di Luciano Pignataro
Per la prima e ultima volta Gualtiero Marchesi non completerà uno dei suoi tanti progetti innovativi. La morte l’ha preceduto impedendogli di portare al termine la sua ultima idea, mai realizzata da nessuno in Italia: la creazione di una casa di riposo per anziani sul modello di quella voluta da Giuseppe Verdi per i musicisti. L’iniziativa sarà però sicuramente realizzata a Varese entro il 2018 ma al taglio del nastro non ci sarà lui, il Maestro, il più grande innovatore della cucina italiana del Dopoguerra, il cuoco che vive nell’immaginario di tutti, anche di coloro che non sono mai entrati in vita loro in un ristorante gourmet.
Gualtiero Marchesi, malato di tumore, si è spento nella sua casa di Milano, assistito dalle figlie Simona e Paola, dal genero Enrico e dai nipoti Guglielmo, Bartolomeo e Lucrezia.
Prima di lui l’Italia era solo un insieme di grandi cucine regionali, alcune delle quali, soprattutto la Campania e l’Emilia Romagna, avevano esportato solo alcuni piatti della tradizione riuscendo ad assemblare il senso comune di un insieme di ricette con cui ancora oggi si identifica il made in Italy a tavola: dagli spaghetti al pomodoro ai tortellini, dalla pizza al caffè alle tagliatelle al ragù e al prosciutto, dalla mortadella alla mozzarella di bufala e alle sfogliatelle e via discorrendo.
Marchesi è stato un grande innovatore, sta alla cucina italiana come Mike Bongiorno alla televisione moderna perché è riuscito a capire bene cosa stava avvenendo all’estero ed a coniugarlo con la fase storica vissuta dal nostro paese. E, in particolare, Marchesi è stato bravissimo a italianizzare il movimento francese della Nouvelle Cuisine con le nuove abitudini della borghesia settentrionale che iniziava a frequentare il ristorante come status symbol e non più solo per sfamarsi. Quella stessa borghesia che, un decennio dopo, ha iniziato a fare le sue vacanze in Penisola Sorrentina e a Capri rendendo vincente la scommessa del Don Alfonso e dei grandi ristoranti campani su cui ogni anno piovono le stelle.
Ma, attenzione, importare non vuol dire copiare.
Il grande merito di Gualtiero Marchesi è stato quello di saper innovare, essere sempre il primo. E lo è stato a lungo dominando la scena in maniera incontrastata per oltre trent’anni.
Il primo a prendere le Tre Stelle Michelin sfruttando al massimo la scia della forza delle guide specializzate iniziata negli anni ’80 e il primo a restituire il riconoscimento dopo aver intuito l’inizio del loro inevitabile declino con l’arrivo di internet, almeno per quanto riguarda il modello cartaceo.
Ha sempre voluto non solo arrivare prima, ma essere il primo, ed è per questo che non ha mai accettato di essere superato da nessuno. Fece scalpore, ad esempio, la sua battuta rilasciata in una intervista lo scorso anno: “Non sono mai andato da Bottura”, disconoscendo in pratica il cuoco italiano consacrato migliore del mondo dalla 50Best Restaurant. Non ha neanche cavalcato l’ascesa del vino italiano negli anni ’90 dichiarando che il miglior modo per mangiare un buon piatto è bere solo acqua. E tra i suoi innumerevoli allievi, citiamo Carlo Cracco, Davide Oldani, Enrico Crippa, Andrea Berton, ha indicato come il suo preferito Paolo Lopriore, a cui pure la Michelin aveva tolto inspiegabilmente la stella.
E neanche con la critica che non lo ha osannato è mai stato troppo tenero: in una conferenza stampa del 2008 annunciò: «Ora basta voti, accetterò solo commenti». Insomma, un carattere non facile, ironico ma anche duro, attento ai temi del futuro, come per esempio il problema della proprietà artistica delle ricette affrontato in un convegno organizzato nel 2015. Forse proprio questo lo ha sempre distinto, una spasmodica tensione verso qualsiasi cosa fosse nuova. Lo spiega lui stesso in un famoso articolo del 2016: Mi chiedono spesso quale sia il mio “elisir di lunga vita”, il mio segreto. A furia di sentirmelo domandare una spiegazione l’ho trovata: la curiosità.
Mi piacciono le cose nuove, da quelle piccole di ogni giorno ai nuovi prodotti, fino al confronto con l’industria alimentare. Mi incuriosiscono le nuove tecnologie. Quando ho rinunciato ai punteggi delle guide ho aperto un profilo Facebook perché ho capito che grazie alla rete, e poi ai social, gli strumenti di valutazione e di informazione stavano mutando”.
Così, un uomo di 85 anni ha dimostrato di essere mentalmente più elastico di tanti suoi colleghi molto più giovani di lui. E ancora: Ho voluto l’iPad nel ristorante Marchesi alla Scala perchè mi permetteva di presentare con immagini il piatto, fornendo al contempo tutte le informazioni nutrizionali.
Gualtiero Marchesi nasce a Milano il 19 marzo 1930 come figlio d’arte: i suoi genitori avevano il ristorante dell’albergo «Mercato» in via Bezzecca. Il salto di qualità lo fa quando decide di andare in Francia ad aggiornarsi ed è in quel momento che incrocia la Nouvelle Cuisine, che non è, come vuole il senso comune diffuso in Italia, una corrente che predicava cose strane e complicate o raffinate, ma un poderoso movimento di pensiero che ha modernizzato, alleggerendola e migliorandola nelle presentazioni, la cucina francese. Esattamente quello che lui inizia a fare in via Bonvesin de la Riva, a Milano, nel 1977 dove in due anni ottiene le prime due stelle Michelin. La terza nel 1985, primo italiano a riuscirci grazie a quella che definisce l’idea della cucina totale: dai piatti al servizio, dalla hotellerie all’ambiente, tutto concorre all’esperienza del cibo. Un modo di concepire la ristorazione innovativo e rivoluzionario per l’epoca da cui, diciamolo, pure, in questa fase tutta concentrata solo sulle presentazioni in questi ultimi anni si stanno facendo passi indietro.
E’ il periodo dell’ascesa irresistibile: nel 1986 diventa «Cavaliere della Repubblica», nel 1990 il ministro della Cultura francese Jack Lang lo insignisce dell’onorificenza «Chevalier dans l’ordre des Arts et des Lettres», per la prima volta la cucina veniva «riconosciuta come ambito culturale». Non si ferma e lui stesso diventa uno chef –imprenditore sui modelli francesi: negli anni Novanta apre bistrot e caffè in Italia e all’estero, due ristoranti a bordo delle navi Costa Crociere, nel 2000 diventa presidente dell’associazione dei cuochi europei Euro-Toques.
Negli anni ’90 inizia però ad essere in crisi con i media, soprattutto con quelli specializzati. Nel 1993 chiude a Milano e apre in Franciacorta il ristorante Relais&Chateaux L’Albereta che fino al 1996 conserva tre stelle ma che nel 1997 ne perde una. Nel 2008 rientra a Milano per aprire il ristorante «Teatro alla Scala – Il Marchesino» e annuncia di rinunciare ai punteggi delle guide.
Ma l’impegno resta incessabile: dalla scuola Alma aperta nel 2004 alla Fondazione Marchesi creata nel 2010 per «diffondere il bello attraverso il gusto», l’Accademia Marchesi, per insegnare a cucinare a tutti, bambini inclusi, i programmi televisivi, sino al progetto della casa di riposo per chef, la sua unica incompiuta.
Non è retorica dire: la cucina italiana moderna non sarebbe stata la stessa senza Gualtiero Marchesi
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