di Virginia Di Falco
Eccola, come ogni anno, pronta all’appello della stagione delle Guide.
La Guida delle Osterie d’Italia Slow Food nel 2017 esce sostanzialmente con la stessa filosofia dei trent’anni precedenti, ma rimarcando con più forza l’elemento della cucina che recupera le tradizioni e la cultura del territorio. Molto più – sottolineano i curatori Marco Bolasco ed Eugenio Signoroni – di quella soglia dei 35 euro che era uno dei criteri di ingresso. La spesa contenuta resta sicuramente uno dei parametri della guida, ma – a partire dall’attribuzione delle Chiocciole – l’attenzione è tutta spostata sul carattere identitario, quotidiano, di queste tavole.
In attesa dunque di poter spulciare le novità 2017 (la Guida sarà in libreria a partire dal 28 settembre) diamo volentieri una ‘ripassatina’ alle cinque osterie di Roma che nell’ultima edizione hanno confermato la Chiocciola.
Partiamo da quella di più vecchia fondazione, Armando al Pantheon, accanto ad uno dei monumenti più belli della capitale da ben 55 anni e una bella eredità di cucina tradizionale portata avanti dalla famiglia Gargioli. Rispetto più che filologico delle ricette romane: alle loro origini storiche Claudio ha addirittura dedicato un «Menu letterario», libro interessante e curioso di ricerca gastronomica e racconti da vecchia osteria.
Un’altra vecchia conoscenza di Slow Food (Marco Bolasco fu tra i primi a parlarne) l’osteria Da Cesare al Casaletto, che di una trattoria degli anni Sessanta ha recuperato la sede e, soprattutto, lo spirito, aggiornando lievemente ma sempre con rispetto, i piatti della cucina romanesca. L’atmosfera è molto accogliente, tanto in sala che – quando è stagione- all’aperto sotto il pergolato, e l’offerta dei vini sempre aggiornata.
A due passi due da Campo de’ Fiori, in pieno centro turistico, resiste eroicamente un altro baluardo della tradizione: Al Grappolo d’Oro. E resiste non solo sul fronte della cucina di una volta, quella quotidiana che segue un po’ il calendario settimanale un po’ il mercato; ma anche per l’atmosfera slow e la ricerca di prodotti del territorio (impossibile non provare l’abbacchio, ad esempio).
Osteria del Velodromo Vecchio. E poi c’è l’osteria verace di quartiere, anche questa una vecchia conoscenza di chi da sempre ama lo stile slow: pochi tavoli, arredo semplice, la dimensione del ‘cibo lento’ importante quasi quanto quella delle chiacchiere tra amici fatte durante il pasto. Anche qui trovate tutto il manuale classico della cucina romanesca interpretato sempre con garbo e competenza.
E chiudiamo con il fuoriporta, l’Osteria del Borgo a Cesano, dove tutto, dal sorriso dell’oste all’arredamento old style, ricorda le vecchie osterie di una volta. E’ qui, infatti, da 85 anni, con il suo legno scuro, il camino di pietra nella sala centrale e i tanti ricordi alle pareti. Nulla di artificiale e artificioso e un’impressione di genuinità che accompagna dall’inizio alla fine, anche negli affollati pranzi della domenica. Una cucina autentica, a partire dalle ricette che ormai a casa non si ha più il tempo o la conoscenza per farle.
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