di Angelo Di Costanzo
Una notizia che mi arriva dalla non vicina Irlanda del Nord racconta di una sentenza del tribunale della corte di appello di Belfast che condanna il titolare di una Pizzeria, The GoodFellas a restituire circa 25.000 sterline ricevute legittimamente in prima istanza come risarcimento danni da un editore citato in giudizio per avere “diffamato” tra gli altri un suo piatto definendolo (testualmente) “troppo dolce per essere edibile” per mano della giornalista Caroline Workman.La battaglia era iniziata nel 2000 a seguito della pubblicazione dell’articolo dove la giornalista, che cura una rubrica specifica sull’ Irisih News, oltre che ad avanzare riserve sulla bontà dei piatti aveva espressamente manifestato disapprovazione per la qualità del servizio e per la capacità dello staff stesso. L’articolo, definito assolutamente fuori da ogni buon senso anche dall’Associazione che riunisce i ristoratori di Belfast era approdato nelle aule del tribunale e dopo un lungo tentativo di riconciliazione tra l’editore dell’Irish News Noel Doran e Ciaran Convery titolare della Pizzeria il giudice aveva sentenziato che le parole della giornalista così come erano riportate sull’articolo erano certamente diffamatorie e pertanto passabili di condanna.
Lo scorso Febbraio, fine della faccenda, il giudice della corte d’appello ribalta la sentenza riabilitando l’opinione “severa ma corrispondente al vero” dell’editore che appellandosi alla libertà di stampa invocava i principi democratici quali ispiratori del proprio lavoro, e la giornalista che continuava a ribadire che senza una palese obiettività sarebbe stata incapace di svolgere il suo lavoro e garantire una rubrica trasparente; inascoltato Ciaran Convery ha lasciato il tribunale tuonando di rimettersi alla corte internazionale poichè a suo dire vittima dell’ennesima farsa giuridica. A breve, solitamente subito dopo la primavera ripartirà anche in Italia la campagna di molte guide specializzate presso i locali recensiti e quelli (magari sfuggiti) meritevoli di (ri)attenzione. Giornalisti seri, professionisti e a volte anche (troppi) improvvisati avvieranno taccuini alla mano le macchine infernali delle stelle, delle forchette, dei gamberi, cappelli eccetera rincorrendosi per tutta la penisola a colpi di entreè, lasagnette, ravioli aperti ed uova bioniche, assieme ad elaborazioni meno eleganti da rappresentare ma certamente più esaustive come paste acqua e farina con ragù di lepri o capretti alle erbe o zuppe di fagioli consegnandoci il prossimo autunno un altro capitolo rivisto ed aggiornato della nostra cucina, delle nostre cantine ma anche dei vezzi e delle virtù delle tavole italiane.
Come sempre non mancheranno, non sono mai mancate, dispute, lotte e rivendicazioni sulla primogenitura di questo o quel talento ma anche dall’altra parte fobìe, come “la paura dell’inserzionista della domenica” che siede alla tua tavola inconsapevole d’essere riconocibilissimo, però io spero, e confido, più di sempre in un senso critico all’insegna dell’ oggettività e soprattutto della costruzione, nel rispetto dei ruoli e soprattutto del sacrificio che tutto il comparto food, dalla ristorazione alla ospitalità nelle sue diverse declinazioni sta affrontando, in un momento economico così di difficile gestione che soffre sempre di più di croniche mancanze di programmazione ed iniziative mirate alla salvaguardia di un settore che ancor di più rappresenta l’unica ancora di salvezza futura per molte delle regioni italiane, per il sud in particolar modo. Mi sento, da consumatore ed operatore di ringraziare molte di queste guide che attraverso il loro lavoro hanno aperto sicuramente il mondo della ristorazione a confini più ampi consegnandogli (e consegnandoci) una risonanza spesso a livelli anche inimmaginabili, contemporaneamente però sono sempre più convinto che la inevitabile brama di essere sempre presenti ha aperto un mercato di compravendita fino a qualche anno fa poco battuto dal marketing, almeno non con queste prerogative, con addirittura incidenza sui Buisness Plan di locali di nuova apertura con voci del tipo “consulenza di giornalisti-gourmet” prima ancora che validi e/o qualificati collaboratori di cucina o di sala. E poi certi strascichi…è mai possibile finire in tribunale per una margherita sbagliata? Non solo è possibile, ma i tribunali italiani sono pieni di cause di questo genere. Certo, a volte è possibile fare errori e scrivere inesattezze, ma di una cosa sono sicuro: nessun locale o azienda che ha promosso azioni legali si è mai distinta per la qualità dei prodotti o del servizio. Eppure in questa poliedricità di presenze e scuole di pensiero di guide, oltre che di mezzi di comunicazione nuovi, tra cui internet, ne avrebbero sicuramente la possibilità.
Chi si rivolge ad avvocati e giudici in genere ha poco da difendere e molto da guadagnare (l.p.)
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