di Marco Contursi
A due anni esatti da quel pezzo sui problemi del Cilento che suscitò tante reazioni, pro e contro, mi ritrovo a fare nuovi bilanci su quello che un turista percepisce di questo splendido territorio. Lo faccio dopo una mail carica di delusione, inviatami da uno chef conosciuto e sicuramente bravo (che vuole rimanere anonimo) che è restato abbastanza scontento, essendo venuto nella patria della dieta mediterranea carico di aspettative in parte deluse. Sono sincero, non condivido tutte le sue obiezioni, ma sulla gran parte non posso che assentire. Tutti sanno quanto io ami questa terra e credo che parlarne, anche se non risolva certo i problemi, almeno possa suscitare una presa di coscienza in chi le cose potrebbe cambiarle ma non lo fa.
1) Il Sistema viario
A partire dalla famosa sp 430, la Cilentana franata tra Agropoli e Prignano, 2 anni fa e oggi parzialmente riaperta fino al 7 settembre, le strade del Cilento sono spesso disastrate e senza una cartellonistica stradale adeguata. Esempio, ieri sera tra Orria e Stio, un cartello annunciava “strada chiusa per frana”, la strada invece era aperta anche se a carreggiata ristretta in alcuni punti causa cedimento del manto stradale. Sullo stato della strada tra Pisciotta e Ascea, spesso chiuso, oggi non so, è meglio stendere un velo pietoso, visto che si è costretti per raggiungere il paese delle alici di menaica a giri assurdi che scoraggiano tanti. Le strade sono un biglietto da visita per un turista.
2) La sanità
La chiusura dell’ospedale di Agropoli ha creato enormi disagi, soprattutto a chi ha patologie croniche e si trova in vacanza tra Agropoli e Pioppi. Conosco personalmente almeno 3 persone che hanno rinunciato ad andare in vacanza nella zona non potendo avere un presidio sanitario funzionante a pochi minuti di auto. La sanità deve essere gestita con oculatezza ma non come una azienda poiché la vita umana vale moto più di un attivo in bilancio. Lasciare tanti paesi senza un presidio funzionante è scellerato e influisce sulla economia turistica del territorio. Qualche lieve spiraglio si registra, ma la strada è lunga.
3) Risorse idriche
L’acquedotto del faraone che serve tanti comuni del cilento è in condizioni pietose. Un dato per tutti, a ferragosto Ascea e altri 8 comuni sono rimasti a secco e non si contano più le rotture. Che si aspetta a stanziare i fondi necessari al suo ammodernamento? La parola giusta è VERGOGNA!!!!
4) Gastronomia
Ecco l’argomento principe di questo blog e qui sono tante le cose da dirsi. Accanto a realtà storiche che lavorano sempre (Boccaccio, Nonna Sceppa ecc) troviano locali più recenti ma estremamente validi. Io quest’anno ho mangiato bene ai Moresani, al Paisà, al Frantoio, allo Sciabecco. Tuttavia sono ancora troppi i locali che offrono una finta cucina tipica, a partire dall’olio extravergine ancora troppo poco usato, passando per le eccellenze del territorio quali ad esempio la sopressata di Gioi, il cacioricotta, la mozzarella nella mortella, le olive ammaccate e le alici di menaica. Proprio queste ultime sono state il motivo principe del rammarico di questo chef in visita tra Acciaroli e Palinuro poiché non le ha trovate in nessun locale visitato.
5) Olio extravergine
Quest’anno se ne è prodotto poco e quindi molto caro ma resta uno dei grandissimi crucci di chi cerca qualità nel territorio. Anche in annate migliori è difficilissimo trovare chi usa in cucina un buon extravergine locale, o chi lo porta in tavola per metterlo a crudo. L’olio è uno dei punti cardine della dieta mediterranea, e nel Cilento dovrebbe essere obbligatorio usarne di buono e locale, avendo in zona alcuni produttori pluripremiati a livello nazionale. Averne di rancido, fatto con olive spagnole e di marchi della gdo, è purtroppo una costante. Male, Male Male!!!!
6) Salumi e formaggi
Trovare nella terra del cacioricotta e dei salumi con maiali locali, sia nei ristoranti che nelle gastronomie prodotti similari pugliesi o lucani, di chiara fattura industriale, fa male. Il motivo? Il costo minore. Un cacio ricotta locale costa al ristoratore circa 10-12 al kg, quello di altre regioni che arriva in zona, 6-8 al massimo. Idem dicasi per salami e soppressate. E’ ovvio che se voglio far uscire un tagliere a 8 euro, non posso approcciarmi a materie prime locali, ma basta farlo pagare 5 euro in più e posso farlo senza problemi offrendo un prodotto eccellente e realmente del Cilento. Vedermi proporre come salumi locali, prodotti chiaramente industriali e solo in secondo momento ammettere la cosa, mi ha fatto veramente girare le scatole anche perché il locale in questione è uno conosciuto per la cucina di territorio. Idem, basta chiedere al migliore caseificio della zona quanto prodotto, sia fresco che stagionato, venda ai locali della zona, iniziando dalle pizzerie, per capire che la strada della qualità è ancora lunga.
