di Ugo Marchionne
Tanto, molto, forse troppo spesso siamo abituati a considerare Posillipo solo e unicamente come il quartiere residenziale della Napoli dell’aristocrazia economica, imprenditoriale e/o commerciale o ancor di più della cucina di mare. Negli ultimi anni, mai assunto fu più errato, grazie a realtà quali il Teatro Posillipo passando per Palazzo Petrucci a tanti altri riferimenti, Posillipo è diventato un luogo di movida, eclettismo gastronomico e riscoperta giovanile. Una di queste nuove realtà che da oltre un anno ha conquistato il proprio posto nel panorama della ribalta cittadina è Granfuoco Braceria. Primigenia creatura di Giancarmine Cotugno – lo abbiamo incontrato su questo archivio già al Ristorante Al Faretto di Marechiaro – Granfuoco si pone quale obiettivo quello di restituire al cuore pulsante della Napoli “bene” un luogo di selezione e della gioia dove godere di un’esperienza culinaria all’insegna della brace e della proteina di qualità.
Una proposta semplice e di grande concretezza quella di Granfuoco a Posillipo, interamente fondata sulla qualità delle materie prime, sulla profonda selezione dei vini, nonché sulla bella varietà di carni dal mondo. Fortemente voluta dal patron Giancarmine Cotugno, Granfuoco Braceria è la sua prima creatura che ancora cura in maniera maniacale, dalla selezione delle materie prime al controllo del pass, coadiuvato da una squadra giovane e motivatissima.
Decoro caldo e rustico, in linea con le aspettative di una braceria del terzo millennio, attento al look giovane, alla funzionalità degli spazi, all’estetica minimal, ma soprattutto alla ricercatezza del dettaglio, dalle posate, alla mise en place. Oltre alla carne, completano l’offerta salumi e formaggi di alta qualità. In un ambiente contemporaneo e moderno, ognuno può così costruirsi il suo percorso: un affettato e un bicchiere di vino, una cena, una buona bistecca dal mondo, L’idea è quella di soddisfare un pubblico variegato, giovane e meno giovane, ma anche di essere leggibili e godibili per tutti.
Batteria di antipasti davvero interessante e ben centrata. Pochi ingredienti, tanto equilibrio ma soprattutto tanta golosità. Un apripista doveroso di saputo ingresso a quello che sarà il lavoro di griglia che si succederà ad esso. Griglia e cucina che dialogano in simbiosi con un vicendevole scambio di tecniche e di rapporti sempre al servizio della carne. Tartara di Fassona piemontese, tuorlo d’uovo, senape, olio Lorenzo, sale Maldon ed ecoutrements alla francese servita table side; Sandwich di Kobe e Pan Brioche tostato con riduzione di salsa di soia affumicata; Cubo di pancia di maiale su salsa harissa homemade; e Balls di Pulled Pork cotto a bassa temperatura su crema di verza viola fermentata all’aceto. Bella sensibilità di impiattamento e di abbinamento dimostrata dall’Executive Chef di Granfuoco Alessandro Coluccia, pugliese di nascita e viaggiatore d’adozione che dimostra un’altra volta di come le Bracerie “luxury” possano serbare delle splendide sorprese anche in fatto di cucina (la vera chiave di volta e carta vincente in questo tipo di realtà).
Cuore e motore della braceria, è Giovanni Improta, bracista per professione. Serio e preparato conoscitore della materia prima e vero e proprio studente di temperature e tecniche di cottura delle carni.
Black Angus, Manzetta Prussiana, Picanha, Rubia Gallega e tanto altro. Elenco diffuso quello della scelta delle carni, simile per varietà e profondità, ai top player cittadini quali Abraxas, Fattoria del Campiglione, Riserva o anche a quelli romani e milanesi quali Mamma Mia ai Parioli o la Griglia di Varrone in CityLife a Milano. Massima attenzione e cura alla cottura, all’affumicatura, alla proporzione tra il grasso ed il magro, ma soprattutto alla temperatura di servizio, componente assolutamente fondamentale nel servizio delle proteine.
Una delle migliori carni di Kobe in circolazione quella del Granfuoco. Kagoshima Kurolem Wagyu giapponese. The real deal – quella originale. Semplicemente servita con sale in fiocchi e con una riduzione di salsa di soia di complemento e con della verza marinata in aceto bianco. Lasciar parlare la materia prima, oggi più che mai un’importante prerogativa che qui viene seguita e rispettata.
Una bel pranzo all’insegna della convivialità, della buona cucina e dell’ospitalità di Giancarmine Cotugno che conferma il successo e la indovinata prossimità della sua cifra imprenditoriale soprattutto rispetto ai più giovani. Sinceramente reputo che la passione che muove questo ristorante a scegliere le migliori carni possibili coltivando le relazioni interpersonali sia una delle cose più giuste nel fare ristorazione.
Ben strutturata e giostrata la carta dei vini che beneficia di cantina a vista. Tanta, tantissima Campania (che ci piace tanto), molte buone bollicine (che ci piacciono ancor di più), ma soprattutto una carta strutturata a prezzi ragionevolissimi con ricarichi quasi inesistenti, segno di coraggio e maturità imprenditoriale di Giancarmine Cotugno per quanto concerne il vendere il vino. Osserveremo da vicino – per quanto possibile – l’evoluzione di questo nuovo place to be cittadino, che sicuramente ha fatto già parlare tanto di sé, sia in termini di risonanza mediatica che di riscontro di pubblico.
Viale Virgilio 1
80123 – Napoli
Prezzo medio 60-100
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