Oggi sul Mattino abbiamo pubblicato questa intervista ad Heinz Beck in occasione dei 20 anni della nascita della Pergola.
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Quando chiedi a un giovane cuoco cosa ha imparato da Heinz Beck la risposta è sempre la stessa: ho capito come funziona la cucina. «Questa è una piccola Germania» dice con una punta di orgoglio l’«Ottavo re de Roma» a ogni stagista che si affaccia all’ultimo piano del Cavalieri per imparare il mestiere. Prima del suo arrivo nel 1994 a Roma, poco più che trentenne, il massimo che si poteva trovare nella tristanzuola cucina di albergo era una copia delle fettuccine all’Alfredo.
Ai vertici delle guide italiane, terza stella Michelin nel 2006, Beck a La Pergola dell’Hotel Rome Cavalieri ha dimostrato invece che la grande cucina è possibile soprattutto se ha una solida struttura alberghiera alle spalle.
Classe 1963, prima la gavetta a Monaco di Baviera, Friburgo, Maiorca e Berlino, poi la chiamata alle armi nel 1991 da Heinz Winkler, sudtirolese trapiantato in Baviera, come sous chef del Residenza ad Aschau imparando l’arte e la scienza della pasticceria. Infine il salto a Roma. Una esperienza che adesso festeggia i vent’anni.
«Non ero mai stato in Italia, neanche in vacanza. Quando fui chiamato pensavo di imparare la lingua e di restare al massimo due o tre anni per poi tornare in Germania».
Infatti, quando pensa di rientrare nel suo Paese?
«Non si può scegliere dove si nasce, ma dove si vive. Resto qui dove c’è il futuro della cucina. E dove sono sposato».
Il futuro? L’italiano passa per essere mediamente conservatore a tavola, come in tutto il resto.
«Sì, ma è nella tradizione gastronomica italiana che c’è il futuro dell’alta cucina, sempre più attenta alle preparazioni leggere, alla equilibrata gestione dei grassi e alla qualità della materia prima. Quando si mangia italiano ci si alza sempre bene da tavola».
Quando è arrivato qui come ha impostato il suo lavoro?
«Avevo una forte influenza francese, che in Germania del resto è ancora presente. Dunque sono partito dai prodotti classici, foie gras, saint jacques, salse, carni. Poi, piano piano, ho imparato a leggere con i miei piatti la tradizione italiana e mi si è aperto un mondo meraviglioso di ricette e di cibi».
E come ha fatto?
«Molto semplice: andando in osteria. I primi anni ho evitato di visitare i ristoranti all’epoca più famosi, ma ho cercato di capire il cibo quotidiano degli italiani. Credo di aver fatto molto bene, l’osteria e la trattoria sono una caratteristica di questo Paese molto importante. Poi devo dire che il matrimonio con Teresa è stato decisivo».
Moglie e suocera palermitane, scusate se è poco.
«Sì, perché solo se si vive quotidianamente si capisce il segreto della cucina italiana, quello che fa differenza rispetto aalle altre».
Qual è?
«L’amore. Quello delle mamme verso i figli e poi delle donne verso i mariti. Ciò che caratterizza la cucina italiana è sempre la capacità di regalare una emozione forte, di gusto, di ricordo, di passione, di paesaggio».
Secondo lei come si raggiunge questo risultato?
«Attraverso la semplicità del gusto e la grande qualità dei prodotti. In Italia si fa altissima cucina con materie molto povere, ed è esattamente l’opposto di quello che si pensava, e si pensa ancora, nel resto del mondo».
Abbiamo parlato di futuro della cucina? È l’effetto del vento del Nord?
«Non scherziamo, noi in Italia queste cose le pratichiamo da 15 anni. E adesso parte il progetto FoodSafety, l’iniziativa web presentata in occasione del ventennale. Il sito diventa una piattaforma tecnologica su cui trovare non solo i menu, le foto dei piatti e le ricette, ma anche preziosi dati utili, come gli elementi allergeni, i dati nutrizionali e molto altro ancora».
In pratica come funziona?
«Alla conferma della prenotazione il cliente con un link ha accesso diretto dal mio sito a pagine dedicate su Google+. In questo profilo social si avrà la possibilità di analizzare ogni dettaglio dei piatti che proponiamo, le ricette, gli eventuali elementi ed ingredienti, incompatibili con le sue abitudini alimentari. I dati e le informazioni nutrizionali su ogni piatto saranno certificati da nutrizionisti professionisti della scienza dell’alimentazione della Università Cattolica di Roma. Questo perchè non ci sono dubbi: la cucina del futuro è quella del benessere».
Oggi tutti i giovani italiani sognano di diventare cuochi. Lei che ne dice?
«Dico che questo è un lavoro faticoso e pieno di sacrifici. Non ci sono orari, non ci sono feste. Si sgobba e solo pochi fra tanti ci riusciranno. Bisogna stare attenti a non confondere la televisione con la realtà, e chi fa questo lavoro lo sa benissimo».
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