Il momento per questa bottiglia di questa annata sembra essere ormai arrivato. Se per il Fiano di Avellino e per la Falanghina non ci sono limiti nel tempo che non possano essere suoerati, il Greco di Tufo dopo un po’ per de la suanicnredibile verve, la sua forza ruspante, la sua acidità e diventa qualcosa di completamente diverse. In questo ennesimo assaggio di una bottiglia straordinaria, possia rendervi conto di un coloro ambra, il tipico ritorno del Greco di Tufo al colore del suo mosto con un naso simile allo Sherry bianco: caramello, agrume candito, note di pasticcerie, canfora, mandorla tostata. Un naso effettivamente molto complesso e affascinante che però richiede una buona esperienza da bevitore militante per poterlo godere. Al palato c’è ancor afreschezza, ma ormai non c’è più alcun rapporto con la potenza espressiva del Greco. Per ovviare ad una acidità in affanno, paradossalmente, e al contrario di quanto si deve fare con i vini bianchi invecchiati, meglio servirlo freddo. Insomma un vino da meditazione per appassionati.
Scheda del 7 settembre 2017. Nel vino come nella vita conta l’affidabilità. A parte alcuni appassionati super esperti, chi compra una bottiglia vuole trovare quello che si aspetta e la difficoltà delle piccole aziende è proprio quella di dover rispondere a questa aspettativa. Benito Ferrara sul Greco di Tufo è una sicurezza. Non parliamo solo delle ultime annate perché la scelta è varia oltre che interessante, pensiamo invece a vini che durano nel tempo, dimenticati in cantina anche se non pensati per essere bevuti dopo dieci anni. Beh, in casi come questo davvero conta molto l’affidabilità e non sono rare le delusioni. In questo caso a rischiare non è tanto chi stappa, una delusione amorosa può capitare a chiunque, quanto a chi lo vende perché perde tutte le spese di stoccaggio in caso di fallimento.
Il Greco è un vitigno difficile ma identitario. Resiste bene al tempo ma non ha mai la stessa performance del Fiano che evolve al naso in maniera emozionante. Cosa ci aspettiamo da un Greco maturo, in questo caso un base di quasi dieci anni: primo che abbia resistito al tempo mantenendo la verve acida come prima espressione della sua funzione al palato e sul cibo. Secondo che il naso abbiamo assunto una complessità maggiore rispetto agli aromi di fermentazione citrici delle prime bevute, terzo che sia ad un punto di equilibro tra la maturità e la decadenza. Spesso è volentieri i Greco dopo molti anni cedono improvvisamente come avessero beccato un ictus. Di fronte ad uno splendido pranzo agostano questa vecchia bottiglia dimenticata ha fatto la sua grande firua regalandoci un naso agrumato da sballo in una cornice di nota di idrocarburi e una verve vitalistica a palato incredibile che porta velocemente alla chiusura del sorso sapido e amaro. Un vino gastronomico, potente, appagante. In una parola: affidabile.
Scheda del 22 aprile 2014. Non è poi così difficile capire perchè i vini di Gabriella Ferrara hanno tanto successo: la bottiglia finisce sempre. Termina perché il bianco è sempre sostenuto da una acidità espressa senza preoccupazioni e da una cifra amara e non dolce al palato.
Con il trascorrere del tempo il Greco acquisisce complessità olfattiva perchè alle note di zolfo si aggiunge quella della frutta evoluta, pesca e albicocca, spesso e volentieri piacevoli note di machcia mediterranea. Ma quello che conta sopra ogni cosa è l’incredibile energia che riesce ad esprimere in bocca dove non termina praticamente mai.
La 2008 è annata le spalle larghe e lo dimostra chiaramente. Chi ha la fortuna di avere ancora qualche bottiglia può spenderla davvero su ogni piatto che non sia dolce.
Sede a Tufo, frazione San Paolo 14A. Tel. 0825.998194. www.benitoferrara.it Ettari: 9,5 di proprietà. Bottiglie prodotte: 50.000. Vitigni: greco, fiano, aglianico.
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