Guida Espresso e Michelin | la fotografia dell’Italia che mangia a confronto: il Sud

Pubblicato in: Eventi da raccontare

di Leo Ciomei

Nei giorni scorsi stavo leggendo i dettagli per regione della Guida Espresso e della Michelin e notavo delle disparità notevoli fra le province del nostro paese.  Contemporaneamente ricevo una chiamata da un amico che mi chiede qualche buon ristorante a Pisa: farfuglio qualche nome che conosco da anni, mi accorgo che parlo di locali che non hanno alcuna ambizione di eccellenza, non da guida, diremmo.  Dilusione per la mia Toscana…

Stimolato quindi da questi pensieri mi sono messo ad analizzare provincia per provincia e ho scoperto che in certe zone non siamo messi benissimo per quanto riguarda l’alta (ma pure la media) ristorazione.

I riferimenti sono la Guida Espresso 2015 e la Michelin 2015 da poco uscita. Ho tenuto conto solo dei locali con votazione (cioè sopra 14/20) per Espresso e con i macaron (o stelle) per Michelin.

Per facilità d’uso ho diviso in quattro zone la penisola iniziando in questo primo articolo dal sud, più semplice da esaminare in quanto meno numerose sono le grandi tavole (a parte l’eccezione Campania).

Interessante è vedere l’incidenza sulla popolazione degli esercizi premiati con alti voti e stelle. Per la Guida Espresso la parte del leone la fanno le province di Teramo (un locale ogni 28.300 abitanti), Salerno (1 ogni 38.000), Ragusa (1 ogni 39.800) e, ma solo per il basso numero di abitanti, Carbonia-Iglesias e Olbia-Tempio.   Per quanto concerne la guida Michelin la situazione è simile con Salerno e Ragusa province più stellate in rapporto alla popolazione.
Fanalini di coda oltre alle quattro province senza rappresentanti (Isernia, Matera, Caltanissetta, Ogliastra) sono Caserta, Catanzaro, Cosenza e sorprendentemente Catania.

Molise, Basilicata, Calabria e Sardegna sono le regioni dove sono concentrate le province più “povere” di ristoranti di medio/alto livello.

Il piatto piange in Molise (tranquillizzo tutti: esiste davvero e da turisti si sta pure bene) ma anche la Basilicata non ride.  Nessun stellato e solo due ristoranti con cappello: la Vecchia Trattoria da Tonino a Campobasso, baluardo della cucina molisana e l’Antica Osteria Marconi di Potenza, rimasto da solo a rappresentare la Basilicata dopo la scomparsa del nostro Frank Rizzuti, artefice della prima stella Michelin della regione.  Dispiace notare che Matera, capitale europea della Cultura 2019, non abbia un locale degno dell’evento; possiamo solo sperare che in questi quattro anni qualcuno abbia il coraggio di aprire un ristorante gourmet per valorizzare anche la cucina oltre che l’arte; sembra che ciò avverrà, se ci fidiamo del Corriere.it.

La situazione non è brillante nemmeno in Calabria dove spicca solo il giovane Abbruzzino a Catanzaro, chef emergente e in crescita.  Ci sono 4/5 ristoranti di buon livello ma è proprio l’offerta media che manca: solo quattro locali superano i 14/20, nemmeno uno a Reggio Calabria e solo due in provincia, per una popolazione di quasi 600.000 abitanti!

Regione turistica per antonomasia la Sardegna non esce da quel cliché: nelle città non esistono in pratica ristoranti degni di apparire in guida con una votazione; solo la Costa Smeralda e, in parte, Cagliari e la zona che gravita intorno a Carloforte si salvano.  Qui la crisi si fa sentire parecchio e quindi massimo rispetto per Roberto Petza del S’Apposentu e Stefano Deidda del Corsaro che riescono a fare alta cucina in un simile contesto.

Regione che invece si sta rialzando dopo varie vicissitudini è l’Abruzzo. Trainata dalle tre stelle di Niko Romito con il suo Reale di Castel di Sangro con l’exploit di Teramo che raccoglie ben 11 locali sopra i 14/20 diventa mèta ambita per i gourmet. Caratteristica della regione il fatto che spalma sul territorio, mare e monti, i migliori ristoranti. Mi piace ricordare, per l’amicizia che ci lega, l’ottimo Zunica 1880 nella splendida Civitella e Villa Maiella a Guardiagrele, dominio della famiglia Tinari.

Nonostante la vulgata popolare indichi la Puglia (più di 4 milioni di abitanti, mica noccioline!) come una regione in cui si mangia molto bene nelle città mancano ristoranti di livello superiore. A Taranto, Foggia e Brindisi non esistono locali valutati almeno 14/20, Lecce si salva solo con l’Alex  e Bari (320.000 baresi..) ne sfodera solo due, giusto per non fare brutta figura.  Meno male che c’è la campagna e il litorale con le (grosse) cittadine: lì si celano le perle della ristorazione pugliese, primo fra tutti il bravo Angelo Sabatelli di Monopoli che, escludendo i due pesi massimi di Senigallia, è la migliore tavola dell’Adriatico.

