Ristorante Joia a Milano
Via Panfilo Castaldi, 18
Tel. 02.29522124
www.joia.it
Aperto sempre
Chiuso sabato a pranzo; domenica
Da 70 a 120 euro
di Tommaso Esposito
Si può accompagnare, condurre, la propria idea di cucina fino al punto estremo?
Pietro Leemann ci prova da qualche decennio.
Forse da sempre, da quando cioè Ada e Alfredo, i suoi genitori, gli insegnano a mangiare naturale e lo conducono a vivere tra gli orti di Minusio poco lontano da Locarno.
Ora la filosofia dell’ ayurveda e i principi della dietetica cinese completano la sua esperienza e il suo approccio etico alla cucina e alla tavola.
Cultura vegetariana, dunque, per mantenersi in buona salute e per garantire un’alimentazione ahimsa, cioè priva di violenza e in grado di avvicinare a Dio.
Gastronomia frugale, essenziale, scarna, povera di materie prime che non siano vegetali e formaggi?
Sì, ma orientata verso la ricerca di una Alta Cucina Naturale.
Ci riesce Leemann in questa impresa?
Vediamo.
Egli ha a disposizione una filiera di produttori che nel biologico credono e che del biologico, del biodinamico fra gli orti sinergici hanno fatto una fede.
Chiara Onida del Boscasso per i formaggi di capra; Federica Baj nel Varesotto per gli ortaggi; l’azienda Agricola Corbari a Cernusco sul Naviglio per la frutta e le verdure; Luca Sala di Cascina Selva per latte, panna e formaggi a caglio vegetale; Gabriele Corti per il riso di Cascina Caremma.
Poi ci sono i prati e i boschi di Giumaglio che dalla primavera all’ autunno lo ispirano e sono luoghi di raccolta per essenze ed erbe spontanee.
Campagne, pianure, valli, paesaggi del Nord Italia.
Oltre il Po, diciamo.
Come tratta questi prodotti Leemann?
Innanzitutto rispettando il ritmo delle stagioni nella scelta degli ingredienti e nella composizione del menu.
Egli dice: “La chiave di una cucina per il benessere è in fondo molto semplice; cucinare con amore gli ingredienti della stagione e del luogo dove viviamo.”
E poi rendendo ghiotti, gustosi, golosi anche gli alimenti più semplici.
Nonché disegnando nel piatto veri e propri bozzetti in cui i tratti di un disegno si arricchiscono di colori e tonalità infinite.
La chiave di volta spesso è il gioco delle acidità complementari offerte ora dal lampone, ora dal limone, ora dal lievito madre.
Oppure il gioco delle spezie: zafferano, curcuma.
Oppure il gioco piccante dello zenzero che catalizza la percezione, quasi l’eco, delle dolcezze e delle mineralità naturali dei suoi ortaggi.
Basta l’assaggio del panetto di carbone vegetale con sesamo; della crema di piselli con tocco di ginger o della carota su terra vegetale per percepirlo subito, sin dal benvenuto del percorso di degustazione che abbiamo scelto, L’Enfasi della Natura, ben rappresentativo della carta.
L’acidità del pane non è un difetto di lievitazione, ma una piacevole, ricercata sensazione gustativa; così pure la dolcezza rarefatta dei piselli e della carota con il pizzico di zenzero.
Gli antipasti.
Di non solo pane.
E’ la Panzanella con verdure croccanti e cuore di cannellini profumati al wasabi, letto rinfrescante di zafferano e lampone
Tavolozza di colori ricavati dalle verdure, ghiottoneria evanescente, ma rinforzata dal cuore morbido della purea di fagioli Cannellini Piemontesi.
Wild.
Sì selvaggia nelle intenzioni, ma poi finanche piaciona si rivela questa:
Insalata di erbe selvatiche da Giumaglio con gli asparagi bianchi di Federica Baj, il nostro classico pesto di avocado, paté di ceci e nocciole, spuma soffice di aglio orsino raccolto di là da quel ponte
C’è un must di Joia, cioè il pesto di avogado che sorregge foglioline di erbe spontanee, forse cicorietta, che danno la vera forza e spinta a questo piatto con la loro carica amaricante, stimolante.
Sorella luna è la zuppa creata con:
Gaspacho di crescenza, con contrasto indiano alla radice di curcuma, pesto di piselli e sedano verde, mandorle tostate e i germogli di crescione.
Lo stracchino ha la sua personalità che si impone, che non è affatto contrastata, bensì esaltata dai ghirigori della curcuma, dei piselli e dei tenui germogli. Il contrasto è invece tattile, affidato com’è alle mandorle tostate.
Ogni giorno è primavera è un primo.
Ravioli di farina integrale, farciti di borlotti e borragine, gli asparagi di Federica Baj serviti in un verde e gustoso guazzetto profumato con un agro di umeboshi.
Umeboshi. Chi era costui? Il succo di prugne salate. La rinfrescante alternativa giapponese al lampone e al limone. Nonché al pomodoro. Un piatto, diciamo sospeso, in cui cerchi sostanza finanche nella pasta ripiena e nella sua farcitura di borragine e borlotti. Ma che non trovi. Piuttosto immagini. E questo basta dal punto di vista antroposofico.
Sotto una coltre colorata. Un piatto speciale, tra i classici di Leemann:
Passeggiata in quel bosco, con pesto di erbe, cuore di giovani carote e scorza di limone, cubi di ricotta affumicata, salvia croccante, fave, morchelle e altre sorprese nascoste sotto un morbido e gustoso manto impalpabile.
Non sempre la stessa è questa portata. Può variare a seconda della disponibilità delle verdure o dei funghi, oggi sono morchelle cosiddette spugnole, in dispensa. E poi nel cuore c’è un crunch che fa rumore: crumble di soia.
I Formaggi.
Serviti dal carrello senza chiedere all’ospite preferenze o gusti.
Ahimè, unica lieve pecca per un servizio di sala algido, ma professionale e cortese.
Tutto frutta. Eccolo. Fragola, ananas, kiwi. Vivace e divertente il succo di lampone in cui si adagiano .
Cinque minuti è il dessert. Il dolce nelle quattro diverse sfumature di cioccolato. Da tentare di gustare entro i cinque minuti, appunto, segnati dalla clessidra. Trendy, alla moda, con la quota zuccherina che c’è e non c’è, e le consistenze altalenanti tra il morbido e il cremoso.
Poi in finale c’è il Mochi di riso, mou e soia.
E tutto si conclude.
Con questa pallina di impasto fatto con l’anima del riso.
Al tatto ha densità spiccata, dal sapore neutrale.
Si ammanta di un dolce veramente dolce.
Naturalmente coccoloso.
Ecco, questa è la tavola di Joia.
Equilibrata, pacata, lenta nel suo incedere dall’Alfa acido e fresco all’Omega dolce e rotondo.
Il principio e la fine.
Ah, se Pietro Leemann anziché gli orti di Milano avesse vicino gli Orti del Vesuvio!
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