di Alma Torretta
Alcune vigne sono ancora lavorate dai monaci, anche da donne come nel caso delle suore trappiste del Monastero di Vitorchiano (Viterbo); altre sono curate ormai da grandi nomi del vino italiano quali Felluga, Antinori o Caprai; altre ancora sono nuovi impianti in omaggio a luoghi vicini dove per secoli i monaci hanno prodotto vino. Nessuno sinora aveva pensato di mappare e dedicare un evento specifico ai vini italiani d’abbazia, tipologia più nota in Francia o Germania. In Italia i più conosciuti, se non i soli noti, erano quelli dell’Abbazia di Novacella a Bressanone, in Alto Adige.
Invece tutta la penisola conserva ancora tracce più o meno importanti di queste attività che sono state fondamentali per preservare e poi diffondere di nuovo la vitivinicoltura dopo la caduta dell’Impero romano ed anche, in alcuni casi, a custodire antichi vitigni che oggi si stanno rivalutando e vinificando in purezza com’è il caso, solo per fare un esempio, dei rossi Pollera e Barsaglina nel Monastero dei Frati Bianchi di Fivizzano (Massa Carrara). Storie antiche ma anche attualissime di devozione al lavoro e moderno spirito di comunità, come nel caso del Monastero di Bose di Assisi dove vivono e lavorano uomini e donne provenienti da chiese cristiane diverse. Produzioni di vino da messa ma sopratutto per sostenere la comunità e finanziare opere caritatevoli, e per la maggior parte artigianali, biologiche e/o naturali.
L’idea della manifestazione è venuta lo scorso giugno al giornalista del TG2 Rocco Tolfa per valorizzare l’Abbazia duecentesca, in stile gotico-cistercense, di Fossanova, la più antica in Italia del genere, che si trova a Priverno (prov. di Latina) e subito si è messa in moto la macchina organizzativa che ha compiuto il “miracolo”, in soli tre mesi, di far partecipare 14 cantine la cui produzione è in abbazia o collegata ad una struttura monastica vicina.
Ma si è riuscito a creare in così poco tempo pure un collegamento internazionale grazie alla presenza, in una affollatissima masterclass, dei vini della maison François Martenot, del gruppo Les Grands Chais de France, prodotti in quel luogo mitico della Borgogna che sono gli Hospices de Beaune, dove si svolge ogni anno a novembre anche la più famosa asta vinicola caritatevole del mondo i cui proventi servono ancora per finanziare le attività benefiche degli ospizi diella zona.
Un altra masterclass è stata dedicata al Sagrantino di Montefalco con Marco Caprai che ha raccontato le ipotesi sull’origine del vitigno, forse portato dai francescani arrivati dal vicino Oriente, ed il legame millenario tra vino e religione facendo degustare due suoi vini, il Rosso e il Sagrantino di Montefalco, definendo il primo un precursore dei supertuscan grazie proprio all’aggiunta del sagrantino al sangiovese.
Ecco tutte le cantine presenti alla prima edizione di “Vini d’Abbazia” divise per regioni.
ALTO ADIGE: Abbazia di Novacella, Muri-Gries e Monastero di Sabiona. La prima, nella conca di Bressanone, in prov. di Bolzano, retta da canonici agostiniani, è la più famosa, si tratta di una delle cantine più antiche del mondo, vi si fa vitivinicoltura dal 1142. Prodotti sopratutto bianchi, uno più buono dell’altro, freschi, intensi e sapidi, con i vitigni tipici della valle d’Isarco, dal sylvaner al kerner al gewürztrminer. Muri-Gries è invece un convento retto da monaci benedettini provenienti da Muri, in Svizzera, che si sono stabiliti a Gries, alla porta di Bolzano, dove già esisteva un’abbazia agostiniana e si faceva vino da secoli. E’ il regno sopratutto del lagrein, proposto in varie tipologie, dal rosato alla splendida riserva “Abtei Muri”. I vigneti del benedettino Monastero di Sabiona, sempre in prov. di Bolzano, sono infine interamente affidati alla Cantina Valle Isarco che qui vi produce due preziosi cru di sylvaner e di kerner.
VENETO: Abbazia di Praglia e Abbazia di Busco. La prima è un monastero benedettino in provincia di Padova che produce i tipici vini dei Colli Euganei, tra cui un delizioso Fior d’Arancio, e da non perdere il suo Domnus Abbas Nature, metodo classico brut da uvaggio in eguale percentuale di chardonnay, garganega e raboso, con quest’ultimo vitigno che regala una inusuale ma assai piacevole nota erbacea. L’antica Abbazia di sant’Andrea di Busco, in provincia di Treviso, è invece da secoli di proprietà della famiglia Zeno che vi produce diverse tipologie di prosecco, pinot grigio e nero, e diversi internazionali.
