Uva: greco di Tufo
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio
Delle etichette di casa Vadiaperti non può non affascinare lo stile un po’ retrò; anche quando chi parla, o meglio chi guarda, come il sottoscritto, non ha tanta simpatia per il testo formattato in “Courier” e preferisce di gran lunga il più rilassato “Comic Sans MS” o il più classico “Times New Roman”.
Uno stile che anticipa il carattere “estremo” dei vini dell’azienda di Montefredane che non conoscono le mezze misure, nel senso che piacciono molto o non piacciono affatto!
L’etichetta “a tutto testo” è un mosaico di parole che unite l’una all’altra fanno il territorio e l’essenza dei suoi vini; e del “greco” pure, nobile e scontroso autoctono a bacca bianca. Non un caso che, nascoste in quel groviglio a prima vista incomprensibile, brillino le lettere (dello stesso colore giallo paglierino ritrovato poco dopo nel bicchiere) che compongono nome e cognome del pilastro dell’azienda: Raffaele Troisi.
Raffaele ha ereditato dal padre la vocazione di vigneron e quella stessa passione che non è difficile cogliere nella foto del professore Antonio, scomparso nel 1998, che fa bella vista sul sito dell’azienda. Il ritratto sembra quasi dipinto con le parole impresse in etichetta: posa orgoglioso, il professore, con barba e pipa, sorridente in mezzo ai filari. Di fianco a lui il “suo” vitigno, il Fiano di Avellino.
L’avventura della famiglia Vadiaperti comincia proprio dal Fiano, imbottigliato per la prima annata nel 1984. Poi, la felice collocazione geografica (al confine con la zona di produzione dell’altro bianco irpino a denominazione di origine controllata e garantita) spinse Antonio a cimentarsi anche nella produzione del Greco di Tufo, vitigno assai complicato, con una buccia sottile che richiede una pressatura il più soffice possibile, per non correre il rischio di un indesiderato “inquinamento da polifenoli”.
Le uve – provenienti dal vigneto in località “Marotta” del Comune di Montefusco, ad un’altitudine di circa 600 metri s.l.m. – sono raccolte a mano, in genere nella seconda metà di ottobre. Per il resto la vinificazione è quella classica in bianco. Fa solo acciaio per quattro mesi.
Del colore, aggiungo soltanto che ha una bella luminosità. Ruota con eleganza e scivola lentamente lungo le pareti del bicchiere.
Al naso è intenso; viene fuori, sin dall’inizio, con sensazioni di mineralità poco comuni, chiaro segno delle forti escursioni termiche giornaliere e stagionali della zona. La trama olfattiva è di una certa complessità; si succedono sentori di pera e susina, di nocciola, di acacia e di erbe aromatiche.
Al palato è un’apoteosi di freschezza e sapidità. Metallico. Il finale è lungo e leggermente amarognolo con una generosa persistenza di nocciola. L’ago della bilancia è sicuramente dalla parte delle durezze; e a dirla tutta non potrebbe essere diversamente per un vino che ha in questo i suoi numeri migliori. La partita viene riequilibrata da un sorso secco e caldo, in perenne tensione. Di notevole struttura, pecca oggi di giovinezza ma sarà presto “beato”.
Veronelli lo aveva sorpreso a “fare l’amore con la spigola in bianco” ma a me piace molto sui crostacei. Felice anche l’abbinamento di territorio con le tagliatelle ai funghi porcini.
Comunque sia, non tradisce mai. A pieno titolo tra i grandi bianchi da invecchiamento.
Questa scheda è di Alessandro Marra
Sede a Montefredane. Contrada Vadiaperti.
Tel e fax 0825.607270.
www.vadiaperti.it.
Enologo: Raffaele Troisi.
Ettari: 7,5 di proprietà.
Bottiglie prodotte: 100.000.
Vitigni: aglianico, fiano, greco, coda di volpe