Riceviamo e volentieri pubblichiamo
di CosimoTorlo*
L’autunno oltre che la stagione dei funghi, dei tartufi è anche il periodo dell’anno dove vengono presentate le guide dei vini e ristoranti, una massa incredibile di copie stampate dove l’appassionato deve districarsi con sempre più difficoltà per capirne le differenze e le logiche che le accompagnano. Per inquadrare al meglio il fenomeno vi riporto un dato, che prende in considerazione il numero di copie pubblicate tra il 2001 e il 2012 in Italia dell’insieme delle guide turistiche (viaggi, cibo, vini) passato da 11 milioni a 4,5, un calo di oltre il 50% che è più di un crollo che se in parte si giustifica con il contesto socio economico di questi ultimi anni, in parte ha una causa lampante nella rivoluzione digitale che ha investito la nostra epoca recente. Curiosamente il calo non ha semplificato il mercato editoriale ma ha visto il moltiplicarsi di iniziative pubblicistiche. Ponendo l’Italia al primo posto per numero di guide dei vini e dei ristoranti rispetto ad altri paese a noi vicini.
Siamo davanti a una vera rivoluzione che potremmo paragonare a quella di fine Ottocento, allora l’editoria orientava il viaggiatore curioso, e per quei tempi benestante, guide fondamentali che hanno segnato il turismo fino a tutti gli anni ‘90/2000. Poi ecco che arriva il Bing Bang.
E con la rete fenomeni come Trip Advisor, che da quello che ho letto copre oltre 220mila locali recensiti solo in Italia, con oltre 4.5 milioni di utenti mensili, numeri che da soli ci dicono di come l’attuale editoria se persiste a rimanere come quella che si vede ancora in questi giorni non andrà da nessuna parte, inevitabilmente diverranno sempre più fatte per una gruppo (esiguo) di fans e mantenute economicamente dai locali recensiti. Non mi sembra una prospettiva di cui andar felici e contenti. Con questo certo non approvo operazioni come Trip, ma non approvo neppure Trump, ma c’è e ce lo teniamo.
Le presentazioni sono sempre un inno alla libagione al cazzeggio, alle pacche sulle spalle, quello che mi sorprende e che molti dei colleghi, bravi e competenti che si cimentano in queste operazioni editoriali, non si pongono delle domande sul senso del loro lavoro e anno dopo anno ripropongono lo stesso schema. Le solite classifiche, sempre o quasi gli stessi nomi, cose che appunto sui siti si trovano a gratis, non sarebbe forse il caso di ripensare dal profondo il nostro ruolo di divulgatori.
Ad esempio provando a chiedersi l’eticità di quel che si serva a tavola, a partire dalla scelta degli ingredienti, ma anche dalla correttezza dei rapporti professionali tra la proprietà e chi nei locali ma anche cantine ci lavorano.
Possibile che vada sempre tutto bene? Salvo scoprire, ormai sempre più spesso che la ristorazione spesso è uno dei settori dove è più praticato il riciclaggio del denaro. Dove è più intensivo l’uso dei ragazzi e ragazze come stagisti, dove è più diffuso il lavoro nero.
Credo che bisognerebbe fermarsi un attimo e quantomeno pensarci sopra, anche perché l’epoca in cui se un ristorante finiva su una guida ne aveva agio nel business è finita da un pezzo, non è altro che un adesivo da mettere sulla porta del locale.
Ecco, mi piacerebbe tornare allo spirito di un tempo, guide che raccontino la realtà, quella vera che regalino suggestioni reali. Sarà un mio sogno, ma senza sogni non si va da nessuna parte.
*ilghiottonerrante.blogspot.it
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