23 ottobre 2003
L’enologo Angelo Pizzi torna sull’Aglianico del Taburno con il Grave Mora di Libero Rillo, primo assaggio al Vinitaly, poi in bottiglia dove è arrivato dopo 13 mesi di legno e la conferma di una tesi sostenuta a spada tratta: in questo momento è nel Sannio il laboratorio più interessante della Campania. Mentre così fervono i lavori della nuova cantina e Libero chiude i conti con questa vendemmia sostanzialmente fortunata sbirciamo l’etichetta del nuovo rosso di cui si parlerà molto, da uve lasciate sulla pianta una decina di giorni in più del necessario. I vigneti sono ben esposti in collina dove il frutto cresce sano sul terreno argilloso. Il Grave Mora offre più di quel che promette, al contrario di quanto avviene con la maggior parte dei vini italian-international style. Cioé al palato è sicuramente più soddisfacente che al naso dove mancano complessità e persistenza: in bocca invece è ricco, abbastanza fresco, lungo, grasso, abbastanza morbido, davvero una piacevole sorpresa. Vino da bere assoluto o con grande tranquillità abbinandolo ai piatti di carne e ai formaggi semistagionati. Ci piace sottolineare inoltre la tipicità di questo bicchiere perché l’Aglianico del Taburno resta, con i suoi sentori di tabacco, assolutamente inconfondibile. Non ci piace sottolineare invece il prezzo, ma ormai quasi tutte le aziende meridionali per valorizzare il proprio prodotto di punta spara subito prezzi esagerati adeguandoli alla media italiana. Ma se allo stesso costo un consumatore straniero trova ottimi Brunello di Montalcino e Chianti cosa pensate che sarà la sua scelta? Vedremo come andrà a finire questo impazzimento generale nel quale è coinvolto quasi tuto il mondo vitivinicolo italiano ebbro di successo. In attesa del Grave Mora, poco più di 7500 bottiglie in commercio dalla fine di novembre, ricordiamo di Fontanavecchia il Facetus, ottima Falanghina passata in legno. E a proposito di Falanghina, segnaliamo con piacere quella base dell’azienda, ben evoluto dopo l’estate passata in bottiglia.