Uva: greco di Tufo
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio
Finalista a Vini Buoni d’Italia 2009
Greco, greco, greco. Greco! Non voglio scimmiottare l’incipit di Porci con le Ali, ma comparteciparvi del fatto che sicuramente è questo uno dei due bianchi più affascinanti del Sud, in grado di guardare dritto negli occhi gli altri, compresi, soprattutto, tutti quelli da uve internazionali prodotti in Italia. Sessualmente è un trans, perché in realtà è un rosso, un piedirosso, mascherato, il naso tende infatti all’inganno cercando di scombussolare il degustatore con aromi sempre diversi, tradito dal tappeto sulfureo quando è davvero autentico. Finte rivelate dagli estratti. Clelia sta al Fiano come Gabriella Ferrara sta al Greco, due donne signore delle rispettive uve. Il Greco di questa azienda, le cui radici familiari affondano alla fine dell’800 e la cui prima vendemmia etichettata è del 1991, è un idealtipo weberiano, è l’esempio classico del concetto moderno di tipico. Chè tipico è il prodotto capace di farsi capire anche a chi non è del territorio in cui nasce, ossia ne rivela l’anima usando un’alfabeto comune idealmente decriptabile da tutti restando però fedele ai fondamentali. Due le alternative al tipico: l’omologazione in cui le caratteristiche del cibo e del vino si perdono, oppure l’autoconsumo con tutti i difetti assunti a valore positivo da chi ci sguazza dentro perché ci è nato vivendo senza girare e senza aggiornarsi o l’eccentricità capace di attirare però solo nicchie di curiosi hard. Questo secondo aspetto ormai è sicuramente poco visibile nel mondo del vino anche se ogni tanto nella tentazione biodinamica si riaffaccia di qui e di là, mentre il rischio vero, a vent’anni dalla rivoluzione vitivinicola, è piuttosto che si precipiti verso una sostanziale omologazione intesa come piacevolezza piatta. Non a caso il mercato internazionale del vino è quasi tutto ristretto a quattro, cinque vitigni sulle centinaia coltivate nel mondo. Però universalizzare il proprio gusto di territorio non vuol dire banalizzarlo e omologarlo, bensì renderlo comprensibile e apprezzabile attraverso alcuni accorgimenti indispensabili. La fermentazione a temperatura controllata ha aiutato decisamente la gran parte dei vini meridionali a liberarsi dei loro difetti, ad uscire dal loro guscio di sporcizia favorendo la frutta e mettendo a nudo lo scheletro, la mineralità del suolo in cui sono concepiti dall’uomo. E’ tipico quel che si può commerciare, è autoconsumo quel che non affascina il mercato. L’emblema di questo processo di beatificazione contadina non è dunque Padre Pio bensì il Vigna Cicogna di Gabriella Ferrara che ha lasciato il nome dell’azienda intestato al padre. Ma qui parliamo del base perché, durante le degustazioni di Vini Buoni del Touring, questo vino si è mostrato decisamente un passo avanti rispetto al cru, il ché non deve stupire ove si riveli la possibilità maggiore di giocare con le masse di vigne diverse in cantina. Il naso ha il marker di zolfo, ma immerso in una affascinante macedonia di frutta bianca, ricca, al palato il vino è subito importante, concettuale, impegna la testa sin dall’ingresso che non fa sconti di dolcezza nemmeno sulla punta della lingua, ma avanza sostenuto superando l’olfatto e lasciandolo indietro come un grande scalatore nei tapponi di montagna fa con il resto del gruppo. Sostenuto da cosa? Dalla imponente freschezza che avrà bisogno di molti anni prima di dipanarsi in stanchezza ossidativa, avanza coprendo ben presto la lingua, occupando tutto il palato, il finale è sapido, lungo, i parametri sono gli stessi del naso ma diversamente maturati e posizionati perchè la mineralità la fa da padrona. Difficile dire su cosa un vino del genere non può andare, credo si possa bere su tutto. Anche sull’haggis scozzese per esempio, una bella macinata di interiora di agnello finemente speziate con cui mi sono arricreato durante il recente soggiorno a Edimburgo più e più volte. Questo vino è finalista a Vini Buoni dopo essere uscito, coperto, fra 700, e dopo aver superato una finalina con il meglio della selezione emergendo con chiarezza in una batteria di cinque altri super Greco. Greco, greco, greco. Greco!
Sede a Tufo, frazione San Paolo. Tel e fax 0825.998194. Enologi: Attilio Pagli e Paolo Caciorgna. Etari: 7 di proprietà. Bottiglie prodotte: 50.000. Vitigni: gfreco di Tufo, fiano, coda di volpe e aglianico.
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