7) Pesce
Lo chef si è lamentato di aver trovato poca scelta nei ristoranti circa il pescato, spesso solo una frittura o una orata di allevamento, e quasi da nessuna parte il crudo. Questo è un aspetto che da sempre ha colpito pure me e che mi fu spiegato col fatto che chi usa pescato locale ha poche tipologie a disposizione poiché sotto costa non si va oltre alici, qualche aragosta, polpi, seppie ma pochissimo pesce di coda. Non ho verità in proposito ma comunque che la scelta sia spesso molto ridotta è reale, come pure il fatto che escluso pochissimi locali, la fantasia nel proporlo latiti spesso. Almeno da certi ristoranti un guizzo in più uno se lo aspetta.
8) Carne
Un tempo il cilento era terra di capretti e di polli, oggi è difficilissimo trovare queste carni nelle trattorie dell’interno dove invece fa la sua comparsa la tagliata argentina. Perché? Per andare incontro alle richieste di una clientela che non conosce il sapore e la callosità di un pollo ruspante e preferisce mangiare senza masticare? Ma se un buongustaio va nelle zone interne e trova una anonima fettina di vitello o una costoletta di maiale magra e insapore, ci resta piuttosto male, cercando ben altri sapori rispetto a quelli che trova sotto casa in città.
9) Legumi e pasta fresca
Si può fare meglio, diversi usano pasta fresca industriale spacciandola per fatta in casa, molti però la fanno realmente loro, solitamente nelle zona interne è più facile trovarne rispetto alla costa. Sui legumi invece si deve migliorare, nel senso che pochissimi locali li usano nel menù eppure in zona ci sono eccellenze come ceci di cicerale, fagioli di controne, fagioli di mandia, fagioli di casalbuono, cicerchie, maracuoccio, ceci neri.
10) Vini
La situazione è sensibilmente migliorata, avendo trovato ottime bottiglie cilentane anche in alcuni lidi, bar, e trattorie. Magari servirebbe una maggiore competenza nel proporle, illustrando le caratteristiche delle bottiglie, il cliente, soprattutto straniero è avido di informazioni.
11) Liquori
Qui casca l’asino poiché quasi sempre ho trovato fine pasto industriali mentre ci sono validi produttori locali di finocchietto, mirto, fico. Il costo resta la discriminante anche perché spesso viene offerto. Però avere solo Amaro del Capo o Lucano a due passi da rigogliosi cespugli di profumatissimo finocchietto selvatico, nun se pò vedè!!!!
12) Pizza
La pizza è quasi sempre insufficiente per impasto e soprattutto materie prime adoperate: spalla cotta, pomodori scadenti, olio di semi ecc. Con l’avvento di Franco Pepe al Marlin di Acciaroli e soprattutto la pizzeria da Zero a Vallo della Lucania le cose sono migliorate, con l’augurio che tanti altri seguano la strada della qualità.
13) Gelati
Grandissimi Crìvella a Sapri e Di Matteo a Torchiara…..poi il vuoto, solo prodotti semilavorati di bassa lega. Qualche buona granita l’ho invece trovata magari con gelsi o fichi locali.
14) Sagre
Qui la situazione sembra aver imboccato la strada giusta rispetto a due anni fa. Ne ho girate 4-5 tra cui quella ormai famosa dei Ciccimaritati di Stio, trovandole tutte molto belle, ben organizzate e con piatti proposti molto dignitosi a prezzi umani. Non saranno tutte così, ma almeno il mio dato è incoraggiante, contando di visitarne un altro paio fino a fine mese, spero che il trend sia questo.
E Voi avete altre esperienze, positive o negative da segnalare? Magari mi farete scoprire locali o produttori che non conosco. Il Cilento è uno dei posti più belli che abbiamo in Italia, con una biodiversità di ambienti unica in Campania, essendoci un mare stupendo e un interno con boschi rigogliosi e montagne incontaminate. Ha degli scavi archeologici unici come i siti di Paestum e Velia, sempre troppo poco conosciuta, eppure bellissima ( biglietto museo + scavi Paestum + scavi Velia 8 euro).
Il Cilento va protetto, salvaguardando le reali tipicità locali e chi le produce a costo di enormi sacrifici. A un dato però non mi rassegnerò mai: non ho trovato un solo caseificio a norma che produca cacioricotta con latte di capra cilentana, razza ormai rara e sostituita da altre che producono più latte. Per trovarne di autentico bisogna pregare qualche anziano pastore che ancora le alleva e ne trasforma il latte in modo clandestino a casa sua. Il formaggio simbolo del territorio deve tornare a essere prodotto con il latte della razza di capre autoctona il cui allevamento deve essere ripreso e incentivato.
Dai un'occhiata anche a:
- Meloni usa il bazooka contro il cecatiello paupisano che, nel suo piccolo, s’incazza
- Vinitaly and The City: Calabria in Wine a Sibari, il bilancio di uno dei protagonisti
- Rivoluzione Gambero Rosso: Lorenzo Ruggeri, Valentina Marino e Annalisa Zordan
- Dieci incazzature estive che fanno restare a casa i clienti
- Lo strepitoso ritardo del marketing del vino italiano sulla pizza e viceversa
- Ristoranti, gli aumenti dei prezzi sono giustificati?
- Cilento: le dieci cose belle dell’estate di Marco Contursi
- La dittatura degli ignoranti nel food. Mio Dio come siamo arrivati a questo?