Oh, finalmente! con la Campania ci divertiamo..  49 ristoranti “cappellati”, 35 stellati con 41 stelle totali: il bottino è ricco.   Anche qui comunque disparità notevoli fra le province e fra città e territorio. A parte Napoli (ettecredo! una delle prime tre metropoli d’Italia) le altre province si piazzano male in classifica generale.  Ciò che porta la Campania ai vertici della ristorazione del belpaese è la costiera sorrentina, quella amalfitana e le isole: da lì proviene quasi il 70 % delle stelle campane. Locali di cui abbiamo abbondantemente già scritto e letto; voglio solo ricordare fra i nuovi stellati il Relais Blu di Massa Lubrense e Mammà a Capri, satellite della Torre del Saracino di Vico, e fra gli evergreen il Mosaico di Ischia, chef Nino Di Costanzo.  Si stanno facendo largo comunque realtà pure nell’interno, penso agli Sposito di Taverna Estia, a Marianna Vitale di Sud, a Iannotti del Kresios, ecc…   Quella che manca è la media tavola, quella con cui stai bene senza svuotare il portafoglio (anche se qui la spesa, secondo i canoni del nord, non è mai eccessiva): solo quattro locali segnalati nelle province di Avellino, Benevento e Caserta! ecco perchè le pizzerie sono piene..

Anche per la Sicilia vale il ragionamento già fatto per la Campania: la zona costiera intorno a Taormina e il “distretto ragusano del food” monopolizzano la ristorazione isolana. In sette capoluoghi su nove non c’è un locale stellato, in cinque alcun ristorante segnalato con voto.  Meno male sta migliorando la situazione intorno a Palermo dove da anni e dai tempi del Charleston, della Scuderia e del Bye Bye Blues non trovavamo ottime tavole; complimenti al Bavaglino e ai Pupi, nuove stelle 2015.  Certo è che Ragusa e Modica hanno una densità di grandi ristoranti che non si trova facilmente. Mi fa piacere pensare che di questo abbia “colpa” il capostipite Ciccio Sultano, lo chef che da anni ormai è ai vertici della cucina siciliana (e non solo) con il suo Duomo di Ibla (sì, sono di parte, gli voglio bene! ma lo scrivo ugualmente, ecchissenefrega).
Da segnalare inoltre in località non proprio “facilmente raggiungibili” Al Fogher di Piazza Armerina, il Cappero sull’isola di Vulcano e l’ottimo Pino Cuttaia a La Madia di Licata.

Nei giorni scorsi stavo leggendo i dettagli per regione della Guida Espresso e della Michelin e notavo delle disparità notevoli fra le province del nostro paese.  Contemporaneamente ricevo una chiamata da un amico che mi chiede qualche buon ristorante a Pisa: farfuglio qualche nome che conosco da anni, mi accorgo che parlo di locali che non hanno alcuna ambizione di eccellenza, non da guida, diremmo.  Dilusione per la mia Toscana…

Stimolato quindi da questi pensieri mi sono messo ad analizzare provincia per provincia e ho scoperto che in certe zone non siamo messi benissimo per quanto riguarda l’alta (ma pure la media) ristorazione.

I riferimenti sono la Guida Espresso 2015 e la Michelin 2015 da poco uscita. Ho tenuto conto solo dei locali con votazione (cioè sopra 14/20) per Espresso e con i macaron (o stelle) per Michelin.

Per facilità d’uso ho diviso in quattro zone la penisola iniziando in questo primo articolo dal sud, più semplice da esaminare in quanto meno numerose sono le grandi tavole (a parte l’eccezione Campania).

Interessante è vedere l’incidenza sulla popolazione degli esercizi premiati con alti voti e stelle. Per la Guida Espresso la parte del leone la fanno le province di Teramo (un locale ogni 28.300 abitanti), Salerno (1 ogni 38.000), Ragusa (1 ogni 39.800) e, ma solo per il basso numero di abitanti, Carbonia-Iglesias e Olbia-Tempio.   Per quanto concerne la guida Michelin la situazione è simile con Salerno e Ragusa province più stellate in rapporto alla popolazione.
Fanalini di coda oltre alle quattro province senza rappresentanti (Isernia, Matera, Caltanissetta, Ogliastra) sono Caserta, Catanzaro, Cosenza e sorprendentemente Catania.

Molise, Basilicata, Calabria e Sardegna sono le regioni dove sono concentrate le province più “povere” di ristoranti di medio/alto livello.

Il piatto piange in Molise (tranquillizzo tutti: esiste davvero e da turisti si sta pure bene) ma anche la Basilicata non ride.  Nessun stellato e solo due ristoranti con cappello: la Vecchia Trattoria da Tonino a Campobasso, baluardo della cucina molisana e l’Antica Osteria Marconi di Potenza, rimasto da solo a rappresentare la Basilicata dopo la scomparsa del nostro Frank Rizzuti, artefice della prima stella Michelin della regione.  Dispiace notare che Matera, capitale europea della Cultura 2019, non abbia un locale degno dell’evento; possiamo solo sperare che in questi quattro anni qualcuno abbia il coraggio di aprire un ristorante gourmet per valorizzare anche la cucina oltre che l’arte; sembra che ciò avverrà, se ci fidiamo del Corriere.it.

