapere di cucina alla figlia Concetta, per tutti “Titina, che l’aveva affiancata negli ultimi anni. Stordita dalla perdita della madre, Concetta prende per un po’ strade diverse, ma, una decina di anni dopo, il richiamo del sangue e della tradizione sono più forti: la famiglia si riunisce e riapre in Vico Giardinetto a Toledo, a due passi da quel Vico Berio che aveva visto la nascita dell’osteria di Sosora. Il tempo non ha modificato il legame con la cucina popolare, Titina si porta dietro la sapienza e la passione materne e le aggiunge ai suoi piatti ogni giorno. Il locale è molto tradizionale, semplice, pieno di oggetti e di tante cartoline inviate da clienti italiani e stranieri. Tovaglie a quadretti, piatti e bicchieri di stile casalingo, circa settanta coperti su due salette, collegate da una stretta scala in legno.
Arriva il pane in tavola, profumatissimo e tiepido…scopro dopo poco che è fatto in casa, qui si panifica in proprio, l’arte di impastare di mamma Sosora non è andata perduta.
Il menù è tanto ricco, quanto tradizionale, più ridotta la scelta a ora di pranzo, menù completo e pizze la sera. I prodotti utilizzati sono di prima qualità: pomodori freschi, verdure dei mercati circostanti, idem dicasi per carne e pesce, pasta di Gragnano, olio extra vergine di oliva, la mozzarella è quella del caseificio San Vito sulla strada per Gaeta, il vino arriva da Ischia. Gli antipasti spaziano dalle verdure miste di stagione, con le quali si compone l’antipasto della casa, bruschette, il fritto napoletano di crocchè, arancini, zeppoline e verdure pastellate, sauté di frutti di mare, cozze al gratin, e insalata caprese.
Super tradizionali i primi piatti, la scelta è vastissima: si parte dalla tradizionale pasta al pomodoro fresco, ottima la pasta e fagioli con la “ ‘mmescafrancesca”, spaghetti e linguine con pescato a seconda di quanto arriva dal mercato, le minestre con i legumi, ceci e lenticchie, gli ziti al ragù e i maltagliati alla genovese con le relative carni, la pasta al forno con ragù e fiordilatte, i vermicelli aglio, olio e peperoncino o ,l’antico piatto dei vermicelli “ ‘O Puveriello”, ossia, spaghetti al dente in bianco, a parte due uova ad occhio di bue cotte nella sugna, sale e pepe. Si scolano gli spaghetti, ci si mettono su le due uova e si mischia, se si è “ricchi”, si aggiunge anche una grattugiata di parmigiano e pecorino.
I secondi sono altrettanto assortiti e rispettosi della tradizione: baccalà fritto o in cassuola, polipetti affogati, calamarelle sale e pepe e deliziosa frittura di paranza sul versante mare. A terra, le “tracchiolelle” (costine di maiale) al ragù, salsicce con la provola, scaloppine in varie versioni e cotolette. I contorni rispettano la fantasia dei napoletani che si sono sempre industriati per sfamarsi con le verdure: zucchine alla scapece o alla griglia, parmigiana di melanzane, friarielli, carote, peperoni in padella, melanzane a funghetto (fritte con pomodoro), peperoncini verdi in padella con pomodorino e basilico e, della serie non si butta niente, le scorze delle melanzane prima bollite, e poi conciate con aglio, olio e peperoncino. Strepitosi i dolci che credevo acquistati all’esterno…”no mi dice Titina i dolci li prepara il mio aiuto, Gianni Ambrosio. Assaggio la torta ricotta e pera, degna della migliore scuola della costiera, in vetrina “sorridono” tiramisù, una fantastica delizia al limone e l’immancabile “babbà”.
Mi aspetto di sforare rispetto al low cost, infatti, ad ora di pranzo: per primo, secondo, contorno e vino della casa si spende poco più di 15 euro, se siete golosi aggiungetene 4 per una gigantesca porzione a scelta e arriviamo alla nostra soglia dei 20 euro.
Di sera, la scelta è più vasta, c’è anche la pizza, scopro che l’Hosteria è anche nella guida Slow Food Osterie d’Italia. Titina ai fornelli è instancabile…
ha gli stessi occhi di questa ragazzina impertinente con la frangetta nella foto, la riconoscete? E’ proprio lei.
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