Dal Pier delle Vigne al Poggio al Bosco passando per il Rosé di Lulù, la famiglia D’Agostino ha regalato grandi vini alla viticoltura pugliese grazie ai 45 ettari coltivati in certificazione biologica Gravina. Meno conosciuto il passito da uve di Malvasia, l’ennesima dimostrazione di come alcuni punti forti della Mezzogiorno siano poco sfruttati, complice sicuramente una certa insensibilità del mercato.
Invece il sole e l’abbondanza sono il presupposto per questa tipologia che proprio in questo mese conosce il massimo consumo perché un buon passito resta sempre il miglior modo di chiudere un pranzo o una cena tra amici o familiari senza eccedere in superalcolici.
Troviamo questa bottiglia quasi dimenticata in un armadio e la stappiamo volentieri su un panettone artigianale, la grande rivincita degli ultimi anni contro le intossicazioni e soprattutto la banalità della grande industria dolciaria.
Le note semiaromatiche della Malvasia subito ci prendono in maniera intensa e persistente, c’è un cenno di ossidazione che però a noi non dispiace mai in alcuni vini, soprattutto perché al palato si è mantenuto tonico e fersco. La beva scorre veloce, dopo i rimandi alle note dolci, chiude secco lasciando il palato ben pulito.
Una piccola chicca, insomma, da sruttare in queste feste imminenti.
Sede a Gravina,22. Tel. 080.3265865. www.botromagno.it. Ettari 45. Bottiglie prodotte: 350.000
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