di Santa Di Salvo
Ogni quarto d’ora al mercato dei fiori di Nizza arriva la bici con la padellona coperta. Appena uscita dal forno a legna di un vicolo vicino, la socca è pronta al taglio. Turisti in fila davanti a Chez Teresa, storico banco di strada governato dalla bella Sophie. Si chiama Socca uno dei piatti popolari più tipici della cucina nizzarda. Per noi è la farinata di ceci, molto simile a quella ligure, croccante all’esterno e morbida all’interno. In vetrina nello stand del Marchè Saleya ci sono anche fette di Trouchia, un’omelette di uova, bietole e formaggio; la Pissaladiére, focaccia morbida con salsa di acciughe e cipolle; il Pan Bagnat, panino riccamente farcito di Salade Nicoise; la Tourte de Blette, dolce a base di bietole uvetta e pinoli.
Lo street food nizzardo è blasonato come il nostro, e gli assomiglia molto per i condimenti mediterranei. Una cucina trasversale che ha molti punti di contatto con quello dei nostri mercati rionali ma che qui, diversamente da noi, è riuscita a tutelarsi persino con un marchio, 200 ricette entrate nel Patrimonio nazionale del Ministero della Cultura, che oggi punta a inserirle nel Patrimonio mondiale Unesco. Cucina prevalentemente di terra, miracolosamente indenne dall’omologazione universale che minaccia tutte le diversità gastronomiche presenti sulle sponde del Mediterraneo.
La Cuisine Nissarde
Interpreti ufficiali della “Cuisine Nissarde” poco più di una trentina di ristoranti selezionati. Alcuni seguono rigorosamente la tradizione, pochi altri la interpretano con soluzioni più creative. Il più interessante in tal senso è Chez Davia in Rue Grimaldi, il locale dove regna Pierre Altobelli. Proprio per lui il marchio si è aperto alla versione “revisitée”. Talentuoso e schivo, Pierre è l’erede di una lunga tradizione familiare. I nonni, lui di Bologna lei di Rimini, avviarono l’impresa ingaggiando nientemeno che un ex chef dell’Eliseo. Lui ha alle spalle una sontuosa gavetta con Ducasse, Pierre Gagnaire, Troisgros e molto Oriente tra Tokyo, Hong Kong e Osaka. E in effetti il lungo soggiorno in Giappone si nota nella pulizia ed essenzialità delle sue creazioni. I farcis (verdure ripiene gratinate) sono leggerissimi, l’insalata di carciofi con fave e bottarga è delicata, tra le specialità nizzarde gustosissime le sardine farcite di bieta, la ratatouille con le verdure stufate (da noi cianfotta o ciambotta), lo stoccafisso, i ravioli, la daube de boeuf, sorta di spezzatino rustico molto saporito. Per Altobelli la cucina mediterranea è molto più vicina al canone giapponese di quanto ci si immagini.
Primo in ordine alfabetico nella lista dei locali certificati è Acchiardo nella vecchia rue Droite. Anch’esso di lontana origine italiana. Dalla bisnonna piemontese a Virginie, attuale proprietaria coi fratelli Raphael e Jean Francois, qui è tutto un susseguirsi di verdure coloratissime, pesce alla griglia e naturalmente la Salade Nicoise, giusto equilibrio mediterraneo di insalata mista, pomodori, uova sode, le caillettes (gustose olive locali piccole e nere con le quali si fa anche la tapenade), acciughe e olio d’oliva. Oggi indispensabile anche il tonno, lo vogliono tutti. Non previsto nella ricetta originale, però. Con il suo irresistibile sorriso, Virginie riuscirà a servirvi anche la “merda de can”, infelice dizione degli gnocchi verdi di patate e bietole! Di provenienza italiana è anche Lu Fran Calin a rue Gallo. Vi accoglie Elvira Silvetti, di origine barese. Atmosfera familiare, dehors sulla piazza, vociare festoso. Formidabile la sua tourte aux blettes. Come avrete capito a Nizza le bietole la fanno da padrone, infatti Elvira ci farcisce anche i suoi cannelloni molto italiani.
Ma persino la cucina tipica nizzarda si evolve coi tempi. Oggi la piccola grande novità è quella ideata da Luc Salsedo, chef, ex titolare di un noto ristorante. Il lavoro ripetitivo l’annoiava, ha chiuso tutto e aperto un laboratorio dove produce le Socca Chips, croccante farinata di ceci ottima anche per i gluten free. Simili alle patatine, hanno avuto un immediato grande successo e ora Luc è pronto a esportarle anche all’estero.
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