La situazione non è brillante nemmeno in Calabria dove spicca solo il giovane Abbruzzino a Catanzaro, chef emergente e in crescita.  Ci sono 4/5 ristoranti di buon livello ma è proprio l’offerta media che manca: solo quattro locali superano i 14/20, nemmeno uno a Reggio Calabria e solo due in provincia, per una popolazione di quasi 600.000 abitanti!
Regione turistica per antonomasia la Sardegna non esce da quel cliché: nelle città non esistono in pratica ristoranti degni di apparire in guida con una votazione; solo la Costa Smeralda e, in parte, Cagliari e la zona che gravita intorno a Carloforte si salvano.  Qui la crisi si fa sentire parecchio e quindi massimo rispetto per Roberto Petza del S’Apposentu e Stefano Deidda del Corsaro che riescono a fare alta cucina in un simile contesto.

Regione che invece si sta rialzando dopo varie vicissitudini è l’Abruzzo. Trainata dalle tre stelle di Niko Romito con il suo Reale di Castel di Sangro con l’exploit di Teramo che raccoglie ben 11 locali sopra i 14/20 diventa mèta ambita per i gourmet. Caratteristica della regione il fatto che spalma sul territorio, mare e monti, i migliori ristoranti. Mi piace ricordare, per l’amicizia che ci lega, l’ottimo Zunica 1880 nella splendida Civitella e Villa Maiella a Guardiagrele, dominio della famiglia Tinari.
Nonostante la vulgata popolare indichi la Puglia (più di 4 milioni di abitanti, mica noccioline!) come una regione in cui si mangia molto bene nelle città mancano ristoranti di livello superiore. A Taranto, Foggia e Brindisi non esistono locali valutati almeno 14/20, Lecce si salva solo con l’Alex  e Bari (320.000 baresi..) ne sfodera solo due, giusto per non fare brutta figura.  Meno male che c’è la campagna e il litorale con le (grosse) cittadine: lì si celano le perle della ristorazione pugliese, primo fra tutti il bravo Angelo Sabatelli di Monopoli che, escludendo i due pesi massimi di Senigallia, è la migliore tavola dell’Adriatico.
Oh, finalmente! con la Campania ci divertiamo..  49 ristoranti “cappellati”, 35 stellati con 41 stelle totali: il bottino è ricco.   Anche qui comunque disparità notevoli fra le province e fra città e territorio. A parte Napoli (ettecredo! una delle prime tre metropoli d’Italia) le altre province si piazzano male in classifica generale.  Ciò che porta la Campania ai vertici della ristorazione del belpaese è la costiera sorrentina, quella amalfitana e le isole: da lì proviene quasi il 70 % delle stelle campane. Locali di cui abbiamo abbondantemente già scritto e letto; voglio solo ricordare fra i nuovi stellati il Relais Blu di Massa Lubrense e Mammà a Capri, satellite della Torre del Saracino di Vico, e fra gli evergreen il Mosaico di Ischia, chef Nino Di Costanzo.  Si stanno facendo largo comunque realtà pure nell’interno, penso agli Sposito di Taverna Estia, a Marianna Vitale di Sud, a Iannotti del Kresios, ecc…   Quella che manca è la media tavola, quella con cui stai bene senza svuotare il portafoglio (anche se qui la spesa, secondo i canoni del nord, non è mai eccessiva): solo quattro locali segnalati nelle province di Avellino, Benevento e Caserta! ecco perchè le pizzerie sono piene..

Anche per la Sicilia vale il ragionamento già fatto per la Campania: la zona costiera intorno a Taormina e il “distretto ragusano del food” monopolizzano la ristorazione isolana. In sette capoluoghi su nove non c’è un locale stellato, in cinque alcun ristorante segnalato con voto.  Meno male sta migliorando la situazione intorno a Palermo dove da anni e dai tempi del Charleston, della Scuderia e del Bye Bye Blues non trovavamo ottime tavole; complimenti al Bavaglino e ai Pupi, nuove stelle 2015.  Certo è che Ragusa e Modica hanno una densità di grandi ristoranti che non si trova facilmente. Mi fa piacere pensare che di questo abbia “colpa” il capostipite Ciccio Sultano, lo chef che da anni ormai è ai vertici della cucina siciliana (e non solo) con il suo Duomo di Ibla (sì, sono di parte, gli voglio bene! ma lo scrivo ugualmente, ecchissenefrega).
Da segnalare inoltre in località non proprio “facilmente raggiungibili” Al Fogher di Piazza Armerina, il Cappero sull’isola di Vulcano e l’ottimo Pino Cuttaia a La Madia di Licata.


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