FRIULI VENEZIA GIULIA. I vigneti della storica Abbazia di Rosazzo, in provincia di Udine, che ha dato il suo nome anche alla DOCG della zona, sono affidati alla Cantina Livio Felluga che vi produce il Rosazzo, un uvaggio di friulano, sauvignon, pinot bianco, malvasia istriana e ribolla gialla, in degustazione il 2019, elegantissimo, intenso, di corpo.
TOSCANA: Badia di Passignano (prov. Firenze) e il Monastero dei Frati Bianchi di Fivizzano (prov. Massa Carrara). Le storiche cantine della prima, dove ancora vivono i monaci, rientrano nella zona del Chianti classico e sono gestite dai marchesi Antinori che qui vi producono il Badia di Passignano Gran selezione da sole uve sangiovese e che affina in barrique nelle antiche cantine del monastero. Anche questo vino di grandissima eleganza, in degustazione il 2019. L’azienda agricola Monastero dei Frati bianchi nasce invece nelle colline della Lunigiana per volontà delle famiglie Tazzara e poi Bernardini per recuperare i vigneti in abbandono del monastero e valorizzare le varietà locali, come Pollera e Barsaglina, vinificati in purezza.
UMBRIA: Convento delle Monache Agostiniane di Santa Chiara (Montefalco) e Monastero di Bose-San Masseo (Assisi) Nel convento si trovano le più vecchie vigne di Sagrantino che l’azienda Arnaldo Caprai ha studiato, in collaborazione con l’Università di Milano, per trovare i cloni migliori. La seconda è una comunità, con diverse sedi in Italia, fondata nel 1965 alla chiusura del Concilio Vaticano II, che raccoglie uomini e donne che cercano di vivere radicalmente la fede cristiana pregando e lavorando. Al Monastero di San Masseo ai piedi del centro storico di Assisi, producono sopratutto ottimo grechetto e merlot biologico.
LAZIO. Monastero delle suore Trappiste di Vitorchiano (prov. di Viterbo) e Abbazia di Valvisciolo (Sermoneta, prov. di Latina). Le suore trappiste, una foto esposta a Fossanova ne mostra una sul trattore, lavorano esse stesse i suoli vulcanici ricchi di “peperino” in biologico e nel modo più naturale possibile non aggiungendo nemmeno lieviti in cantina, per produrre i due bianchi Coenobium, tra cui il Ruscum lasciato fermentare con le bucce per 15 giorni, da uve trebbiano, malvasia e verdicchio, ed il rosso Benedic, blend di sangiovese, ciliegiolo e merlot. E su quest’ultimo vitigno si concentra proprio la produzione dell’Abbazia di Valvisciolo, simile all’Abbazia di Fossanova dove ancora vivono monaci cistercensi.
CAMPANIA. Abbazia di Crapolla (Vico Equense, prov. Napoli) e Abbazia del Goleto (Sant’Angelo dei Lombardi, prov. Avellino) . Vicino ai resti dell’Abbazia di Crapolla fondata nella penisola sorrentina da monaci benedettini, è stata creata nel 2008 l’azienda agricola Crapolla che ha impiantato tante varietà autoctone tipiche della zona ma anche merlot e pinot nero. La Cantina Feudi di San Gregorio invece ha voluto dedicare due suoi vini all’Abbazia del Goleto fondata nel 1133 da San Guglielmo: il Greco di Tufo Goleto e il Taurasi Gulielmus.
Banchi d’assaggio anche delle cantine della Strada del Vino di Latina: Sant’Andrea, Marco Carpineti, Casale del Giglio, Cincinnato, Pietra Pinta, La Valle dell’Usignolo, Villa Gianna, Donato Giangirolami. A completare l’offerta per il pubblico accorso numerosissimo, interessanti visite guidate di Fossanova a cura di Slow Food Travel Monti Lepini.
Questo è stato solo un primo assaggio, ci sono ancora altri vini d’abbazia italiani da scoprire e l’anno prossimo la manifestazione si terrà a giugno, sempre a Fossanova dove, non molti sanno, che è anche morto San Tommaso d’Aquino. Abbazia che è circondata da un intero borgo e c’è anche un museo medievale. Ma da non perdere di visitare pure il vicino museo archeologico di Priverno, recentemente davvero ben risistemato, con preziosi reperti romani. La manifestazione è stata realizzata in collaborazione con la Pro Loco di Sabaudia e di Priverno, il Patrocinio del Comune di Priverno, con il contributo della Regione Lazio, dell’Arsial, della Direzione Regionale dei Musei del Lazio e dell’Associazione Culturale “Passione di Vino”.
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