CANTINE LONARDO
Uva: Grecomusc’ (sin. Rovello bianco o Roviello)
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio
Colore: 5/5 Naso: 25/30 Palato: 26/30 Non Omologazione: 35/35
Ecco un esempio di come la ricerca rimanga un valore assoluto da non perdere mai di vista, un assunto per niente opinabile e, men che meno, subalterno a questo o quel giochino politico di turno; il lavoro portato avanti su questo raro e, a quanto pare, straordinario vitigno campano dal professore Giancarlo Moschetti & Co., ci induce oltretutto a pensare, qualora qualcuno non ne avesse ancora colto il valore, non senza una sana presunzione, che la Campania del vino ha tutto quanto necessario per ambire a primeggiare nell’affollato e sempre più omologato calderone del mondo del vino italiano; quel che è certo, è che non abbiamo i numeri per competere con regioni ben più prolifiche della nostra, e a dirla tutta, manchiamo anche di annali storici degni di nota, ma da qualcosa bisogna pur partire, e non è certo sul breve, in vitivinicoltura più che mai, che si costruiscono e si affermano ambizioni di questo genere; sono quindi altri gli elementi su cui fare leva e spianarsi al successo.
Se ai numeri ed al blasone degli altri si è capaci di contrapporre elementi ancor più preziosi come la continua valorizzazione, come in questo caso, e la riscoperta del nostro straordinario patrimonio ampelografico, soprattutto in virtù di una loro precisa collocazione territoriale, della loro identità, che in certi luoghi, e per certi mercati in particolare, esprimono un valore che va ben oltre la normale esperienza degustativa, ecco svilupparsi un potenziale a dir poco eccezionale, invidiabile, un potere culturale di suggestione unica, un significato antropologico ineludibile; in altri termini, percorrendo questa strada non ci sono ragioni che tendano ad ostacolarci, il futuro è certamente nostro!
La ricerca dicevamo; quella genetica, ampelografica ed agronomica messa in campo sul Rovello bianco ha pochi altri precedenti nel recente passato in regione, e ciò la dice lunga sul fascino che questa varietà ha subito destato agli occhi dei ricercatori che se ne sono occupati, oltre che naturalmente sulla fermezza dei Lonardo’s a riguardo del progetto scientifico. Lo studio ha evidenziato che la varietà, allocata perlopiù a Taurasi e nel comune di Bonito, gli unici in Irpinia dove è ancora possibile rinvenire il Greco Musc’, si differenzia nettamente da altri vitigni sia regionali che nazionali italiani. Storicamente poi, si sapeva che il Roviello o Greco muscio fosse un varietale abbastanza diffuso anticamente in tutto l’areale tanto dall’essere annoverato in diverse citazioni ampelografiche ottocentesche, sin dal 1875; lentamente però pare che il vitigno sia stato soppiantato da altre varietà, fiano e greco su tutte, probabilmente a causa della sua precocità, e quindi destinato praticamente all’estinzione se non fosse stato per quei pochi ceppi vecchi sparsi qua e là nelle vigne, spesso ancora a piede franco, più a preservarne una sorta di memoria storica, un valore affettivo, che per fini produttivi.
Qui il grande merito di un’azienda come Cantine Lonardo, che sin dai suoi esordi, pur rappresentando appieno lo spirito enoico più tradizionalista, e se vogliamo integralista del comprensorio taurasino, non ha mai smesso di ricercare e sperimentare al fine di migliorare e far crescere la qualità espressiva dei suoi vini, finanche dei già superlativi Taurasi; non a caso è venuta per esempio la scelta di avvalersi, dopo la decisione del bravissimo Maurizio De Simone di prendersi un periodo sabbatico, della collaborazione dell’ottimo Vincenzo Mercurio, profondo conoscitore del terroir irpino nonché tecnico brillante e misurato in cantina.
Ne avevo già di molto apprezzato il duemilasette, annata non certo favorevole per i bianchi irpini, ancor meno per una varietà precoce come questa che si offre matura già alla terza decade di settembre, ma questo duemilaotto pare rivelarsi, a distanza di tempo, e cosa ancor più stupefacente, in prospettiva, a dir poco straordinario; bel paglierino nitido, cristallino, offre, a chi ama rincorrere certe sensazioni, un impulso emozionale che ha poco a che spartire forse con l’intero panorama bianchista nazionale; per questo, senza ombra di dubbio, superiore. “Il Greco Musc’ è una varietà che ha una quantità notevole di catechine che è necessario preservare dall’ossidazione durante la vinificazione e l’affinamento”, mi dice, interpellato, Giancarlo Moschetti; “quindi oltre ad una diraspa-pigiatura molto soft, in riduzione, gli concediamo un tempo di permanenza sui lieviti abbastanza lungo, e di deproteinizzazione naturale mediante precipitazioni a freddo di cantina, per evitare di utilizzare chiarifiche”. Tra l’altro, aggiunge, “essendo un vitigno di tipo tiolico”, caratterizzato cioè da markers piuttosto netti (pensate al bosso o alla ginestra di certi sauvignon, ad esempio), “per preservarne una certa integrità espressiva, vengono preferiti lieviti ambientali selezionati in vigna che possiedono degli enzimi denominati “B liasi”, che tramutano i caratteristici aromi tiolici” – chiare note agrumate, sottile frutto della passione, pietra focaia in lento ma marcato divenire –,“da criptici a presenti”, così da consentirgli di esprimere caratteristiche odorose tipiche di queste tipologie di uve, che certamente non sono per tutti i gusti ma offrono una complessità eccezionale, e che in più mira a garantire al vino una longevità davvero interessante, di cui certo non possiamo ancora avere piena contezza, ma per come si esprime nel bicchiere questo duemilaotto, ricco, tagliente, minerale, non possiamo che apprezzarne l’interessante prospettiva.
Non nego che è piuttosto difficile pretenderlo, soprattutto in un momento di mercato così difficile e complesso dove basta poco per perdere la bussola, però ritornando a noi, al valore assoluto della nostra vitivinicoltura, la specializzazione rimane l’unica via praticabile, e questo vino ne è l’esempio più illuminante; pensare che sia possibile presentarsi ai propri consumatori con un vino bianco così insolito, e non per completare la gamma aziendale – se ci pensate, sarebbe bastato, come fanno tra l’altro in tanti, comperare una o due vasche di fiano di Avellino o greco di Tufo per annata – ma per raccogliere una opportunità di recuperare e valorizzare un vitigno misconosciuto altrimenti disperso, non è mica male come idea vincente, non trovate?
Questa scheda è di Angelo di Costanzo
Sede a Taurasi, via Municipio 41. Tel 081.5442457. Tel e fax 0827.74704. lonardos@libero.it. Enologo: Vincenzo Mercurio Ettari: 5 di proprietà. Bottiglie prodotte: 20.000. Vitigni: aglianico di Taurasi, greco musc’
Qui la prima verticale di GrecoMusc’
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